Sommario di questo articolo:
Giardini segreti e decori liberty, curiosità artistiche e fenicotteri rosa. Il tutto raggiungibile a un passo dalla metropolitana: sapevate che a Milano esiste un luogo così? Ecco il Quadrilatero del silenzio, ovvero una manciata di strade nel cuore della città: lo trovate proprio alle spalle di corso Venezia, all’altezza della fermata Palestro della metrò: via Serbelloni, via Mozart, via Cappuccini, via Vivaio vi sveleranno pian piano tesori e sorprese. Un quartiere che cambia volto e atmosfera in base ai giorni. Se ci andate durante la settimana, pur sentendovi avvolti dalle atmosfere di altri tempi, ci sarà il tran tran quotidiano a riportarvi al presente, tra bambini e ragazzi che tornano da scuola, residenti a passeggio col cane e un via vai di fattorini e auto.
Poi, nel weekend, i ritmi si rilassano anche qui e non stupitevi se, passeggiando per queste strade, qualcuno vi fermerà chiedendo dove trovare i fenicotteri o l’orecchio di Wildt. Non sono stravaganze da turista, esistono davvero e sono due, ma solo due, dei tesori da scoprire nel quadrilatero del silenzio di Milano. Cominciamo il viaggio!
Quadrilatero del Silenzio: come arrivare
Come arrivarci? Il punto di ingresso più scenografico è senza dubbio l’imponente arco del Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto su Corso Venezia. Attraversatelo, lasciandovi alle spalle l’oasi verde dei Giardini Indro Montanelli con il Planetario e il Museo di Storia naturale. Arriverete, di fronte a voi, a una piazzetta circondata da palazzi Liberty. E’ dedicata alla grande attrice Eleonora Duse e ricca di arbusti di rose bianche.
Da qui, basta proseguire verso via Melegari per trovarsi subito davanti a un imponente e stravagante edificio d’angolo. E fare un salto nel passato, tanta è la sua atmosfera gotica. E’ Palazzo Berri-Meregalli (via Cappuccini 8) e in realtà è un esempio della stagione conclusiva del liberty milanese. Fu costruito tra il 1911 e il 1913 su progetto di Giulio Ulisse Arata e quello che colpisce di più è certamente il suo aspetto curioso e bizzarro, con mattoni scuri, decorazioni dorate, fregi e marmette colorate, e un mix di stili e forme degni dell’eclettismo. Potete divertirvi a scovare sulle sue facciate arieti, pesci, cani, leoni e altre strane figure.
E oggi ospita residenze e uffici: cercate di passare di qui durante la settimana, quando la portineria è aperta (tranne che in pausa pranzo): così sarete certi di non perdervi una sbirciatina al suo atrio: vi svelerà altri dettagli fuori le righe, come la Vittoria Alata, opera di Adolfo Wildt.
Palazzo Sola Brusca e l’Orecchio di Wildt
E proprio lo scultore milanese ha lasciato un’altra, curiosissima testimonianza del sua passaggio proprio a due passi da qui: in via Serbelloni 10, nella cosiddetta Casa (o Palazzo) Sola Brusca.
Il palazzo di per sé non avrebbe dettagli di fascino degni di nota come diversi suoi “vicini di casa”. Se non fosse per il citofono. O meglio, quello che un tempo era il citofono, oggi non più funzionante ma sempre in bella mostra di sé per i passanti più attenti. E’ l’orecchio di bronzo, opera degli anni Trenta che porta la firma di Adolfo Wildt e che aveva fatto guadagnare all’edificio il soprannome di Ca’ de l’Oreggia, casa con l’orecchio.
Un viaggio negli anni ’30: Villa Necchi Campiglio
Finito di curiosare e di fotografare questa piccola chicca giratevi a sinistra, perché alla fine della strada, in via Mozart 14, troverete lei, Villa Necchi Campiglio, il più famoso forse tra i gioielli del Quadrilatero del silenzio di Milano, perché da diversi anni è un bene del Fai Fondo Ambiente Italiano, che la gestisce e cura anche le visite. Ma sapete che qui è stato girato anche un film? Villa Necchi Campiglio infatti è stata la location principale di Io sono l’amore, il film del 2009 di Luca Guadagnino, che racconta le vicende dei Recchi, benestante famiglia lombarda, e tra gli interpreti conta Tilda Swinton, Pippo Delbono e Alab Rohrwacher.
Visitarla è un’esperienza assolutamente da non perdere. Vi farà fare un tuffo nella Milano di inizio novecento, tra le mondanità dei salotti borghesi, le partite a tennis, il relax a bordo piscina. Porta la firma del celebre architetto milanese Piero Portaluppi, fu realizzata tra il 1932 e il 1935 su incarico delle sorelle Nedda e Gigina Necchi e di Angelo Campiglio, marito di Gigina, esponenti della borghesia industriale lombarda, e conta su molti dettagli decisamente moderni per l’epoca.
“Grattacieli” e boschi verticali vintage
E lungo via Mozart impossibile non lasciarsi conquistare dalla villa che vi si svela davanti appena attraversata la strada. Villa Zanoletti, oggi Villa Mozart, costruita nel 1926. Cela un magnifico giardino ma noi possiamo ammirare le pareti interamente ricoperte da edera e piante rampicanti che incorniciano le grate in ferro battuto alle finestre. Un vero e proprio giardino in verticale, che anticipò sui tempi gli attualissimi boschi sui grattacieli. Qui accanto gli fa quasi da contrasto un altro palazzo protagonista del Quadrilatero del Silenzio di Milano, Palazzo Fidia. Molti dei suoi dettagli, dai mattoni rosso scuro alle decorazioni, ricordano lo stile eclettico tanto di moda nell’Ottocento. Il palazzo in realtà è più recente, fu costruito infatti tra il 1929 e il 1932 da Aldo Andreani.
E se siete appassionati cinefili, chissà se ve lo ricorderete: proprio qui di fronte Michelangelo Antonioni ambientò alcune scene del suo Cronaca di un amore (del 1959): LA protagonista, interpretata dalla splendida Lucia Bosè, abitava proprio a Palazzo Fidia.
Think pink: i fenicotteri di Villa Invernizzi
Ma il posto che vi farà davvero sentire in un’atmosfera esotica, e un pizzico surreale, è Villa Invernizzi, in via Cappuccini 7. Anche questa è una residenza privata, la dimora di famiglia di Romeo Invernizzi, il “re dei formaggi” nonché padre del celebre formaggino Mio, che negli anni ‘70 (appena prima dell’approvazione delle Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Estinzione), volle circondarsi di questi splendidi e eleganti animali, provenienti da due specie diverse, originarie di Africa e America Latina. E i loro discendenti sono ancora lì, anche perché tutelati dalle volontà testamentarie del patron Invernizzi. La villa purtroppo non è visitabile, ma il gioco fiabesco sta tutto lì, passare davanti al giardino e sbirciare tra inferriate e ricco fogliame, per osservarli mentre si godono il laghetto e il verde intorno, ignari (forse, ma forse neanche un po’) di essere tra le attrazioni più famose di Milano.