Prima di diventare un film, Suite francese è la storia di un libro perduto emerso fortunosamente dalle pagine di uno dei capitoli più dolorosi della storia dell’uomo, quello dell’olocausto. Ad appena 39 anni, la nota scrittrice ucraina di origine ebraica Irène Némirovsky morì di tifo ad Auschwitz, dove era stata deportata dai nazisti; poco prima, aveva affidato i suoi quaderni alle figlie Denise ed Elisabetta Epstein, ma le due ragazze non avrebbero aperto quelli che ritenevano i diari della madre fino agli anni Novanta quando scoprirono che quelle pagine fitte di parole vergate con grafia minuscola e ordinata celavano un romanzo strutturato in cinque parti, ma incompleto. Denise portò il libro a un editore francese e i primi due capitoli furono pubblicati nel 2004 con il titolo Suite francese, diventando uno dei romanzi più famosi degli ultimi 10 anni in Francia.
Nel 2013 il regista Saul Dibb (La duchessa) decide di portare al cinema la grande storia d’amore raccontata da Irène Némirovsky: nel 1940 la bellissima Lucile Angellier (la candidata all’Oscar Michelle Williams) vive a Bussy con la dispotica e meschina suocera (Kristin Scott Thomas), nell’attesa di ricevere notizie del marito prigioniero di guerra. La sua vita viene stravolta quando i parigini in fuga si rifugiano nella cittadina dove vive e subito dopo la sua casa viene invasa dai tedeschi: Bruno von Falk (l’attore fiammingo Matthias Schoenaerts che presto ritroveremo in Chi è senza colpa) è il raffinato ufficiale dislocato nella loro abitazione. Inizialmente Lucile ne ignora la presenza, ma ben presto i due vengono travolti dalla passione. Nel cast anche la bella Margot Robbie, contemporaneamente al cinema con Focus (qui la nostra recensione completa), di cui è protagonista assieme a Will Smith.
Se innamorarsi in tempo di guerra sembra a noi, cresciuti lontani dai conflitti, un gesto eroico di grande speranza nel futuro, provare dei sentimenti verso il nemico risulta quasi un atto sovversivo che presuppone il riconoscersi simili, al di là delle divise e delle bandiere. Accade così a Lucille e Bruno: uniti dalla musica e da una rara gentilezza d’animo i due si avvicinano, mentre intorno a loro l’occupazione fa esplodere il conflitto sociale nel paesino, in un susseguirsi di delazioni, vendette e angherie. E il finale quasi affrettato, tranchant per via dell’incompiutezza del romanzo, nulla toglie alla malinconia di un amore non vissuto e mai dimenticato.
Nelle sale italiane dal 12 marzo.
Il nostro voto: 6
Una frase: “Io non ho niente in comune con quella gente. L’unica persona con cui ho qualcosa in comune sei tu.”
Per chi: ha nel cuore il ricordo di un amore non vissuto