>> LA MOSTRA DI SALGADO A MILANO
Le strazianti immagini del genocidio in Ruanda e delle grandi migrazioni africane (Sahel: The End of the Road), la fatica dei pompieri del petrolio nel Kuwait e della corsa all’oro in Brasile (Workers), i volti della tribù amazzonica Zo’é, la bellezza dell’orso polare e dei leoni marini ritratti dopo giorni di pazienti appostamenti, le balene dalle code gigantesche e i tuffi dei pinguini in Antartide (Genesis).
La potenza distruttiva/costruttiva dell’Uomo, l’estasi e la spontaneità della Natura, entrambe immortalate in bianco e nero dalla straordinaria sensibilità di uno dei più grandi fotografi viventi. Basterebbero i 40 anni che Sebastião Salgado (nato in Brasile nel 1944) ha trascorso con la sua fotocamera in ogni angolo del pianeta, per descrivere una carriera straordinaria, intrapresa relativamente tardi grazie a un netto cambiamento esistenziale, dopo i primi anni da giovane economista.
Ma alla fine de Il Sale Della Terra, il film documentario (in uscita nelle sale italiane il 23 ottobre 2014, distribuito da Officine Ubu) che gli dedica il grande regista tedesco Wim Wenders (Il cielo sopra Berlino; Paris, Texas; Lo stato delle cose; Buena vista social club; Pina) c’è persino un messaggio di speranza, eterno, universale e sincero: l’ecologia come esempio concreto di rinascita, attraverso una massiccia opera di rimboschimento. Salgado e sua moglie, infatti, hanno ricostruito la foresta atlantica innestando un milione di piante all’interno della tenuta in rovina che avevano ereditato dai genitori, nello stato brasiliano Minas Gerais.
Girando assieme al figlio dell’artista, Juliano Ribeiro Salgado, Il Sale Della Terra è un sincero, commovente, potente e ammirato tributo di Wenders, anch’egli fotografo. Un film di grande bellezza visiva (poteva essere altrimenti?) che colpisce soprattutto nella seconda metà, dopo un avvio prevalentemente biografico.
Voto per noi: 9
Per: chi ama la fotografia e, attraverso essa, il mondo
Al cinema dal 23 ottobre