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“La stampa dev’essere al servizio dei governati, non dei governanti”: la redattrice del Washington Post è al telefono, tutti i colleghi intorno, e riporta le parole di chi è all’altro capo del filo. Scopriremo che si tratta di una sentenza della Suprema Corte americana che sancirà un momento cruciale per la libertà di stampa e la storia negli Usa negli anni ’70. Il momento viene raccontato in The Post, film in uscita il prossimo 1 febbraio con la regia di Steven Spielberg e per il quale il regista ha voluto con sé una coppia da Oscar: Tom Hanks e Meryl Streep.
Qui siamo verso la fine del film, e quello che è successo prima è un susseguirsi di azione a colpi di discussioni, caccia alla fonte, prese di coscienza, decisioni pesanti e corsa alle rotative, nel più classico stile del giornalismo investigativo, genere col quale il cinema americano non smette di misurarsi. Impossibile non pensare a Tutti gli uomini del Presidente, pellicola cult del 1976 sul Watergate con Dustin Hoffman e Robert Redford, col quale peraltro The Post ha in comune il periodo storico e naturalmente la testata protagonista. Spunti, tematiche, sceneggiature certamente non nuove e non originali nel cinema di Hollywood. Ma qui c’è (anche) di più.
The Post racconta una storia vera, quella dei Pentagon Papers e della gola profonda che li consegnò alla stampa, nel 1971, svelando le menzogne di quattro amministrazioni Usa – da Truman ad Eisenhower, da Kennedy a Johnson – sulla sanguinosa guerra in Vietnam. Ma accende intensamente i riflettori anche su una questione sempre (più) attuale: la stampa è davvero libera? E quanto è dura la lotta dei media e dei giornalisti per mantenere saldo questo sacrosanto diritto contro le pressioni della politica?
The Post, trama
Siamo nel 1971. Katharine Graham (Meryl Streep) è la prima donna alla guida del The Washington Post: ha preso le redini dell’azienda editore del quotidiano dopo la morte del marito e sta per quotarla in Borsa, scontrandosi con un ambiente dove il potere è di norma ancora in mano maschile. Ben Bradlee (Tom Hanks) è il testardo direttore del giornale. Una fuga di notizie e la pubblicazione di uno scoop da parte del New York Times avvierà una macchina fatta di caccia alle fonti, riflessioni su responsabilità ed etica, decisioni difficili da prendere e lotta contro le istituzioni della politica e della finanza, che porterà i media davanti alla legge, fino alla Corte Suprema, a difendere quella libertà di stampa fatta sacra dalla Costituzione americana fin dal Primo Emendamento. Alla radice di tutto, i Pentagon Papers e la storia vera delle rivelazioni che hanno messo a nudo trent’anni di segreti governativi sulla guerra in Vietnam.
The Post, cosa sono i Pentagon Papers
Cosa sono i Pentagon Papers? Una relazione top secret di ben 7mila pagine, piena di segreti governativi, un documento che era stato stilato nel 1967 per l’allora Segretario alla Difesa Robert McNamara. La fonte che ne rivelò l’esistenza fu Daniel Ellsberg, analista militare della Rand Corporation (think tank finanziato dal Governo), che li sottopose al giornalista del New York Times esperto di guerra e Vietnam, Neil Sheehan. Il Times li rese pubblici il 13 giugno del 1971, col titolo di prima pagina “Archivio Vietnam: gli studi del pentagono rivelano tre decenni di crescente coinvolgimento americano”, innescando le reazioni a catena che vengono magistralmente raccontate nel film.
The Post, il film: la nostra recensione
The Post si apre con una scena di guerra sul fronte del Vietnam nel 1966, si chiuderà con un altro momento cruciale nella storia americana. È un’epoca di profondi cambiamenti, in cui chi vuole mantenere saldi i propri valori sarà chiamato a prendere decisioni coraggiose. È un’epoca in cui cambiano – o sono costretti a cambiare – i rapporti tra media e potere: giornalisti e politici devono scegliere cosa essere o diventare l’uno per l’altro (“Io ho sempre considerato Jack un amico, mai una fonte”, risponde Ben a Kay che gli chiede conto del rapporto con i Kennedy).
Smettere di essere amici e cominciare davvero a fare i watchdog del potere è possibile? The Post è un film che lancia molte riflessioni di questo tipo, ma lascia anche – in chi col giornalismo ci lavora o comunque ha a che fare con i media – un senso di distanza e quasi di nostalgia per un modo di fare il mestiere che oggi si rivela sempre più complicato, tra crisi e fake news. Un giornalismo per forza di cose differente, e non stiamo parlando solo di rotative frenetiche, telefoni pubblici per carpire notizie lontano da orecchie indiscrete e plichi top secret portati a mano in grandi newsroom dove si sente il ticchettio delle macchine da scrivere (tutte immagini classiche per pellicole di questo filone e a cui neanche Spielberg rinuncia).
The Post è un film che intreccia moltissimi temi: ci sono in primo piano la responsabilità di media e politici, la pressione delle istituzioni, la libertà di stampa e la minaccia a quel primo emendamento che gli americani considerano sacro. Ma c’è anche un giornalismo che sta cambiando, dove i giornali diventano sempre più aziende e già cresce la sfiducia della finanza e degli investitori nei confronti dell’editoria. C’è naturalmente la competizione tra testate: non è solo sacro fuoco della verità quello che anima Ben – Tom Hanks nel rendere pubblici i Pentagon Papers, ma anche l’ambizione a gareggiare alla pari col blasonato New York Times).
Ma è proprio Kay – Meryl Streep a dare voce a un altro tema cruciale: la condizione delle donne negli anni Settanta, ancora alle prese con un mondo degli affari e del potere in mano maschile Un’America in cui i mariti dopo cena fumano a tavola discutendo di affari e politica mentre le moglie prendono il tè in salotto. ma che hanno preso coscienza del proprio ruolo e hanno voglia di emergere. Goffa, timida e quasi sovrastata dai consiglieri uomini all’inizio, Kay riuscirà a farsi ascoltare e prenderà la sua decisione con coraggio. E non è un caso che quando uscirà dal palazzo della Corte Suprema, la macchina da presa inquadra soprattutto donne e ragazze ad attenderla tra i pacifisti . Un segnale che qualcosa sta cambiando, e non solo ai piani alti.
The Post, le frasi
“L’unico modo per difendere il diritto a pubblicare è pubblicare”
“Sai come Phil chiamava le notizie? Diceva che sono la prima bozza della storia”
The Post, il nostro voto: 9