Da una parte il fattore umano, primo in assoluto per importanza: un mix di propensione al rischio, sicurezza, estroversione e ottimismo, ma anche comunicazione su più livelli (per il mercato, per i finanziatori, per chi collabora).
Dall’altra, spesso altrettanto decisiva, la capacità di “fare due numeri”: quantificare il potenziale del business, essere continuamente convincenti con stakeholder e collaboratori e soprattuto sapersi adattare agli inevitabili cambiamenti del proprio programma iniziale, che “non è mai uguale” a quello della seconda fase, in cui si attraggono investimenti.
Questi i due principali criteri per valutare una buona startup secondo Claudio Marinelli, che da 15 anni si occupa a livello internazionale della selezione di promettenti idee di business intervenuto nel panel di esperti dell’evento di Econocom Italia all’Innovation Hub di Milano, in via Varesina 158.
Una discussione, quella sullo “startup mindset” (da cui il titolo dell’incontro) ovvero l’atteggiamento mentale più opportuno per avviare una nuova azienda di successo, che ha evidenziato il vantaggio culturale di quei Paesi in cui si assegna un valore “normale” (e non un marchio infamante) alla possibilità che un progetto d’impresa fallisca: “Non dovrebbe stupire nessuno un fallimento: accade nel 90% dei casi” ha sottolineato Marinelli, aggiungendo un consiglio per i nuovi startupper: “Farsi finanziare non a vuoto, ma per un prodotto che può avere già dei potenziali acquirenti”.
A cura di Milano Weekend Adv