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Un intreccio di storie e luoghi, ma rigorosamente al femminile. La voglia di mostrare l’Italia attraverso itinerari insoliti raccontando le storie di donne del passato e del presente: è questo lo spunto da cui è nato un libro, L’Italia delle donne appunto, sottotitolo “spunti di viaggio alla scoperta del lato femminile del nostro Paese” (Morellini Editore). Perché ve ne parlo? Perché tra le 70 donne, ed altrettanti luoghi, raccontate dall’autrice Alida Ardemagni non mancano ovviamente le milanesi. E allora leggere le loro storie può diventare occasione per ripercorrere con sguardo più curioso la città.
Scrittrici, imprenditrici, stiliste, sono le donne attraverso cui Milano si racconta e si mostra nel libro. Eppure le prime che incontriamo sono… le streghe. Sì, perché probabilmente in pochi sanno che la centrale e frequentata Piazza Vetra, a due passi dalle Colonne di San Lorenzo, da Porta Ticinese e dai Navigli, tra il 1595 ed il 1631 vide bruciare sul rogo nove donne accusate appunto di stregoneria. Tra queste, il libro racconta la storia di Caterina Medici di Broni, che fu arsa viva nel 1617.
Non era di Milano (nacque a Genova e visse un po’ ovunque), ma a Milano lavorò e fu legata, una grande donna della nostra cultura, Fernanda Pivano, lei che ci fece scoprire i poeti della Beat Generation e ci fece incontrare i mostri sacri della letteratura americana, traducendo “personaggi” come Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Per renderle omaggio oggi si può visitare il Cimitero Monumentale, dove il suo nome è iscritto al Famedio insieme a quello dei grandi della storia e della città. Oppure, come suggerisce l’autrice, guardare con occhi nuovi la bella via Cappuccio, dove al numero 19 c’era casa sua, e dove oggi si susseguono ancora bellezze nascoste nei cortili, come spesso accade a Milano. Un chiostro del ‘400 del monastero degli Umiliati nel palazzo al civico 7, ad esempio.
E poi. Dici poesia a Milano e non puoi non pensare ad Alda Merini, la “poetessa dei Navigli”, giustamente ricordata in questo libro con almeno tre indirizzi milanesi. Comincio dal più cupo, l’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini (oggi invece sede di attività sociali, culturali e virtuose, due tra tutte, La Fabbrica di Olinda Cooperativa sociale e l’Associazione Il Giardino degli aromi), uno dei simboli della sua storia tragica e tormentata. E poi, ovviamente, i suoi Navigli. Ripa di Porta Ticinese al 47, la sua casa ma anche rifugio per artisti e squattrinati che le fanno visita), e Via Magolfa 32, la sua casa museo, caduta negli anni nella dimenticanza e poi nella chiusura, per poi risorgere fortunatamente a nuova vita nei mesi scorsi grazie all’associazione la Casa delle Artiste, che ha vinto il bando del Comune di Milano per la sua gestione. Come non pensare al “muro degli angeli”, la parete che per Alda era una pagina di appunti, numeri, pensieri, lasciati in rosso vivo.
Ma c’è anche un’altra casa, stavolta con una storia ed un destino decisamente più ridenti, che viene descritta nel libro e che leggendo ti fa venire una voglia irresistibile di andare a visitare: è la Villa Necchi Campiglio, gioiello architettonico di via Mozart (al 14), una di quelle strade di Milano che ti sembra impossibile possano esistere in centro città, fatte di ville, giardini e silenzio. Villa Necchi Campiglio è lì a testimonianza di due donne dell’imprenditoria milanese, le sorelle Gigina e Nedda Necchi, e questa è la modernissima villa che Piero Portaluppi realizzò negli anni ’30 per loro, la prima ad avere, in città, una piscina esterna riscaldata, un campo da tennis e altre amenità. Da diversi anni è un patrimonio del Fai e quindi, ecco la buona notizia, si può visitare, a differenza di altri gioielli nascosti tra le vie meneghine.
Gli itinerari al femminile di Milano non si esauriscono qui e infatti sono anche altre le donne che l’autrice racconta, da Gae Aulenti, l’archistar che ha legato il suo nome a Piazza Cadorna ma anche allo Spazio Oberdan (da lei restaurato) a Carla Sozzani, mente e cuore del celebre 10 Corso Como: a proposito, potete immaginarvi che fino a qualche decennio fa la via della movida milanese era fatta di edifici industriali e case popolari? Fino a storie meno famose, come quella di Maria Gaetana Agnesi, donna di scienze e matematica del ‘700. Di lei sono rimaste poche tracce, come un piccolo busto di marmo nel cortile della Pinacoteca di Brera. Piccole chicche da andare a cercare, come accade spesso per le strade di Milano.