Non è mai semplice creare un action ad alta tensione e The Accountant di Gavin O’Connor risente, purtroppo, di alti e bassi. Presentato in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, è distribuito nelle nostre sale da Warner Bros dal 27 ottobre e siamo sicuri che attrarrà sia il genere sia la presenza di Ben Affleck.
Christian Wolff (lo stesso Affleck) potremmo dire che comunica più coi numeri che con le persone e anche per questo viene ingaggiato sia come consulente fiscale da varie aziende, sia dai personaggi più “neri” che affollano il mondo – per questi ultimi Wolff svolge il ruolo di commercialista. La prima scena a cui la platea di turno assiste appartiene a un passato che, però, bolle ancora nei ricordi, in particolare, di Ray King (J. K. Simmons), ma non vogliamo svelare troppo le fila anche perché questo tassello è uno di quelli centrali di The Accountant.
A un tratto, Wolff viene ingaggiato legittimamente dalla Living Robotics, una compagnia di robotica all’avanguardia che opera anche in ambito sanitario. Deve indagare su una discrepanza nei conti scoperta da una delle impiegate (la candidata all’Oscar Anna Kendrick). C’è una caratteristica peculiare di Wolff: ha una particolare forma di autismo e questa gli ha condizionato la vita sia nelle qualità positive che nel relazionarsi con gli altri.
Nel lungometraggio diretto dal regista statunitense di Pride and Glory – Il prezzo dell’onore (2008) s’intrecciano diversi fili, dall’action – con caccia all’uomo – al crime movie a tracce di sentimentalismo, così come si viaggia tra passato e presente. L’infanzia ha molto condizionato quest’uomo e lo spettatore lo scopre cammin facendo (in parte proprio come accade allo stesso protagonista). Purtroppo per quanto Ben Affleck possa impegnarsi, l’opera risente di alcune cadute nella credibilità drammaturgica e di un ritmo non sempre costante a livello di action.
Il nostro voto: 6
Una frase: Il mondo non è un ambiente protetto