Strizza l’occhio a “Pulp Fiction di Quentin Tarantino e a Fargo di Coen, il nuovo film “Pain & Gain – Muscoli e denaro – in uscita nelle sale italiane il 18 luglio – firmato da Michael Bay, che dopo la trilogia Transformers (e il quarto episodio in arrivo nel 2014) si cimenta con la black comedy.
Miami, anni Novanta, Daniel Lugo (Mark Wahlberg) è un body builder della palestra “Sun Gym”, con altri due disperati Paul Doyle (Dwayne The Rock Johnson) ex galeotto devoto al Signore e il collega Adrian Doorbal (Anthony Mackie), imbottito di steroidi, decide di fondare una associazione criminale.
Daniel crede in due cose: il suo corpo e il sogno americano, quello per cui in America vali se sei un vincente, se possiedi e sfoggi. Il piano di Lugo è chiaro e semplice, al motto “Rendere l’America un posto migliore”, i “Sun Bay Team” così battezzatesi, decidono di sequestrare un facoltoso e losco cliente e con ogni tipo di violenza e sevizie, indurre la vittima a firmare della documentazione al fine di impossessarsi dell’intera sua proprietà.
Ma qualcosa va storto, la vittima in questione è un “osso duro” in tutti i sensi, sopravvissuto ai culturisti decide di affidarsi ad un abile poliziotto in pensione Ed Harris, ovvero la proverbiale saggezza dell’esperto ufficiale della legge che trionfa sulla mediocrità dei criminali.
In una escalation di bramosia per “la bella vita” e di violenza che porterà il gruppo anche a macchiarsi di delitti, Bay gioca con toni grotteschi, quasi surreali, al limite del trash. Daniel, insieme ai suoi compari, si trova a perdere ogni contatto con la realtà, come dei fantocci totalmente assorbiti dalla loro idiozia, ignoranza e dal loro mondo che per calmarsi nelle situazioni più scabrose, oltre a improbabili soluzioni ed esilaranti litigi, necessitano di esercizi ginnici per ridurre l’adrenalina.
Ispirato a una storia realmente accaduta raccontata in una serie di articoli dal giornalista investigativo Pete Collins, il merito di Bay è quello di aver portato sul grande schermo personaggi fortemente caratterizzati, ponendo l’accento – più che sull’action movie – su assurde macchiette, ridicolizzando in questo modo quell’inutile e pomposo “sogno americano” che tanto perseguita il protagonista, il tutto affidandosi a effetti in soggettiva e a un serrato ritmo narrativo e scenico, tratto distintivo del suo stile cinematografico.