Anche l’ottava edizione di Piano City si è conclusa e quello che ha lasciato tra le strade di Milano è l’atmosfera di grande emozione, sia di chi ha ascoltato che degli artisti.
Piano City è una di quelle manifestazioni che dimostra la partecipazione, la voglia della gente di ascoltare musica e non solo quella che si sente ormai ovunque (dalle sale di attesa ai bar), ma quella che, spesso, ha come casa i teatri.
Ma cosa rende Piano City così speciale, oltre alla presenza di grandi artisti, da non importarsene della pioggia e assistere ai concerti?
L’abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti di questa edizione come Dario Faini-Dardust, Remo Anzovino, il Maestro Enrico Intra e Roberta di Mario, incontrati dopo l’esibizione in Piazza Liberty in occasione dell’Apple Music Live del 16 maggio.
Le nostre interviste
Dardust: “Musicista, producer: sono un alieno senza categoria”
Enrico Intra: “Come sempre, manca la partecipazione delle istituzioni”
“È fantastico vedere tante persone che partecipano a questa manifestazione culturale. Immagino un futuro con tanti Piano City”
Remo Anzovino: “Milano ha una naturale propensione verso il futuro”
“La musica non è mai stata così presente come oggi, si sente ovunque, è diventata una “musica liquida”. Questo porta ad ascoltare musica non adatta al luogo, per esempio l’hip hop nei ristoranti”
“Prediligo il punto di vista femminile perchè è sempre più interessante. Ne è un esempio quello rappresentato nel film “Van Gogh. Of wheat fields and clouded skies” per cui ho scritto il brano Vincent”.
Roberta di Mario: “La musica dev’essere libera, come in Piano City”
Musica a Milano
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