La Romagna è una terra di tradizioni forti e di gente orgogliosa. La cucina qui non è un mezzo per sostentarsi, ma il tessuto che unisce famiglie e piccoli paesi, dove ci si toglie il saluto per la forma di un cappelletto o per gli ingredienti del ragù.
Qui ha mosso i primi passi Valerio Braschi, chef classe 1997, che ancora prima di imparare a parlare era accanto al papà nella cucina di casa, a Santarcangelo di Romagna. Una carriera iniziata prestissimo e che non ha alcuna intenzione di rallentare, come racconta la cucina del Vibe, il ristorante che ha aperto da pochi mesi nel cuore di Milano, in via Ghisleri 1, a poca distanza dalla Darsena.
Braschi ha fame di conoscere e di stupire, e lo dimostra attraverso portate che parlano tantissimo di casa, ma allo stesso tempo di posti lontani, di preparazioni audaci e di messaggi tutt’altro che scontati da lanciare attraverso il cibo.
Sesso, Romagna e rock’n’roll
Vibe ha aperto un po’ in sordina in estate, dandosi il tempo per rodare la cucina e soprattutto la sala, ora composta da un team affiatato, composto da Sonny, Kassandra e Michele, tutti coinvolti nel progetto e pieni di entusiasmo quanto il padrone di casa.
Il menù si compone di una degustazione di 10 portate, “diario di un ragazzo viaggiatore” ( disponibile a cena a 140 € p.p., 5 calici in abbinamento 65 €, 7 calici 90 €), che riassume la filosofia e la ricerca dello chef, insieme alla possibilità di scegliere alla carta.
Cenare al Vibe è la sintesi di un viaggio che parte dalla Romagna e arriva in Asia, passando per le profondità marine e per la campagna più familiare. Il termine “esperienza” è quanto di più abusato possa esistere nel mondo della gastronomia, per questo useremo la parola “racconto”. Perché un racconto, se fatto da un oratore coinvolgente, è fatto di picchi e discese, di scoppi di risa e momenti più seri. I piatti di Braschi sono un bel racconto di viaggio.
La storia si apre con il brodo udon con anguilla affumicata, un inizio che già concentra i sapori amati dallo chef e soprattutto l’elemento che più contraddistingue la cucina del Vibe: i brodi, scelti dallo chef come firma del suo pensiero gastronomico.
Sapori decisi e distinti che preparano la bocca e aprono al secondo arrivo, l’elegante ricciola con wasabi e foglia ostrica, un piatto in cui si può assaporare il gusto (vero!) del wasabi e l’intrigante foglia ostrica, un vegetale dal sapore incredibilmente simile a quello della lussuosa conchiglia. Il tutto in bilico su una ricciola oceanica tagliata a sashimi.
A dominare sui pesci nel menù del Vibe però c’è sicuramente il Glacier 51, un pesce oceanico di profondità pescato nei mari antartici, servito con grasso di Rubia Gallega, un bovino galiziano dal gusto fortemente umami, che valorizza e accompagna le carni bianche e sode del pesce.
Per quanto riguarda il mondo delle carni, il menù del Vibe vibra di influenze romagnole, soprattutto nel suo piatto principe: gli incredibili cappelletti di “lasagna della Bruna”, un’esplosione di sapori e memorie che racconta un territorio, e soprattutto una famiglia. Qui ci sono i ricordi di nonna Elsa e nonna Bruna e dei manicaretti che preparavano per i nipoti, tra cui le imprescindibili lasagne. Il formato dei cappelletti racchiude una crema di ragù e una besciamella con tantissima noce moscata, proprio come tramandano le tradizioni della famiglia Braschi. Al primo morso la pasta esplode in bocca, portandoci dritti a tavola con i capelletti e le lasagne delle nonne, romagnole o meno.
L’amore per i brodi e per i sapori dell’Asia torna negli udon con aneto e brodo di maiale e finferli, un piatto che con i primi freddi diventa una coccola dal sapore pieno e avvolgente. A proposito di freddo: una piccola anticipazione del nuovo menù invernale è invece la pancia di maiale glassata ai ricci di mare, un piatto che stupisce e diverte per la commistione di sapori audaci e perfettamente bilanciati, di nuovo gentile omaggio della tradizione asiatica.
Ma chef Braschi pensa a tutto, anche al dopocena, con due divertenti proposte dolci: una è il Viagra brandizzato Vibe al cioccolato, servito direttamente dal blister e la seconda, beh… che sorpresa sarebbe se ve la svelassimo? Vi diamo solo un piccolo indizio: andate a visitare il bagno.
L’arte di provocare
Valerio Braschi arriva a Milano dopo l’esperienza romana al 78, che ha visto la creazione di piatti che hanno fatto “scandalo”: dalla lasagna in tubetto fino alla pizza in bustina. “Roma è più legata alla tradizione, Milano chiede di essere sorpresa, vuole sempre di più. Anche se la concorrenza è spietata” racconta lo chef.
Braschi accetta la sfida milanese e gioca con i prodotti, con le consistenze e i sapori, proponendo materie prime pregiatissime accanto a ingredienti poveri tipici della campagna. Non c’è la solita retorica del “sacro” che negli ultimi anni ammanta la gastronomia, soprattutto italiana. Qui tutto è profano, tutto è sperimentazione e provocazione, dai dolci ispirati al videogioco Dark Souls alle finte praline ripiene non di cioccolato, ma di fegatini e tartufo.
Il vero provocatore è colui che conosce perfettamente le regole e le sovverte, proprio come lo chef fa rivolgendosi agli avventori del Vibe, che vengono continuamente sorpresi da elementi nuovi e inediti, come la presenza di una carta degli olii ad aprire la degustazione, curata dal fratello dello chef, Lorenzo, giornalista e sommelier dell’olio, o di una parallela carta dell’acqua e del caffè, elevate alla stessa importanza dei vini.
Valerio Braschi è un ibrido tra uno chef, un artista concettuale e un prestigiatore. Milano potrà dargli lo spazio di manovra per stupire ancora? Non lo sappiamo, ma di certo la partenza è stata in grande stile.