>> FILM IN USCITA NEL WEEKEND: 20 novembre 2014
Ci sono voluti 12 mesi di attesa affinché il regista Francis Lawrence svelasse al pubblico di Hunger Games cosa fosse successo all’eroina Katniss (Jennifer Lawrence) dopo essere uscita trionfante dalla 75esima edizione dei “giochi” di Capitol City.
Con Hunger Games: Il canto della rivolta Parte 1, si apre l’ultimo capitolo della Trilogia dei romanzi di Suzanne Collins nella loro trasposizione sul grande schermo. Katniss si ritrova ora nel distretto 13 della terra di Panem, dove si sta organizzando la rivoluzione contro Capitol City e la tirannia del presidente Snow (un Donald Sutherland più enigmatico che mai), che per rafforzare il suo predominio ha represso nel sangue ribelli, donne e bambini.
Due sono le personalità a capo dell’azione sovversiva: l’insospettabile Plutarc (Philip Seymour Hoffman) e l’algida ma autorevole Presidente Alma Coin (Julianne Moore). L’obiettivo per entrambi è quello di unire alla lotta tutti i distretti di Panem, ma per farlo c’è bisogno di un’icona che convinca il popolo a lottare per la libertà. Sarà Katniss, suo malgrado, in una campagna mediatica imponente a cui verrà cucito addosso il ruolo di eroina (vista la sua indole di giovane determinata), a diventare il simbolo della rivoluzione, indossando i panni della “Ghiandaia Imitatrice”. Dall’altra parte c’è il compagno di giochi Peeta (Josh Hutcherson) quasi in trance, impegnato a perorare la causa del presidente Snow, in un tam tam propagandistico dove i due giovani divengono i volti inconsapevoli, fra realtà e finzione, di due fazioni in guerra.
Abbandonati trucco, lustrini, suspance e l’atmosfera sfavillante da show televisivo, Hunger Games: Il canto della rivolta, cambia decisamente rotta verso un finale più distopico e cupo. Un approccio che ne evidenzia l’aspetto più intimista, qualità avrebbe favorito nettamente questa prima parte del terzo capitolo, ma che di fatto ne rallenta un po’ il ritmo. Lawrence infatti sembra più impegnato ad indugiare sul ruolo di Katniss nella sua costruzione di “personaggio pubblico” piuttosto che dare più spazio ai suoi stati interiori, in un ricorso quasi ossessivo alle citazioni tratte dall’antisignano Orwell 1984 dell’inglese Michael Radford, in cui irrompono spedizioni belliche con le attuali armi intelligenti, caccia militari e i più tradizionali rifugi antiaerei da seconda guerra mondiale.
Un mix che vuole addentrare il pubblico nella tragedia della guerra, con uno stile a tratti prevedibile, ma che di fatto fa sfoggio del suo consueto impatto scenico, questa volta evocando scenari di distruzione e un sentimento di impotenza. Certo non manca il finale aperto che “getta l’amo” allo spettatore, avvezzo fruitore seriale, desideroso di assistere all’imperdibile e strabiliante (almeno nelle attese) ultimo capitolo.
Voto per noi: 7
Una frase: “Dobbiamo unire tutta quella gente, lei è il volto della ribellione e la seguiranno!”