Pubblicato in: Interviste

La street art a Milano ha i colori di Cuba: la nostra intervista ad Ascanio

street art Milano Ascanio Cuba

Se siete appassionati di street art a Milano, lo avrete notato sicuramente in giro. Ma anche se prendete spesso il treno passando dalla stazione di Repubblica, o se avete avuto l’occasione di ammirare murales come quello della Biblioteca di Morando, lungo il Naviglio Martesana, o El purtava i scarp del tennis, lungo il muro della Stazione Forlanini. Ultimo lavoro in ordine di apparizione, il contributo ai murales sul Naviglio Grande a Milano per il progetto di riqualificazione presso il Circolo dell’Amicizia.
Stiamo parlando dell’omino “climbing the future”, la “firma” di uno degli street artist più attivi in città. E’ Ascanio Cuba, pittore, muralista e serigrafo cubano di nascita e formazione e da qualche anno a Milano. Lo abbiamo incontrato anche in occasione del primo tour di “street art con l’autore” organizzato da MilanoArte insieme al blog Milano Sguardi Inediti con la collaborazione del Progetto Artepassante, e abbiamo voluto conoscerlo meglio e farci raccontare com’è fare street art a Milano, e come ha fatto la sua arte di spirito cubano a sposare quella italiana!

Ascanio, come è nata la tua passione e come sei diventato artista?

“Sono nato a Cuba e ho studiato all’Accademia di Santiago, ma posso dire di essere figlio d’arte: mio padre, Danis Montero Ortega, è un artista e insegnante di storia dell’arte all’Universidad de Oriente ed è stato la mia scuola già a casa. L’accademia ti dà la tecnica, ma tutta la mia influenza deriva da mio padre. A Cuba non avevo avuto l’esperienza di realizzare murales come ho fatto poi a Milano, ma ho avuto la grande opportunità di andare in giro con mio padre, in quei momenti diventavo una spugna, imparavo come si fa un murale partendo da zero”.

Perché infatti una particolarità delle tue opere, anche in quelle che possiamo vedere a Milano, è la tecnica.

“Sì, uso la tecnica tradizionale, non lavoro con spray o bombolette ma con il pennello. Si parte dalla preparazione della parete prima di iniziare a progettare il disegno, togliere umidità, dare la base al quarzo, per poi passare al disegno fatto a mano col pennello. Vedi che il murale cresce piano piano, è impegnativo ma bellissimo. A Santiago manteniamo questa tradizione del muralismo latino-americano, nato come concetto di informazione e dialogo con il pubblico, per spiegare cosa sta accadendo, e manteniamo la cultura cubana, della musica, dell’arte e del colore. Il colore è il cambiamento, è la vita, il colore è la rinascita“.

E infatti hai portato i colori anche a Milano. Qual è stato il primo murale che hai realizzato qui?

“E’ stato a Rogoredo: ho collaborato con un’artista cilena, Pilar Dominguez, e i ragazzi dell’Accademia di belle arti. E quando Rossella Traversa, presidente di zona 4, mi ha visto lavorare a questo murale mi ha chiesto di realizzarne uno di dimensioni molto grandi, 50 mt per 4 mt alla Stazione Forlanini. Era il murale dedicato a Enzo Jannacci, El purtava i scarp del tennis. Non conoscevo Jannacci e ho cominciato a cercare informazioni, volevo capire chi fosse, ho scoperto che è stato un grande artista per Milano, e che anche suo figlio aveva seguito le sue orme, e in un certo senso mi sono sentito rispecchiato: anche io, come lui, avevo seguito la carriera di mio padre. L’ho visto come un segno, un collegamento”.

street art milano ascanio cuba

Così Ascanio si è messo all’opera, insieme ad altri artisti che hanno collaborato con lui. Ma anche intorno non era solo.

“Sì, le persone che ci vedevano lavorare erano curiose, volevano sapere cosa stessimo facendo, volevano lasciare un segno. Abbiamo coinvolto i passanti in diverse performance. Eravamo stanchi per il lavoro ma queste persone ti ridavano in un certo senso la vita”.

Come vedi la street art a milano, come è lavorare qui?

“Quando sono arrivato è stato un impatto molto forte vedere la città coperta di scritte e graffiti, c’era un forte contrasto tra il brutto e il bello, vedevo comunque molte cose interessanti ma anche i cittadini che si lamentavano e tanti che scrivevano sui muri senza capire il senso di quello che facevano. Da lì mi sono sorte un po’ di domande: volevo fare qualcosa di bello, collaborare con persone che portavano questo stesso messaggio”.

Ora ti piacciono le opere che ci sono in giro per Milano?

“Da quando sono arrivato ho visto tante cose belle, le persone creavano tante cose interessanti, Milano si è svegliata con numerose realtà diverse e artisti bravi.

street art milano Ascanio Cuba
Murales al Circolo dell’amicizia

Dopo aver concluso i murales di Stazione Forlanini ho realizzato quello all’interno dell’Atelier del Teatro e delle Arti della Stazione Repubblica, nell’ambito dell’Associazione Artepassante, in cui ha sede il mio laboratorio. Fusion, una connessione delle tante realtà diverse che si incontrano qui, dall’arte al circo alla musica, ho creato un filo rosso per unirle.
E poi ho avuto l’onore di realizzare Colori nel Parco del Quartiere Adriano dedicato a Franca Rame, l’iniziativa di riqualificazione del nuovo quartiere Adriano, proposta dal Comitato Parco Adriano e promossa dal Comune di Milano. Quattro pareti, ognuna di quasi 50 mt di lunghezza, con la tematica dei bambini e della natura”.

Anche prima di entrare in stazione, per prendere il passante a Repubblica, soffermatevi in cima alle scale: troverete le opere di Art in Transit, progetto di riqualificazione delle entrate del Passante Ferroviario di Repubblica, coordinato da Artepassante in collaborazione con RFI e con il Patrocino del Comune di Milano e tra le diverse uscite di via Vittor Pisani c’è anche la firma di Ascanio.
“Anche in questo caso la gente era attratta, perplessa ma anche curiosa. In queste occasioni osservano e ti chiedono sempre: hai il permesso? Hai l’autorizzazione? L’artista attinge anche a queste cose, l’opera si arricchisce, senti che non è più solo tua, è condivisione.

Puoi raccontarci i tuoi prossimi progetti?

Il primo progetto che deve avere un artista è venire ogni giorno al laboratorio, vederlo come una seconda casa e dire: c’è da lavorare. Anche questo è un insegnamento di mio padre”.

Etichette: