Nick the Nightfly ci presenta il suo ultimo disco “Be yourSelf”, in rotazione radiofonica con il singolo omonimo dal 30 novembre.
“Be YourSelf” contiene 12 brani più due bonus tracks, tutti scritti e prodotti dallo stesso Nick The Nightfly, in cui figurano importanti collaborazioni tra cui gli Incognito, Fabrizio Bosso e Paula Morelenbaum.
«La scrittura di “Be YourSelf” è stata un percorso lungo, pieno di soddisfazioni musicali, di amicizia, di viaggi, di hotels, di voli, di club, città diverse, festival e tanta bella gente – dichiara Nick The Nightfly in merito all’album – Mi sembra di avere scritto un vero e proprio viaggio musicale che parte dall’Italia passando per Parigi, per il Brasile, per New York e Chicago fino ad arrivare alla mia terra natale, la Scozia, per poi tornare alla mia amata Italia».
La nostra intervista a Nick the Nightfly
Ci racconti di questo nuovo album?
Come nasce un brano quando vede la collaborazione di diversi artisti? Un esempio è Winds of Change a cui hanno partecipato Bluey Maunick e Francisco Sales degli Incognito, Francis Hylton e Francesco Mendolia, anche loro membri del gruppo e dei River Thames Soul.
Per quanto riguarda Bluey Maunick, era da tanti anni che desiderano fare un brano con lui.
Siamo molto amici, ma non c’è mai stato il momento giusto e quando ha ascoltato questo pezzo, mi ha detto: “È nelle corde degli Incognito”.
Ed ecco che nasce la collaborazione con lui.
Il pezzo è stato registrato in uno studio a Milano, in occasione di un loro live al Blue Note: prima le chitarre con Francisco Sales, successivamente le coriste Vanessa Haynes, Tony Momrelle e Katie Leone.
È stata una grande emozione sentirle cantare sia “Winds of Change” che “Paris”, quest’ultima con Nicola Conte.
Le collaborazioni nascono spontaneamente, non c’è nulla di programmato: quando scrivi ti passa per la mente “ah, qui ci starebbe bene un assolo di Fabrizio Bosso”.
Così ti metti in contatto con gli artisti, proprio come ho fatto con Fabrizio Bosso.
Non aveva mai ascoltato i pezzi e da subito sono stati i “suoi”, come se fosse sempre stato parte del pezzo: è un grande musicista con la capacità di suonare tanti stili diversi.
C’è un pezzo a cui sei particolarmente legato di “Be yourself”?
Sì, è Old Friends.
Un brano che ho scritto dopo un incontro con un vecchio amico che non vedevo da 25 anni. Mi sono reso conto che il tempo passa ma l’amicizia vera non muore mai. Infatti, nel testo canto la frase diverse volte “Old friends should never die”!
Gli amici, quelli veri, il primo gruppo, con cui ho condiviso il sogno di voler fare il cantante.
È stato molto forte, emozionante, rivederli dopo tanti anni e provare la stessa sintonia di molto tempo fa.
Dalla Scozia a Milano: è andato tutto come volevi?
È andata molto meglio!
Non potevo immaginare di arrivare in Italia e di fare un programma radiofonico di successo con Radio Monte Carlo.
È cominciato circa trent’anni fa.
Come potevo immaginare di stare qui e parlare con te del mio nuovo disco, scritto, registrato con la collaborazione di artisti nazionali e internazionali?
Non potevo mai immaginare tutto questo, perciò ti dico che è andato tutto oltre i miei sogni.
Sono felicissimo di questo mio viaggio.
Cosa ascoltavi da piccolo? E cosa ascolti oggi?
Ho un ricordo di mia mamma che cantava il rock’n’ roll americano come Elvis Presley, molto famoso in Gran Bretagna, oppure Eddie Cochran.
Poi ci sono stati i super artisti del jazz come Taylor, Davis, Coltrane.
In questi anni, lavorando con la musica e la radio, ho ascoltato tanti brani, molto importanti: da Stravinsky a Pino Daniele e Lucio Dalla.
Tra i miei preferiti c’è sicuramente “Quando” di Pino Daniele, “Vita” di Lucio Dalla e “Tutto quello che un uomo” di Sergio Cammariere.
Come descriveresti la musica jazz?
Il jazz è la vita e come viverla tutti i giorni: improvvisare, essere spontanei.
È un contenitore di creatività e quando ci entri è un mondo straordinario, anche se a volte, è difficile farne parte: capire il jazz e dove vogliano andare i musicisti che lo fanno.
È sempre in evoluzione: i musicisti inventano musica jazz, usando delle strutture che usano altri generi, magari con accordi un po’ più complessi rispetto alla musica pop.
Il jazz è molto aperto sia come sonorità che come ricerca degli accordi, melodia.
Come ti immaginavi questo mondo della musica? È cambiato rispetto agli inizi?
Il mondo della musica cambia sempre, è sempre un’evoluzione, in tutti i sensi: da come l’ascoltiamo a come la scriviamo.
Gli stili stessi cambiano: il jazz degli anni ’40 è diverso da quello di oggi perché è cambiata la condizione della gente.
E la musica continuerà sempre a cambiare perché i musicisti devono rappresentare i tempi che stanno vivendo, non il passato perché è già stato fatto.
Per quello che gli artisti di oggi devono spingere in un’altra direzione, mantenendo le radici, certo, ma cercando e creando nuove sonorità.
Quanto è rimasto di autentico nella musica di oggi?
Dipende un po’ dai generi.
Per esempio, il pop nasce in modo autentico, ma per interessi commerciali viene “snaturato” perché le canzoni devono essere in un certo modo.
Quando un brano ha un certo successo, noti che quelle che arrivano dopo sono molto simili, dal sound alle frasi.
Alcune produzioni sono interessanti, magari c’è un po’ meno ricerca nella musica moderna.
Forse, si lascia poco spazio alla creatività artistica, un po’ troppo indirizzata per altri interessi.
Una lunga collaborazione con Radio Monte Carlo, quasi trent’anni ormai. A cosa pensi quando entri in quella sala? Ed è cambiato il tuo modo di fare radio?
Entro con il pensiero di fare bella musica, di far ascoltare bella musica e far emozionare chi ascolta con le canzoni che seleziono.
Rispetto agli inizi, l’unica cosa che è cambiata è che oggi è tutto digitalizzato.
Prima c’erano dischi dappertutto ed erano curati nel dettaglio.
Come ho fatto con il mio nuovo album: ho curato la copertina, ho creato un libretto, scritto un mio pensiero e testi, ho inserito foto con amici.
In particolare, un pensiero: If you think, you can.
Spesso siamo assaliti dai dubbi, pensiamo che sono siamo bravi abbastanza, ma basta semplicemente dare il meglio di sé, ogni volta.
Il disco è un oggetto, è qualcosa che puoi avere tra le mani e riesci a sentire quelle sfumature degli strumenti che una chiavetta usb non permette di percepire.
Oggi è raro che vedi dischi in studio perché è tutto computerizzato.
Per il resto, non è cambiato nulla, il mio modo di fare è sempre lo stesso, far compagnia alle persone con la bella musica.
Perché, in fondo, la radio è questo: far compagnia, specialmente di notte, un modo per essere connessi con il mondo e con le persone che sono lontane.
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