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“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile”, amava dire quel Paul Klee (si legge “Klee”) che è protagonista di una bella e coinvolgente mostra al Mudec.
Il Museo delle Culture ospita, infatti, dal 31 ottobre 2018 fino al 3 marzo 2019, un pittore forse sconosciuto ai più, ma che per noi che abbiamo visto la mostra in anteprima, vale la pena conoscere. Anche in virtù del fatto che un’esposizione dedicata interamente a lui manca dal 1986, quando fu Palazzo Reale a organizzarla.
La mostra del Mudec, che non a caso ha come titolo “Paul Klee. Alle origini dell’arte”, è un’ampia selezione delle opere dell’artista svizzero, che affronta il tema del primitivismo con un’originale revisione di questo argomento che, per Klee, include sia opere di epoche preclassiche dell’arte occidentale (come l’Egitto faraonico), ma anche l’arte tardo-antica, paleocristiana e coopta, l’Alto Medioevo, infine l’arte africana, oceanica e amerindiana.
Come ha avuto modo di dire la curatrice Raffaella Resch (che ha curato la mostra insieme a Michele Dantini) in conferenza stampa, Klee è “colui che più di altri si è occupato di mettere insieme gli opposti. Le origini sono infatti una condizione antropologico-culturale dell’artista che permettono di andare a fondo”. E che partono da una domanda che ha animato Klee, che amava viaggiare e che è stato diverse volte anche in Italia: “Come produrre qualcosa di originale e autentico?”.
Cosa vedrete in mostra
100 opere suddivise in 5 sezioni non in ordine cronologico che hanno lo scopo di mostrare come il concetto di primitivismo in Klee assuma connotazioni diverso rispetto a come molti altri hanno considerato l’arte del passato, tra cui per esempio le avanguardie storiche. E per altro questo interesse per tutto ciò che è selvaggio e primitivo nel pittore svizzero nasce proprio in Italia, in coincidenza con il primo viaggio che Klee fece e con la scoperta dell’arte paleocristiana a Roma, tra l’autunno del 1901 e la primavera del 1902. Il cosidetto grand tour, che hanno compiuto altri come Goethe, e che Klee compie in compagnia dell’amico Hermann Heller per 6 mesi. Una pensisola che per lui è fonte di bellezza e continua scoperta.
Se volete saperne di più su questo viaggio e come ha influito sulla sua arte, vi consigliamo, prima di entrare in mostra, di fermarvi a osservare i pannelli di vetro su cui, per esempio, potete leggere che Klee scriveva al padre: “Mi sto innamorando di tutto. In questo Paese”.
Un viaggio, tra Roma (che definisce “un’inesausta narrazione”), Genova (“la città più bella che abbia mai visto in vita mia”), Napoli (“ha il più grande accanto alla più grande miseria”), la Sicilia (in cui tornerà anche nel 1924 e per la quale proverà il mal del Sud) che lo colpirà così profondamente da far sì che si consideri un “epigono”. Ossia un ultimo nato, erede tardivo di una illustre civiltà giunta al tramonto. E questa conclusione non lo abbandonerà mai anche quando, come lui stesso racconta nei suoi Diari, tramuterà questa delusione in “stile”.
In mostra vedrete questo interesse per l’antico, ma anche che il suo omaggio si intreccia spesso con la parodia, quasi una necessità storica e di temperamento. Così come c’è grande interesse da parte di Klee per la caricatura, o ancora per il rinnovamento dell’arte sacra fino a che nel 1911-1912 inizia a disseminare le sue opere di ideogrammi, rune o elementi “alfabetici” di invenzione. Perché questo? Per far sì che l’osservatore possa andare oltre l’opera e si domandi il senso di ciò che vede, in modo da indurlo a leggere e decifrare con attenzione.
Ecco perché con lui il quadro si trasforma in un’opera che si legge a più livelli, quasi una partitura musicale.
Delle varie sezioni, Caricature, Illustratore cosmico, Alfabeti e geroglifiche d’invenzione, il museo etnografico e la stanza dei bambini, Policromie e astrazione, merita un cenno sicuramente la parte dedicata ai bambini in cui si può fare un’esperienza diretta con quel teatro delle marionette che Klee creò per esaudire la richiesta del figlio Felix. L’artista realizzò una cinquantina di pupazzi, di cui gran parte perduti. Lo fece avvalendosi sempre di una parte “primitiva”, ossia della tradizione popolare del teatro nord-europeo, ma anche mettendo nelle marionette il volto di amici e colleghi.
Infine, una parte interessante della mostra è quella dedicata alle video installazioni, dal titolo “Con gli occhi di Paul Klee” che accompagnano le varie opere.
Perché vedere la mostra
Di motivi ce ne sono tanti, ma qui ne riassumiamo tre:
- Perché è spettacolare, verrebbe da dire, e lo è davvero. Immersiva, potente, vi porta in un mondo nuovo e forse sconosciuto oltre a rendere merito a un artista diverso, nel panorama prolifico del primo Novecento.
- Perché in questa esposizione c’è molto della nostra Italia, del nostro Sud, della nostra bellezza quindi vale la pena guardare il nostro Paese con gli occhi di un artista svizzero, nato a Berna, che grazie a un viaggio dalle Alpi alla Sicilia, riuscì a destare la sua dimensione di originalità.
- Perché, per come è organizzata, dà una sensazione di pienezza che non è facile trovare in una mostra. Chi vi scrive ha fatto il giro 2 volte, per la paura di essersi persa qualcosa e per ritornare su alcuni dettagli. E questo, credetemi, non sempre succede. E visto anche il costo del biglietto, non è affatto scontato.
Riassumendo
Paul Klee. Alle origini dell’arte
Dal 31 ottobre 2018 al 3 marzo 2019
Mudec – Museo delle Culture (Metro verde, fermata Porta Genova)
Orari: lunedì 14.30 – 19.30, martedì, venerdì e domenica 9.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30.
Costo del biglietto: 14 euro, 12 il ridotto, 8 euro il martedì per gli universitari e per i bambini dai 6 ai 13 anni, per quelli dai 3 ai 5 anni 4 euro, i minori in omaggio.
Trenitalia, essendo tra gli sponsor, offre la promozione 2×1: chi è in possesso di Cartafreccia e ha un biglietto con cui ha raggiunto Milano fino a 3 giorni precedenti la data in cui vuole andare alla mostra, paga un ingresso intero, ma ha l’omaggio per l’accompagnatore.
Per tutte le altre informazioni: www.mudec.it