«Se la demagogia lusinga le irrealizzabili aspirazioni delle masse, la Themagogia compie l’identica operazione in terreno musicale accarezzando le fantasie di chi vorrebbe rediviva la nostra tradizione cantautoriale più valida e di chi vuole giustificare la sua indulgenza verso la musica contemporanea. Si dice che tradurre è sempre un po’ tradire. Ogni pezzo tradotto qui è un doppio tradimento: verso chi lo ha scritto e verso chi lo canterebbe.»
“THEMAGOGIA – Tradurre, tradire, trappare”è il disco d’esordio del cantautore TheAndré che interpreta, con nuovi linguaggi, il mondo dell’indie e della trap, disponibile in tutti i negozi sia in disco che in vinile.
Questo album è il risultato dell’interpretazione e dei brani indie e trap, creando delle nuove canzoni traducendone il linguaggio ma mantenendo il suo significato originale.
I brani che compongono l’album sono: “Ballata dell’Ambulanza”, “Britannico” e “Vendetta Vera”, traduzioni già presentate su YouTube; “Canzone dell’affitto”, “Marito” e “Madonnina” traduzioni inedite dei brani “No Pago Afito” (Bello Figo), “Mi sono innamorato di tuo marito”(Cristiano Malgioglio) e “O mia bela Madunina” (Giovanni D’Anzi); “Maddalena” traduzione letteraria, a cura di Gaetano Petronio e The Andre, di un brano del cantautore spagnolo Joaquin Sabina; una nuova versione della cover di “Habibi” di Ghali e i due inediti “Una canzone indie” e “Originale”.
La nostra intervista a TheAndré
La musica di De Andrè è stata la voce della giustizia sociale, con le storie di chi veniva considerato negativo o addirittura non considerato proprio dalla società. Qual è, invece, il tuo scopo con l’album Themagogia? Tra trap, indie.
La filosofia di questo progetto e fare un’operazione post-moderna, cioè unire una cosa molto alta e una cosa molto bassa per farle convivere.
Il risultato è stato che nelle canzoni che ho interpretato, che in origine volevano dire tutt’altro, ho inserito timidamente qualche messaggio cercando di dire delle cose.
Hanno un fondamento, per quanto possano essere banali, nel quale io credo.
Quindi anche la mia musica ha uno scopo un po’ più alto di quello dell’operazione post-moderna.
Fabrizio De Andrè è uno dei più importanti cantautori della storia della musica. Ti senti in qualche modo di aver attualizzato De Andrè, “usandolo” in senso positivo? Ti senti di essere un De Andrè riportato ai nostri giorni?
No, non mi sento di ricoprire la stessa nicchia del secondo Novecento di De Andrè, non mi avvicino nemmeno.
Ho solo utilizzato, in senso buono, la sua vocalità, musicalità e ho cercato un modo per poterla riprodurre senza rifare De Andrè e senza essere completamente inattuale.
Quindi, in qualche modo un po’ lo hai spogliato dai suoi anni per portarlo in una visione nuova?
In realtà tutte le cose che canto, che ho scritto, non sono argomenti che De Andrè non avrebbe potuto dire.
Non parlo di cose che lui non conosceva perché alla fine il concetto stesso di musica, ma anche di qualsiasi testo artistico, parla dell’uomo e l’uomo è sempre quello anche quando ci sono le storie di Instagram.
Non c’è bisogno di parlare di Instagram per essere attuale.
Sei sicuramente uno degli artisti da “tener d’occhio” per le tue abilità vocali e stai suscitando molto interesse nell’ambiente.
Hai scelto di proporre o riproporre uno dei più grandi e lo ricordi moltissimo per le tue caratteristiche; infatti, la stessa Dori Ghezzi ha apprezzato il tuo lavoro. Ma non ti sta un po’ stretto il fatto che interessi anche perché fai venire alla mente un grande autore e non solo per le tue originali qualità e personalità artistica?
Assolutamente, sì.
La questione è che non ho scelto di fare musica, non ho fatto delle cose che vanno contro la mia volontà e queste si sono trasformate in un fenomeno web.
Non ho scelto assolutamente le modalità: non è che ho sempre sognato di fare questo, non avevo neanche idea, fino ad un anno fa, che sarei finito a fare questo.
In realtà, l’ho sentita fin da subito l’evenienza grigia del mostro sacro della musica italiana e per questo ho cercato da subito di smarcarmi e di lasciare stare le cover trap e farne altre, magari leggermente più cantautoriale.
Fare delle cose mie che si legano comunque alla musica che piace a me,che è quella del cantautorato del Novecento, è per me necessario, ne sento la necessità.
Ed è così che esprimo la mia personalità artistica, attraverso la musica che mi piace che è quella di De Andrè e di altri.
Il prossimo anno, spero, di essere ancora qua e di essermi smarcato ancora di più: ho una mia personalità artistica e la sto facendo uscire, anche se sembra che “faccia il verso qualcuno”.
Se ho le potenzialità per essere un vero cantautore che si regge da solo, voglio assolutamente diventarlo.
Se così non fosse, allora vuol dire che non ci rivedremo il prossimo anno.
Come lo consigli l’ascolto del tuo album a chi non ti conosce? Così come sono state inserite le tracce?
Per chi non mi conosce, direi di seguire assolutamente l’ordine dell’album perché le prime tracce sono quelle più riconoscibili e ricollegabili all’altro mondo dove magari si avverte questo registro antifrastico.
Nel momento in cui uno abbia potuto capire ciò che sta sotteso possono apprezzare anche delle cose diverse come Madonnina, come Originale e come la traduzione di Maddalena.
E per chi ti conosce?
Spero che possa apprezzare queste nuove canzoni come ha potuto apprezzare le cover nude e crude, anche se in realtà tre di questi pezzi sono già circolati, non nella versione di Themagogia.
Quali sono i tuoi punti di forza musicali, oltre al particolare timbro?
Ho studiato e dato alcuni esami al Conservatorio e questo mi ha dato la possibilità di acquisire una conoscenza anche teorica della musica.
Quindi ho potuto suonare quasi, tranne un paio di percussioni e una chitarra, tutto l’album.
Avere una conoscenza anche teorica mi ha dato la possibilità di scrivere degli arrangiamenti.
Hai collaborato con Dolcenera. Chi sono gli altri con cui ti piacerebbe duettare?
Tralasciando le persone morte e non De Andrè, mi piacerebbe moltissimo conoscere e collaborare con Giorgio Poi.
L’ho scoperto in quest’ultimo anno frequentando e partecipando a molti Festival.
Dopo la precedente esperienza dei live, come ti stai preparando ai prossimi?
Ero dubbioso di farli perché prima di tutto non pensavo che interessasse a qualcuno e poi perché non sono molto estroverso.
Durante il primissimo live ero terrorizzato, ma la cosa mi ha divertito tantissimo perché dopo il primo mezzo minuto in cui non sapevo cosa stesse succedendo, ho colto l’atmosfera e mi sono tranquillizzato.
È una cosa che mi piace moltissimo fare, quindi prenderò questo tour in maniera molto positiva e, inoltre, il tempo che intercorre fra la scrittura delle canzoni, la loro produzione e presentazione al pubblico non è così ristretto come quest’estate.
Infatti, continuavo a pubblicare canzoni nuove e poi le portavo subito in giro, invece per questo tour potrò provarle e organizzarle per bene.
Inoltre, ci sarà un altro strumentista quindi mi divertirò ancora di più.
Come ti ha accolto il pubblico nei precedenti live?
Mi ha accolto fin da subito molto bene nel senso che erano tutti molto gasati sia dal progetto in sé, ma la cosa divertente è stato vederli ballare la mia musica che non è proprio ballabile.
Il pubblico è stato estremamente affettuoso, partecipativo.
In realtà facciamo molte cose sul palco: chiedo di fare certe figure ritmiche, certe armonie.
Che musica c’è nella tua playlist in questo momento?
In questo momento nella mia playlist ci sono i Pink Floyd e Jacques Brel, mentre di italiani Giorgio Poi
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