“Pace è un album a cui sono particolarmente legato perché rappresenta il mio ingresso nella band e un proseguimento del mio percorso artistico.”
È con questo pensiero che inizia la chiacchierata con Roberto Maccaroni, chitarrista di Fabrizio Moro da tre anni.
Ci racconti del tuo ingresso nella band e del lavoro fatto con l’album Pace?
Io e Fabrizio ci conoscevamo già, perché il mio gruppo “Strani Giorni” apriva i suoi concerti dal 2008.
Tre anni fa lui cercava un chitarrista per completare la band ed io mi proposi: era l’occasione giusta ed io mi sentivo artisticamente pronto per salire su questo treno, che aspettavo da tempo, ed è stato il proseguimento del mio percorso artistico, perché con Fabrizio ci sono molte affinità musicali.
E non solo, condividiamo anche molti sogni e alcuni grandi li abbiamo già realizzati come il palco del PalaLottomatica, l’EuroFestival e lo Stadio Olimpico.
Al mio ingresso mancavano pochi brani per completare l’album, così ho trascorso un mese con lui e il resto della band in una casa sul Lago di Trevignano.
Ho un bellissimo ricordo di quella esperienza, che mi ha fatto venire in mente l’esperienza del viaggio a cavallo di Mogol e Battisti da Milano a Roma. È stato il periodo in cui ci siamo conosciuti davvero, in modo autentico e trascorrendo insieme la quotidianità ci confrontavamo su tutto, durante la corsa della mattina o mentre preparavamo il pranzo, per esempio.
E poi, la sera, prendevamo le chitarre e iniziavamo a suonare e in una delle tante sono nati i brani “Intanto” e “L’essenza”.
Sicuramente uno dei pezzi più forti di questo album, per testo, musica.
“L’essenza”, che racchiude molti concetti, è stata la dimostrazione della facilità di scrittura che ha Fabrizio, infatti è stato composto solamente in 4/5 minuti, così di getto.
Oltre a questa capacità di composizione, Fabrizio è un grande frontman perché tutti sono coinvolti in prima persona nei pezzi che scrive.
Ogni componente della band è stato scelto per la propria esperienza e percorso musicale, ognuno di noi si contraddistingue per il proprio sound e professionalità, modo di suonare e scrivere.
Di questo clima di complicità e collaborazione ne beneficia l’intero gruppo e quindi la produzione e i live; non è più lavoro, inteso come qualcosa di faticoso, ma di piacere, una giostra.
Una complicità che trasmettete durante i live, oltre a quella particolare energia dei gruppi “vecchio stile”.
Sì, ci sentiamo tutti un po’ vintage. Ognuno di noi ha molta esperienza, non solo di vita, professionale alle spalle.
Ho fatto il “classico percorso” dalle cantine ai locali e non è stato un risultato immediato e questo fa apprezzare tutto quello che oggi è arrivato e quando salgo sul palco mi tremano ancora le gambe per l’adrenalina,l’euforia.
È bello perché vuol dire che c’è emozione e gioia perché sto facendo ciò che amo: non va sottovalutato mai questo aspetto, perché fa la differenza nel lavoro e nei rapporti della vita quotidiana.
Inoltre, durante gli anni di gavetta si sperimenta e si modella una propria personalità artistica come dalla scelta di una chitarra piuttosto che di un’altra, per esempio.
Oltre alla collaborazione con Moro, hai anche progetti con la tua band Strani Giorni.
Con Strani Giorni , di cui fanno parte anche Daniele Teodorani, direttore di produzione di Fabrizio, e Patrizio Placidi, abbiamo attivi due album, Un passo avanti e L’invisibile spazio, e un LP.
Oltre a questi, sono pronti dei nuovi pezzi che registreremo il prossimo anno: un progetto in cui la parte autorale è fondamentale.
Non mi sono mai ritenuto un turnista, o solo un chitarrista, ma un cantautore e in Strani Giorni scrivo e dò voce ai testi.
Questo è un “consiglio” che dò ai giovani: sperimentate, fate tanta esperienza, anche di vita, per trovare un proprio stile e imparare a comunicare le emozioni.
Ognuno di noi è unico e questa unicità va fatta uscire.