Umberto Eco, morto ieri notte a 84 anni nel suo appartamento in Foro Bonaparte a Milano, è stato uno dei più grandi docenti universitari del Novecento nel campo degli studi umanistici.
Semiologo, filosofo, scrittore (celebre al pubblico soprattutto per il romanzo del 1980 Il nome della rosa) e saggista, Eco è stato uno dei personaggi più noti nel mondo della cultura, con ben 40 lauree honoris causa ricevute dalle università di tutto il mondo: l’ultima nel 2015 a Torino, capoluogo del suo Piemonte, dove nacque nel 1932, ad Alessandria. Fondamentale tra i suoi romanzi anche Il pendolo di Foucault del 1988, capace di rappresentare in modo grottesco il “ciarpame occultista” e a torto accostato da alcuni al più recente Codice Da Vinci di Dan Brown, un parallelismo fortemente respinto dallo studioso italiano.
Eco è stato capace di impersonare l’idea stessa di cultura: i suoi studi e modelli interpretativi sono stati una pietra miliare per gli studenti universitari di Comunicazione – compreso chi vi scrive, indirizzo Giornalismo –soprattutto come fondatore della “semiotica interpretativa” e autore del fondamentale saggio Apocalittici e Integrati (1964): un modello che possiamo usare ancora oggi, con tutte le sfumature possibili, per capire le reazioni umane nei confronti di ogni salto di paradigma in campi come le comunicazioni di massa, la tecnologia, la bioetica e buona parte delle forme di progresso del sapere. Le sue opere sono sparse nelle biblioteche di mezzo mondo, compreso l’importante manuale Come si fa una tesi di laurea, edito nel 1977 e tuttora punto di riferimento per migliaia di studenti.
Nel 2015, ebbe gran risonanza la sua polemica sui social network: Eco spiegò in seguito che era stata estrapolata una battuta “di puro buon senso”, spiegandola: “Ammettendo che su sette miliardi di abitanti del pianeta ci sia una dose inevitabile di imbecilli, moltissimi di costoro una volta comunicavano le loro farneticazioni agli intimi o agli amici del bar – e così le loro opinioni rimanevano limitate a una cerchia ristretta” scrisse nella sua rubrica su L’Espresso, La bustina di Minerva.
La sua morte viene in queste ore onorata da tutto il Paese e non fa eccezione il celebre sito satirico Lercio, che su un trito luogo comune ha costruito una battuta davvero efficace: “Morto Umberto Eco. Gli angeli soddisfatti: finalmente qualcuno che può davvero insegnarci qualcosa”.