Ridley Scott, il mastino di Hollywood, tenta una grande impresa, quella di portare su schermo le gesta di uno dei personaggi più importanti dell’Europa moderna: Napoleone Bonaparte. Prima di lui in pochi si sono cimentati in un’opera che prendesse in esame tutta la vita dell’imperatore dei francesi. Persino Stanley Kubrick si era arenato nel progetto, mai portato a compimento a causa della sua scomparsa.
Scott prende il coraggio a due mani e con l’aiuto di Joaquin Phoenix porta sullo schermo dal 23 novembre 2023 Napoleon. Con risultati traballanti.
Nessuna epicità per il Napoleone di Scott
Ultimamente il pubblico, forse perché disabituato a mantenere l’attenzione su qualcosa per più di 5 minuti, si lamenta a gran voce della durata eccessiva dei film in sala. Ma se le monumentali 3 ore e 40 minuti di Oppenheimer e le altrettante di Killers of the Flower Moon scorrono senza quasi farsi sentire, le più ridotte due ore e mezza di Napoleon sono un vero e proprio stillicidio.
Cardine del racconto è il rapporto tra Napoleone e Giuseppina (una Vanessa Kirby per la quale già si parla di Oscar), in un rapporto di ricerca e fuga, di tradimenti e dovere di Stato. La figura dell’imperatrice è sfaccettata, passando dalla donna lasciva e fedifraga dei primi anni di matrimonio all’amica e consigliera fidata nel periodo dopo il divorzio, con uno scambio epistolare che segue le imprese dell’imperatore per l’Europa.
Nonostante ciò, alcuni momenti del rapporto tra i due risultano incomprensibili, passando da scene d’amore e complicità a scontri e cattiverie che spiazzano lo spettatore, portato a chiedersi se si è perso dei pezzi per strada. Se in una scena i due scherzano sotto al tavolo come adolescenti, in quella immediatamente successiva si insultano davanti ai commensali tirandosi il cibo (!). Forse ci dirà di più la Director’s Cut, prevista in uscita entro fine anno su Apple TV+.
Del condottiero corso, oltre alle faccende di letto, interessa anche la vita politica e militare, dall’ascesa come generale al colpo di Stato del 18 brumaio. A ricordarci che stiamo parlando pur sempre dell’uomo che fece tremare l’Europa sono le scene di battaglia. Austerlitz e Waterloo sono messe in scena con maestria, perché va bene tutto, ma parliamo pur sempre di Ridley Scott.
A non convincere è la mancanza di epicità del racconto, attesa da tutti i fan del regista de Il Gladiatore. Qui i momenti di vera tensione sono pochi, Joaquin Phoenix è un Napoleone stanco e svogliato, che non trasmette mai il senso di grandiosità e la buona dose di megalomania del personaggio. Senza parlare del fatto che, pur comprendendo un arco narrativo che va dal 1793 al 1821, Bonaparte è un cinquantenne bolso e narcolettico anche a vent’anni.
L’impressione generale è quella di un film incerto e pasticciato, che non cattura per la messa in scena e non appassiona per le vicende umane. Si è cercato di restituire le luci e le ombre di Napoleone con superficialità, senza mai approfondire davvero né l’uomo né l’imperatore.
I personaggi comprimari sono trasparenti, Wellington una macchietta dell’inglese snob, la seconda moglie Maria Luisa d’Austria poco più di una comparsa. Lo spettatore si vede passare davanti una sfilata di personaggi che non vengono mai approfonditi, ma solo tratteggiati. L’unica che si salva, almeno in parte, da questo grigiume (coadiuvato da una fotografia maniacalmente innamorata delle 5 del mattino), è la Giuseppina di Vanessa Kirby, che tiene il film fuori dal fango di una nuova Waterloo cinematografica.
Errori storici? Da questa parte
Chi è appassionato di storia sa bene che Hollywood raramente restituisce soddisfazione in questo ambito. Da Braveheart al Gladiatore, il blockbuster in costume non punta certo sull’aderenza ai fatti. Ma c’è modo e modo.
Se la realtà storica viene piegata per regalarci un film memorabile dal punto di vista della recitazione, della regia e della sceneggiatura, allora possiamo passare anche sopra lo Ius Primae Noctis o l’inferno citato da Decimo Massimo Meridio.
In Napoleon però gli errori non servono a rendere più avvincente la trama o a donare drammaticità a una scena. Sono solo errori. Al lancio del film in molti si sono scagliati contro la scelta di inserire Napoleone tra la folla all’esecuzione di Maria Antonietta, portata alla ghigliottina su un carretto, mentre è vestita con i suoi abiti e porta una parrucca bianca.
Se inserire il protagonista durante un momento così importante della storia politica del suo paese, evita spiegoni sull’impatto che ebbe nella sua vita, quella di non togliere la parrucca alla regina e mostrare il boia che si arrabatta con i capelli lunghi per liberarle il collo è una scelta che ha dell’inspiegabile.
Così come ha dell’assurdo la scena della Battaglia delle Piramidi durante la Campagna d’Egitto. I due eserciti sono schierati uno di fronte all’altro ad armi spianate. Napoleone fa puntare i cannoni… che sparano contro la Grande Piramide. Sebbene si volesse puntare sulla spettacolarità del gesto, oltre a non avere senso dal punto di vista tattico, va contro tutta la fascinazione che Napoleone ebbe per l’Egitto e per la sua storia millenaria, tanto da portare con sé un gruppo di 150 studiosi tra archeologi e scienziati.
Quando si guarda un film storico non bisogna aspettarsi un documentario, ma alcune scelte estetiche e di sceneggiatura non danno nulla in più alla trama o all’impatto visivo della pellicola, come le Converse di Marie Antoniette, ma ammantano il tutto di superficialità, come le balestre ne Il Gladiatore.