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Qual è la regione italiana con più luoghi dichiarati Patrimonio Unesco? Non è la Toscana, che si ferma a 8, e nemmeno il Veneto, che arriva a 9. Al primo posto della classifica c’è la Lombardia, con 10 siti patrimonio dell’umanità, tra propri e condivisi con altre regioni. Un tesoro tutto da scoprire, tra siti archeologici, capolavori del Rinascimento e storia contemporanea.
Incisioni rupestri della Val Camonica
Vi siete mai chiesti che cosa rappresenti il simbolo della Regione Lombardia? Quella girandola bianca arrotondata su fondo verde è stata disegnata nel 1975 da alcuni tra i più grandi maestri del design italiano: Pino Tovaglia, Bob Noorda, Roberto Sambonet e Bruno Munari. Nessuno di loro però è l’ideatore di quello strano simbolo, che ha origini antichissime, tra il VII e il I secolo a. C.
Si tratta della rosa camuna, uno dei numerosi simboli incisi sulle rocce della Val Camonica durante l’Età del Ferro. Le oltre 300 mila immagini incise a martellina e graffito sulle rocce, sono la testimonianza del passaggio di secoli di civiltà lungo le montagne della provincia bresciana, dai popoli nomadi del Mesolitico (X-VIII millennio a.C.) fino al Medioevo.
Scene di battaglia, cacce, animali preistorici, simboli astronomici, figure umane e divine, oltre alla già citata rosa camuna, ricoprono 2000 rocce sparse in 180 località in 24 comuni del bresciano. Questa incredibile finestra sul passato è diventata il primo sito italiano a entrare nella lista dei Patrimoni Unesco dell’Umanità nel 1979.
Da allora, gli 8 parchi archeologici delle incisioni rupestri sono visitate ogni anno da migliaia di visitatori, anche grazie alla bellezza naturale in cui sono immersi, tra le montagne e i paesaggi incontaminati della Valcamonica: i bambini li adoreranno, sentendosi dei piccoli archeologi alla scoperta delle tracce di un passato lontano.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie e Ultima Cena di Leonardo
Uno dei siti Unesco della Lombardia è a Milano, anche se per la precisione si tratta di due beni distinti: la chiesa di Santa Maria delle Grazie e l’affresco dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, conservato nel vicino refettorio del convento.
La chiesa è un vero trionfo del Rinascimento milanese, anche grazie ai nomi altisonanti a essa legati, a partire dalla committenza: quel Ludovico il Moro signore di Milano che aveva dato una spinta fondamentale alla vita artistica cittadina.
Santa Maria delle Grazie era già in costruzione quando al finanziamento dei lavori subentrò il Moro. Il condottiero Gaspare Vimercati aveva iniziato l’opera, trasformando in un convento alcuni edifici da lui donati ai Domenicani. A capo della fabbrica Guiniforte Solari, tra gli architetti più importanti dell’epoca, già all’opera sul Duomo, sulla Certosa di Pavia e sull’Ospedale Maggiore.
Per celebrare il matrimonio con l’amata Beatrice d’Este, Ludovico il Moro scelse proprio la chiesa, ormai quasi terminata, per rappresentare il nuovo stile architettonico della Milano rinascimentale. Fece così demolire il coro e due cappelle laterali da poco completate, per dare a Bramante, tra i migliori architetti del suo tempo, il compito di ridisegnare la tribuna, la sagrestia vecchia, il chiostro piccolo e il refettorio del convento.
Proprio in questo insignificante spazio di servizio si trova uno dei più importanti capolavori del Quattrocento italiano: l’Ultima cena di Leonardo da Vinci. L’ambiente dove i frati domenicani consumavano i pasti era interamente affrescato, ma le opere conservate sul soffitto e sulle pareti laterali sono andate distrutte durante i bombardamenti del 1943 su Milano (ne abbiamo parlato nella prima puntata del nostro podcast, Milano a portata di mano).
Nel 1494 Leonardo venne incaricato dallo Sforza di realizzare un’Ultima cena per il refettorio di Santa Maria delle Grazie, da poco completata nel nuovo assetto bramantesco. Nonostante non amasse particolarmente lavorare ad affresco, Leonardo accettò la commissione e realizzò una versione inedita del tema eucaristico, in cui Gesù è colto nel momento in cui rivela ai discepoli che uno tra loro lo tradirà. Lo stupore si diffonde tra i seguaci di Cristo, che reagiscono nei modi più disparati. Nonostante le condizioni precarie dell’opera, ancora oggi l’Ultima Cena è uno degli esempi più incredibili dell’arte di Leonardo, che indaga l’animo umano con delicata sottigliezza. Dal 1980 l’affresco e la chiesa fanno parte dei siti Unesco, e sono tra i luoghi più visitati in Italia da turisti di tutto il mondo.
Villaggio operaio di Crespi d’Adda
Nel 1877 l’imprenditore tessile Cristoforo Benigno Crespi acquistò un grande appezzamento di terra sulle rive dell’Adda, nella bergamasca. Affascinato dalla rivoluzione industriale inglese, Cristoforo prima e il figlio Silvio poi, costruirono un vero e proprio villaggio operaio, dove i dipendenti delle fabbriche Crespi potevano vivere e usufruire di tutti i servizi, dalla scuola alla chiesa fino al cimitero.
Gli operai avevano a disposizione delle case complete di orto e giardino, una scuola, un teatro, un ospedale e un campo sportivo, insieme a bar, ristoranti e sale da ballo. Fino agli anni Settanta Crespi d’Adda era riservata unicamente ai dipendenti dei cotonifici, poi le case vennero man mano vendute a privati, fino a spopolarsi col ridursi dell’attività industriale.
Nel 1995 l’intero complesso di Crespi d’Adda diventò Patrimonio Unesco, grazie all’interesse di ex operai e persone legate al villaggio, che volevano scongiurare le speculazioni edilizie intorno all’area. Nel 2013 l’imprenditore bergamasco Antonio Percassi ha acquistato l’intero complesso per farne la sede della sua azienda e recuperare gli edifici.
Visitare Crespi d’Adda è fare un tuffo nella rivoluzione industriale che ha investito l’Europa tra Otto e Novecento. A catturare l’attenzione è l’imponente corpo principale delle fabbriche, con i suoi caratteristici cancelli rossi, insieme alla splendida villa della famiglia Crespi in stile romantico, immersa nella natura delle sponde dell’Adda. Tutti gli edifici sono in stile eclettico, costruiti con i classici mattoni rossi dell’architettura lombarda. Unica eccezione la chiesa, perfetta replica del Santuario di Santa Maria di Piazza di Busto Arsizio, città natale dei Crespi.
Mantova e Sabbioneta
Provincia ingiustamente snobbata della Lombardia, così incastrata tra Veneto ed Emilia Romagna, Mantova è uno scrigno del Rinascimento italiano. Intorno alla corte dei Gonzaga si riunirono alcuni degli artisti e degli intellettuali più importanti del tempo, da Giulio Romano, che realizzò le incredibili decorazioni di Palazzo Te, fino a Mantegna, autore della celebre Camera degli Sposi del Palazzo Ducale.
Qui visse e lavorò Leon Battista Alberti, tra i massimi architetti del Rinascimento, autore della Chiesa di Sant’Andrea, dove è conservata la lancia di Longino, il centurione romano che ferì Gesù al costato e proprio a Mantova si convertì al cristianesimo. Nel piccolo centro storico della città si concentrano alcuni tra i capolavori storico artistici più importanti d’Italia, molti dei quali conservati a Palazzo Ducale, tanto serio e militaresco all’esterno quanto raffinato e prezioso all’interno.
Non scordate poi di assaggiare i piatti tipici del posto, dai ravioli di zucca alla deliziosa Torta delle Rose, realizzata in onore di Isabella d’Este, andata in sposa a Francesco II Gonzaga. Fu proprio Isabella, tra le donne più influenti del Rinascimento, a portare una vera ventata di cultura nella cittadina di provincia, fiorita letteralmente dai terreni paludosi del Mincio.
Poco distante da Mantova sorge la cittadina di Sabbioneta, costruita nel Cinquecento da Vespasiano Gonzaga come roccaforte indipendente, circondata dal Ducato di Mantova, dal potente Ducato di Milano e dal Ducato di Parma e Piacenza, in un’epoca in cui le lotte per il territorio erano all’ordine del giorno. Edificata secondo i principi della “città ideale”, Sabbioneta nel 2008 divenne, insieme a Mantova, Patrimonio Unesco, grazie all’unicità della loro storia di accentratori dell’arte e della letteratura italiana del Rinascimento, nonostante le piccole dimensioni.
Sacro Monte di Varese
Sin dal Medioevo il monte Orona è stato luogo di pellegrinaggi, con origini che si perdono nella leggenda. Si narra che qui Sant’Ambrogio in persona abbia eretto una cappella per ringraziare la Madonna per la vittoria sugli ariani.
Lungo i due km di sentiero che si snodano sulle pendici del Monte, immerse tra faggi, castagni e noccioli, si trovano le 14 cappelle che illustrano i Misteri del Rosario, fino a culminare al Santuario di Santa Maria del Monte, da cui si gode di una splendida vista sui boschi e i laghi di Varese.
Fu Federico Borromeo, a partire dal 1604, che diede il via alla costruzione del cammino del Sacro Monte, un luogo che si inserisce in una trazione di cammini sacri sparsi sulle montagne di Piemonte e Lombardia. Questo circuito è entrato nel 2003 nella lista dei siti Patrimonio Unesco proprio per la sua unicità in tutto il mondo.
A stupire i pellegrini di ieri e di oggi è la ricchezza delle cappelle barocche, completate negli interni da affreschi e statue lignee di incredibile espressività, vero tesoro dell’arte sacra seicentesca. Decine di personaggi compongono le scene del Rosario e della Passione di Cristo, riprodotte come vere rappresentazioni teatrali in scala reale.
Siti palafitticoli preistorici attorno alle Alpi
Alcuni siti Unesco possono essere condivisi tra diverse provincie, regioni o, in questo caso, intere nazioni. Nel 2011 i reperti archeologici che testimoniano la vita degli abitanti dell’arco alpino durante l’età del Bronzo sono diventati Patrimonio dell’Umanità, grazie alla straordinaria conservazione e al racconto del rapporto dei nostri antenati con la natura.
Molti di questi luoghi si trovano in Svizzera, Francia e Germania, mentre in Italia si possono trovare testimonianze degli insediamenti su palafitte in Friuli, in Veneto e in Piemonte. La Lombardia conserva siti archeologici di questo tipo nell’area bresciana del lago di Garda (Desenzano del Garda, Lonato, Manerba del Garda, Sirmione, Polpenazze del Garda), nella provincia di Varese (Biandronno, Bodio Lomnago, Cadrezzate con Osmate), a Cremona (Piadena) e nell’Alto Mantovano (Cavriana e Monzambano).
Città fortificata di Bergamo
Dal 2017 le fortificazioni difensive della Serenissima Repubblica di Venezia sono entrate a far parte del Patrimonio Unesco. Tra i sei luoghi parte di questa tutela collettiva c’è anche la città fortificata di Bergamo, le cui mura sono state fatte costruire nel XVI secolo per difendere la città da possibili incursioni nemiche.
Le mura veneziane di Bergamo sono tra le meglio conservate, grazie al fatto di non aver subito attacchi bellici. La città era l’ultima roccaforte veneziana a Occidente, sotto la continua minaccia prima degli Sforza e poi dei francesi da Milano. Per questo la Serenissima decise di proteggere Bergamo con un robusto sistema di mura difensive, che cambiò per sempre l’aspetto del centro storico, rendendolo inespugnabile.
L’ingresso in città era garantito da quattro porte ancora esistenti, tra cui la bellissima Porta San Giacomo, uno degli ingressi più scenografici a Bergamo Alta. Da qui si entra nello splendido centro cittadino, perfettamente conservato anche grazie alle imponenti mura della Serenissima, oggi amatissime per i panorami mozzafiato che regalano a chi sale a piedi lungo i camminamenti.
Brescia e Castelseprio
Il monastero di Santa Giulia, la basilica di San Salvatore e l’area archeologica del foro romano a Brescia e l’area del castrum con il monastero di Torba e la chiesa di Santa Maria foris portas a Castelseprio (VA), formano i luoghi della Lombardia compresi nel Patrimonio Unesco dei luoghi dei Longobardi in Italia, istituito nel 2011.
Nel 753 il duca di Brescia Desiderio, futuro re dei Longobardi, e sua moglie Ansa, fondarono la chiesa di San Salvatore per il vicino convento femminile. Ancora oggi San Salvatore e il monastero di Santa Giulia conservano alcuni tra gli esempi più alti di arte altomedioevale, con decorazioni e architetture tipiche dello stile longobardo.
A Castelseprio il passaggio dei longobardi trasformò l’antico castrum romano in un monastero, con la chiesa di Santa Maria foris portas e la basilica di San Giovanni Evangelista. L’area archeologica conserva i ruderi del monastero e dell’antica basilica, mentre la chiesa dedicata alla Vergine conserva alcuni tra gli affreschi più belli dell’Alto Medioevo.
Ferrovia del Bernina
Uno dei percorsi ferroviari più scenografici d’Italia, che collega Tirano, in provincia di Sondrio, a Sankt Moritz in Svizzera. Costruita all’inizio del Novecento, attraversa 61 km a un’altezza massima di 2.253 metri. Grazie alle soluzioni architettoniche pensate per attraversare gole, cascate e ripidissime montagne, la ferrovia del Bernina è diventata famosa in tutto il mondo, frequentata più come esperienza a sé che come mezzo di trasporto.
È la più alta ferrovia ad aderenza naturale delle Alpi, nonché una delle primissime a trazione elettrica. Nel 2008 è entrata nella lista del Patrimonio Unesco insieme alla linea svizzera di Albula, per le ardite trovate ingegneristiche pensate per collegare zone di montagna altrimenti inaccessibili. Oggi queste idee, pensate per raggiungere luoghi isolati, hanno dato al Treno del Bernina la fama di uno dei viaggi su rotaia da fare almeno una volta nella vita.
Monte San Giorgio
A cavallo tra la Svizzera e la Lombardia, Monte San Giorgio è una finestra sul mondo naturale di milioni di anni fa. All’interno delle sue rocce sono state ritrovati più di 20mila reperti fossili tra cui circa 25 specie di rettili, 100 specie di pesci, centinaia di specie di invertebrati, vegetali e microorganismi. Tra i ritrovamenti anche specie rare e uniche del luogo, che fanno di Monte San Giorgio un vero e proprio scrigno di tesori fossili.
La maggior parte dei reperti, scavati sin dal XIX secolo, sono conservati in situ o nei musei dell’istituto di paleontologia dell’Università di Zurigo, al Civico Museo Insubrico di Storia Naturale di Clivio e anche nel Museo di Storia Naturale di Milano. Per gli amanti delle camminate in montagna, è possibile fare una splendida passeggiata nella natura sulle orme dei fossili della lunghezza di circa 13 km, con partenza dal borgo di Meride. Il versante svizzero divenne Patrimonio Unesco nel 2003, mentre il lato italiano ottenne il riconoscimento nel 2010.