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Sogno di una notte di mezza sbornia: la nostra recensione

Marco Valerio 10 anni fa
Foto: Federico Riva

Da qualche anno a questa parte, Luca De Filippo sta portando avanti un personale percorso di rivisitazione e riproposizione al pubblico di alcune delle opere meno conosciute tra quelle scritte dal padre Eduardo.

Dopo il successo de La grande magia, portato in scena due anni fa al Piccolo Teatro, Luca De Filippo sbarca al Teatro Franco Parenti con Sogno di una notte di mezza sbornia, commedia composta da Eduardo nel 1936 e liberamente ispirata a una pièce di Athos Setti intitolata La fortuna si diverte.

Con Sogno di una notte di mezza sbornia la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone un nuovo progetto sui testi di Eduardo, in un percorso che porterà successivamente all’allestimento di Non ti pago, spettacolo che lo stesso De Filippo senior definisce “una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia scritto”. E Sogno di una notte di mezza sbornia ne è il prologo naturale: si parla di sogni, vincite al lotto, superstizioni e credenze popolari di un’umanità dolente, che solo in questo modo ha la capacità di pensare a un futuro migliore per sopravvivere al proprio presente.

Pasquale Grifone riceve in sogno la visita di Dante Alighieri il quale suggerisce all’uomo quattro numeri da giocare al lotto, ma sottolineando che essi rappresentano anche la data della morte di Pasquale, che avverrà a breve. I numeri vengono effettivamente estratti e i Grifone diventano milionari per la gioia dei due figli, Arturo e Gina, e della cinica moglie Filomena, ma non di Pasquale che vede la sua fine ormai imminente e non riesce a capacitarsi per le poche attenzioni che la famiglia dedica al suo dramma personale.

Un perfetto meccanismo comico, in cui battute e gag fisiche sono sapientemente dosate e amalgamate tra loro, messo al servizio di alcuni dei topoi ricorrenti della poetica eduardiana: la smania di facile successo (attraverso il gioco d’azzardo in questo caso), le conflittualità familiari, la creduloneria e l’assuefazione alla facile superstizione che caratterizza gli esseri umani, i confini assai labili tra dimensione onirica e realtà, spesso e volentieri tra loro coesistenti.

Lo sguardo su questo campionario di miserie e debolezze umane è sempre lucido e ficcante, mentre la messa in scena utilizza una chiave grottesca che si sviluppa, in più di un’occasione, nella farsa e nella satira di costume. Sono lontani l’amarezza e il caustico disincanto, tipici di tutta la produzione di Eduardo a partire dal secondo dopoguerra, nell’osservare sorti di un’umanità smarrita, grossolana e al contempo tragica: qui si lascia spazio a un umorismo meno sofisticato ma ugualmente funzionale, più immediato e ruspante comunque espressione di una inventiva comica sempre spassosa e vivace, intelligente e feconda, acuta e sorprendente.

Luca De Filippo riprende piuttosto fedelmente il testo del padre, dando vita a un quadro di personaggi caricaturali ma al contempo credibili, di cui si ride con gusto pur sentendosi stranamente in sintonia con i loro stravaganti problemi. Emerge così un insieme di figure buffe, quando non ridicole, che cercano di adattarsi con fatica a un mondo che non gli appartiene (popolani arricchiti, volgari e rozzi nella loro ostentazione di un benessere acquisito quasi per caso) e di trovare un senso a un’esistenza meschina e tragicomica riscattabile solo dai sogni, dalle sbornie o da bizzarri deliri.

Luca fa tesoro della lezione di Eduardo e ha il merito di affrontare il testo e la sua interpretazione con piglio personale, rispettoso del modello di riferimento senza mai esserne succube, donando spessore drammatico e ameno al suo protagonista, un uomo solo e infelice, circondato da egoisti e approfittatori.

Si ride e si ride parecchio in Sogno di una notte di mezza sbornia, opera seminale che preannuncia una precisa e coerente evoluzione della prosa eduardiana a venire: un prodotto brillante e decisamente godibile, reso memorabile da una compagnia di attori piacevoli e convincenti.

Lo spettacolo sarà in replica al Teatro Franco Parenti fino a martedì 6 gennaio.

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