Pinacoteca Ambrosiana, un viaggio tra le meraviglie dell’arte

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Pinacoteca Ambrosiana, un viaggio tra le meraviglie dell’arte

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Leonardo Da Vinci, Caravaggio, Raffaello, Tiziano. Un poker niente male. Ma a parte essere tra i più grandi nomi della storia dell’arte, cosa hanno in comune in una città come Milano? Lo stesso museo.

In uno dei palazzi più noti della città, infatti, sono conservate alcune delle opere più importante dei suddetti artisti, e non solo. Nel Palazzo dell’Ambrosiana, infatti, vi è uno dei più importanti musei milanesi: la Pinacoteca Ambrosiana.

Con la recente esposizione della ritrovata Madonna del Latte di Marco D’Oggiono si sono riaccesi i riflettori sul museo e tutta la bellezza che custodisce. Tra le opere della collezione di Federico Borromeo (fondatore del museo) e successivi lasciti, la Pinacoteca è uno dei luoghi artistici più suggestivi del capoluogo meneghino, un vero e proprio tuffo nella storia dell’arte e della città. La Pinacoteca si trova in Piazza Pio XI, già Piazzetta delle Rose, incastrato tra Piazza Duomo, Via Torino e Via Orefici, dove un tempo sorgeva la Milano d’epoca Romana.

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Il Cardinale Federico Borromeo, fondatore della Pinacoteca Ambrosiana

Un po’ di storia

La Pinacoteca nasce, dunque, grazie al Cardinale Federico Borromeo nel 1618 all’interno del Palazzo dell’Ambrosiana che ospitava, già da dieci anni, l’omonima biblioteca. L’intento di Borromeo era di mettere a disposizione della popolazione la sua collezione d’arte al fine di educare gratuitamente tutti coloro che avessero delle predisposizioni artistiche.

Pochi anni dopo, infatti, esattamente nel 1621 fu istituita un’accademia di pittura e scultura. L’accademia rimase in vita fino alla fine del ‘700. Nel vicino quartiere di Brera, nel palazzo dell’ormai soppressa Compagnia di Gesù, venne istituita un’altra accademia, voluta stavolta dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria. L’Accademia di Belle Arti di Brera.

Le opere

La maggior parte delle sale all’interno della Pinacoteca ospitano le opere della collezione di Borromeo. Tra esse vi sono conservati dipinti di Bernardino Luini, Tiziano, Morazzone, Bonifacio Veronese. In mezzo a tutti questi pregevoli dipinti nella sala 1 spicca una delle opere più famose di Caravaggio, la Canestra di frutta, universalmente considerata la prima natura morta della storia.

Canestra di frutta di Caravaggio (realizzato tra il 1597 e il 1600)

Nela sala 5 come non impressionarsi davanti al cartone de La scuola di Atene di Raffaello. Il disegno preparatorio del capolavoro dell’artista urbinate fu acquistato dal Cardinale Borromeo dalla vedova di Fabio Borromeo Visconti per l’ingente somma di seicento lire imperiali. Imbattersi nel cartone di uno degli affreschi più famosi al mondo è un’esperienza da non perdere.

Nelle sale successive vi sono lasciti più recenti, con opere che vanno dal XV al XX secolo, con una nutrita presenza di opere del XVI secolo, esposte soprattutto nella sala 2. La splendida Madonna del Padiglione di Sandro Botticelli è una gioia per gli occhi, insieme ai quadri del Bergognone, Marco Basaiti, Cima da Conegliano, Angelo Pietrasanta.

La Madonna del Padiglione di Sandro Botticelli (1493 ca.)

Leonardo e i suoi allievi

In mezzo a tanti capolavori non potevano mancare le opere di Leonardo Da Vinci e dei suoi allievi. Oltre la già citata Madonna del Latte di Marco D’Oggiono, la Sala Leonardi custodisce opere del genio di Vinci (Ritratto di musico) e dei suoi allievi e collaboratori come Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì, Giovanni Antonio Boltraffio, Vespino e Giovanni Ambrogio De Predis.

Di Leonardo, poi, come non citare la sua grandiosa raccolta di disegni, progetti e scritti, il Codice Atlantico (Codex Atlanticus). Conservato presso l’adiacente Biblioteca Ambrosiana, il Codice è un’antologia di contributi alla meccanica, botanica, astronomia, anatomia dell’artista fiorentino. La raccolta leonardesca fu assemblata nel tardo cinquecento dallo scultore Pompeo Leoni.

All’interno della Piancoteca, infine, è conservata una ciocca di capelli di Lucrezia Borgia, la nobildonna figlia illegittima di Rodrigo Borgia, divenuto successivamente Papa Alessandro VI. Alcuni documenti attestano la conservazione della ciocca già nel 1685. Diventato un oggetto di culto per poeti e scrittori romantici dell’ottocento, la bionda ciocca fu inserita in una teca realizzata da Alfredo Ravasco, uno dei migliori orafi milanesi della prima metà del novecento.