“Chi cazzo me l’ha fatto fare?!”. Cheryl continua a ripeterselo percorrendo 1.600 km in solitaria lungo la Pacific Crest Trail, ventisei anni e un passato da cancellare, o meglio da ripercorrere.
Cheryl esiste davvero, ed è l’autrice del libro Wild – una storia selvaggia di avventura e rinascita da cui è tratto il film di Jean Marc Vallèe dal titolo Wild, in uscita nelle sale italiane il 2 aprile.
Dipendente dall’eroina, con alle spalle un matrimonio naufragato, la morte della madre, unico baluardo per una bambina a cui è stato negato un sano rapporto paterno, data l’inclinazione violenta di quest’ultimo, questa giovane donna (che sul grande schermo ha il volto di Reese Witherspoon), decide di partire per un viaggio di due mesi da sola. Lei e un pesantissimo zaino, il fardello che dovrà di volta in volta alleggerire per proseguire il cammino.
Wild è un road movie intriso di dolore e rabbia, fatica, sudore, ferite e piaghe che non sono solamente fisiche ma anche spirituali, anima e corpo flagellati e mente, che accanitamente scorre i ricordi con minuziosi flashback. Sul filone di Into the wild, la “ricostruzione” di sé stessi e del mondo che si è lasciato alle spalle.
Qui resa come dura prova, lotta alla resistenza, dove Vallèe sembra non riesca ad addentrare Cheryl nella natura, ma releghi quest’ultima – quasi ingiustamente – a un ruolo marginale, decidendo di scaraventare la sua protagonista sotto il sole e in mezzo alla neve e come un diario di bordo scandire il tempo in giornate lunghe e interminabili.
Ne esce il ritratto di una 26enne che si aggrappa disperatamente a una meta, in un percorso che si ripiega sempre sulla giovane e che furbescamente il regista traduce con uno studiato equilibrio fra humor (apprezzato nel tentativo di stemperare la carica emotiva) e quella dose massiccia di dolore e sentimentalismo che si trascina.
Wild è senza dubbio un film doloroso, emotivamente coinvolgente, memore del fatto che Vallèe tocca “i nervi scoperti di ciascuno di noi”, avvalendosi – data la sua comprovata abilitĂ in Dallas Buyers Club – dell’aspetto piĂą apprezzabile di questa pellicola che è il montaggio emotivo: particolari di vita e momenti salienti carichi di pathos che garantiscono la totale immedesimazione dello spettatore con Cheryl.
Wild è una “parabola”, una sorta di monologo o flusso di coscienza, una confessione, resa con uno stile classico e lineare che nonostante funzioni, forse a ben guardare, avrebbe meritato un guizzo originale in più per renderla davvero unica.
Voto per noi: 7,5