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Paolo Fresu a Milano Weekend: “Siamo tra i gruppi jazz più longevi d’Europa”

Paolo Crespi 11 anni fa
Paolo Fresu 2013 (@Manuela Abis)03

Paolo Fresu è di nuovo a Milano con il suo Quintetto, su una ribalta prestigiosa come quella del Blue Note (tre date, 5, 6 e 7 marzo, con doppi concerti in gran parte sold out) che lo ha visto altre volte protagonista. Ora però c’è un motivo di orgoglio in più, perché le date milanesi coincidono con una ricorrenza importante, un trentennale che per inciso è un vero e proprio record nel mondo iperfluido della musica jazz

Trent’anni alla ribalta celebrati con un disco (¡30! ) e un tour. Qual è il segreto di questa incredibile tenuta del Paolo Fresu Quintet?

“In effetti siamo uno dei gruppi più longevi del jazz europeo. Certo, di formazioni nate 30 o più anni fa che ce ne sono anche altre, che continuano a esistere avendo magari sostituito in corso d’opera metà degli elementi. La cosa notevole è che il nostro Quintetto, nato nell’84, non è mai cambiato: dopo trent’anni siamo ancora noi cinque insieme. Il traguardo è anche un po’ la rappresentazione della mia vita professionale, visto io ho iniziato più o meno nell’82 o ‘83 e questo progetto mi ha tenuto per mano lungo l’intero percorso”.

Tu sei molto noto internazionalmente, ti muovi anche da solo, collabori con i grandi ma con questi musicisti hai condiviso tutto. Quando avete capito che poteva diventare un impegno a vita?

“Non l’abbiamo mai veramente ‘capito’, forse non ce lo siamo mai detti e di sicuro non potevamo sperare tanto. Però siamo partiti subito con il piede giusto, con qualcosa che tutti e cinque, a partire da me e da Roberto Cipelli, all’origine del gruppo, volevamo fosse stabile. Di fatto nell’arco di pochissimo tempo eravamo una realtà e non abbiamo mai smesso di crederci”.

Un sardo (Paolo Fresu), un cremonese (Roberto Cipelli), un romano (Ettore Fioravanti), un milanese (Attilio Zanchi), un livornese trapiantato a Bergamo (Tino Tracanna). La logistica dev’essere stata un bel rompicapo…

“Vero, abbiamo avuto un bel coraggio, soprattutto all’inizio, con le strade e le comunicazioni di quegli anni pionieristici. Ma ha vinto il desiderio di fare musica, di contribuire allo sviluppo del jazz, mettendo da parte una fettina di ‘ego’ per costruire insieme qualcosa di più grande”.

In trent’anni avete suonato e prodotto moltissimo, anche discograficamente…

“Sì, facendo i conti ‘¡30!’, appena sfornato da Tǔck music, la mia etichetta, è il nostro venticinquesimo album. Un disco anomalo, come doveva essere, molto corale e democratico, scritto cioè a più mani, con brani di ciascuno di noi, molte sovraincisioni e lavoro in studio. Per me segna anche il ritorno all’elettronica e il risultato sarà, mi auguro, abbastanza spiazzante per mood, sonorità, accenti diversi presenti in un unico lp”.

Milano è una piazza importante, ma cosa ti lega a questa città?

“Ho imparato ad amarla nel tempo. In Italia è una delle città vive, dove accadono delle cose, anche se potrebbero evidentemente accaderne molte di più. Quando sono qui ho sempre mille impegni: un’intervista, un passaggio a ‘Caterpillar’, un seminario, la presentazione di un libro (giovedì pomeriggio sono alla Feltrinelli con il mio conterraneo Salvatore Niffoi per il suo ‘La quinta stagione è l’inferno’), un seminario… Insomma, a Milano non ci si annoia, volendo. Poi ci sono i tanti amici musicisti, come i colleghi del quartetto Devil, la cara amica Ornella (Vanoni)…”.

Quardando avanti, che succede dopo?

“Dal Blue Note di Milano passo direttamente all’omonimo locale di Tokio, dove il 10 mi esibirò con Omar Souza nell’ambito di una tournée asiatica che toccherà Giappone, Corea del Sud e Singapore. Poi girerò con Devil Quartet, ma buona parte delle date saranno consacrate al Quintetto, richiesto in vari festival estivi. Fra i progetti più particolari c’è in preparazione una cosa molto bella con Paolo Rumiz sulla Grande guerra, che coinvolgerà una serie di trombettisti nei vari Paesi teatro delle vicende del primo conflitto mondiale. E per Suoni delle Dolomiti guiderò un trekking musicale che si concluderà con l’esecuzione di una mia nuova partitura per quartetto d’archi, tromba e chitarra”.

In agosto c’è l’imperdibile appuntamento nella tua Berchidda con “Time in jazz”, il festival di cui sei direttore artistico. Cosa bolle in pentola?

“Non posso ancora svelare granché (la conferenza stampa stampa sarà l’8 aprile) ma vi anticipo che dopo la serie dedicata agli elementi, per la 27a edizione della manifestazione itinerante che interessa ormai una ventina di comuni nelle tre province di Olbia-Tempio, Sassari e Nuoro, abbiamo in serbo un tema davvero insolito e un nutrito programma che partirà il 9 agosto nel mio paese natale per concludersi il 17-18 con la due giorni di Time in Sassari. Oltre alla musica, avranno un ruolo importante il cinema e l’arte contemporanea”.