Il regista Micheal Hazanavicius passa con grande versatilità da un film muto in bianco e nero, quel The artist vincitore di cinque premi Oscar nel 2011, a The search, melodramma ambientato durante il secondo conflitto fra Russia e Cecenia svoltosi nel vicino 1999, quando Vladimir Putin -che oggi minaccia la sovranità ucraina incurante delle pressioni internazionali- era Primo Ministro di Boris Eltsin.
Ispirato al film Odissea tragica di Fred Zinneman (1948), The search racconta di quattro destini che la guerra farà incrociare. Fuggendo dal villaggio dove i suoi genitori sono stati massacrati dall’esercito russo, il piccolo Hadji di nove anni (interpretato dallo straordinario piccolo attore Abdul-Khalim Mamatsuiev) lascia il fratellino appena nato sulla soglia di una casa perché qualcuno se ne prenda cura e si unisce alla massa dei rifugiati che giungono in un campo di accoglienza gestito dalla volitiva Helen (Annette Beninig); mentre l’esercito nemico avanza inesorabile, Raissa, la sorella maggiore di Hadji che lui crede morta, inizia un pericoloso viaggio a piedi fra bombe e macerie alla ricerca dei due bambini. A prendersi cura di Hadji c’è Carole (interpretata da Bérénice Bejo, compagna nella vita di Hazanavicius), capo delegazione sui diritti umani dell’Unione Europea: la donna raccoglie le storie dei rifugiati per dimostrare che quella in corso in Cecenia non è un’operazione antiterroristica, ma un vero e proprio atto di belligeranza, con esecuzioni sommarie e violenze indicibili ai danni della popolazione civile; all’inizio Carole svolge il suo lavoro con burocratico distacco, ma vincere le resistenze di Hadji e instaurare un rapporto con lui, la porterà a riconsiderare emotivamente la portata del suo impegno. Mentre vediamo Hadji superare le proprie paure e conquistare il cuore di Carole, Hazanavicius ci mostra, in un gioco di contrappunti, la disumanizzazione di un giovane russo, Kolia (Maxim Emilianov): sorpreso a fumare uno spinello, viene forzatamente reclutato nell’esercito: mesi di violenze lo trasformeranno in una macchina da guerra.
Nelle sale cinematografiche italiane da giovedì 5 marzo, The search era stato accolto durante l’ultimo Festival di Cannes da fischi e critiche molto negative che non condividiamo: nonostante il film possa infastidire in qualche modo lo spettatore che può percepire come eccessivo il tono paternalistico che permea alcune scene, troviamo che il regista abbia realizzato un’opera coraggiosa su un tema scomodo, di un passato molto recente e tremendamente attuale. Si tratta di un progetto cui, si capisce chiaramente durante la visione del film, Hazanavicius ha tenuto moltissimo, cercando il registro più adatto, rifiutando il green screen, volendo girare sul posto con attori e comparse locali. Non a caso il regista francese ha dichiarato: “Dopo aver realizzato nel 2004 il documentario Rwanda: history of a genocide, ho avuto voglia di girare un film sulla Cecenia per confutare l’assurda teoria secondo la quale tutti i Ceceni sono terroristi”. Dopo la visione di The search si esce dalla sala commossi dalle testimonianze raccolte da Carole (che narrano fatti sanguinosi davvero accaduti), scossi dalle scene violente che coinvolgono Kolia, inteneriti dal coraggio del piccolo Hadji e inquietati dalla macchinosità e inerzia della burocrazia internazionale. E, si ami o no il melodramma, quella di vivere emozioni è esattamente la promessa silenziosa che ognuno di noi si aspetta venga mantenuta dal grande schermo.
Il nostro voto: 7+
Una frase: “L’Unione Europea deve intervenire rapidamente, non fosse altro per mostrare al popolo ceceno che non è stato dimenticato”.
Per chi: per amanti del genere melodrammatico