Com’è nata la tua passione per la musica, e in particolare per il tuo strumento, il pianoforte?
Quand’ero piccola mio padre ne comprò uno per arredare il salotto e io, come tutti i bambini, ero irresistibilmente attratta dalla possibilità di schiacciare a caso quei tasti bianchi e neri e ottenere in cambio dei suoni, più o meno gradevoli. In quel momento il babbo pensò che potessi diventare una specie di Mozart in gonnella – cosa che ovviamente non si è verificata – e così iscrisse me e mio fratello alla Civica scuola di musica, dove cominciammo a suonare, lui il violino e io il pianoforte.
Studi regolari, dunque…
Tutto il percorso. Ai tempi la Civica non era parificata, quindi eravamo costretti a sostenere gli esami anche in Conservatorio, fino al giorno del diploma. Una sfacchinata, perché parallelamente studiavo ragioneria, indirizzo che, a prescindere dalle ambizioni artistiche, non mi piaceva affatto… Dopo il diploma al Conservatorio di Brescia, per trent’anni ho insegnato pianoforte ai bambini, privatamente e nelle scuole. Poi a un certo punto la mia prospettiva è cambiata: non mi bastava più il rapporto uno a uno, sentivo il bisogno di portare la musica a tutti. Un po’ come se mi avesse “scelta” per portarla in giro, ovunque, all’aperto e non, ma sempre al di fuori dei circuiti e degli spazi tradizionali, restituendo un po’ della fortuna che avevo avuto io e, attraverso di me, i miei figli. Avendo un carattere socievole, aperto, mi sono sentita quasi in dovere di fare questa cosa. Così nel 2019, a cinquant’anni… suonati, mi sono lanciata nell’avventura di Musica nell’Aria.
Come sono stati gli esordi?
Entusiasmanti. Ho cominciato dal Parco Sempione e dal Parco Nord, programmando eventi di successo anche in orari impensabili, per esempio all’alba. Sempre da sola, come organizzatrice, ma con accanto un team di musicisti meravigliosi in grado di esibirsi in ogni tipo di situazione, spesso molto sfidante: suonare fuori dai teatri è già di per sé difficile, ma loro sono maestri dell’adattamento: alle temperature fredde o calde, ai rumori ambientali, ai bambini, ai cani… insomma se la cavano sempre, assecondandomi nelle mie imprese spericolate. È grazie a loro se ho potuto permettermi di andare oltre, di osare ogni volta di più.
Qualche esempio?
Con Musica nell’Aria siamo entrati a più riprese, con le debite autorizzazioni, nel carcere di San Vittore (dove i detenuti ora assistono numerosi e ci tempestano di domande), poi nei reparti psichiatrici degli ospedali, nelle case popolari, nelle scuole pubbliche e ovunque valga la pena di affrontare qualche difficoltà per raggiungere l’obiettivo di condividere la gioia e la bellezza della musica: classica, com’è nella mia formazione, ma non solo. Durante il Covid, essendoci preclusa la possibilità di lavorare negli ambienti chiusi, mi è venuta l’idea dei concertini sui pianerottoli. Ci chiamavano in molti e noi eravamo pronti a esaudire le richieste: una volta raggiunto l’indirizzo del committente, ci sistemavamo fuori dalla porta, con un bel tappeto rosso al posto del palco. Aprendo la porta, il padrone di casa si trovava davanti i musicisti di turno (tra cui spesso la bravissima violoncellista Yuriko Mikami) con gli strumenti che aveva scelto fra quelli portatili: dall’arpa al violino, dalla tromba alla fisarmonica o alla chitarra. Quel periodo è stato fonte di ispirazione ed emozioni fortissime, che si rinnovano, archiviata la pandemia, in qualche occasione speciale in cui viene reclamata la nostra presenza a domicilio.
Come trovi i tuoi musicisti particolari?
Alcuni sono miei vecchi amici e colleghi di studio, ci frequentiamo da quando eravamo ragazzi. Per citare un collaboratore “storico”, il contrabbassista, compositore e docente Luca Garlaschelli. Altri invece li incontro oggi per la prima volta. Spesso sono giovani studenti di conservatorio: tramite il sito mi inviano mail con allegati video, da cui inizio a capire come suonano, se sono bravi e attenti al contesto. E poi li sento a voce, per telefono, prima di conoscerli personalmente. Perché ciò che conta nel progetto di Musica nell’Aria è anche saper affrontare un pubblico come il mio, che talvolta è inesperto, ha bisogno di spiegazioni: con noi non c’è quasi mai solo il concerto fine a se stesso.
Qual è la cosa più strana o clamorosa che hai organizzato?
L’evento più particolare ed emozionante, finora, è stato varcare le soglie degli Spedali Civili di Brescia, quando mi hanno chiesto di suonare in un reparto di terapia intensiva. Con un flautista molto bravo siamo entrati con camice e copriscarpe nel reparto soffermandoci davanti ai letti dei pazienti. Qualcuno era in grado di reagire alla musica e questa, devo dire, è stata l’esperienza più intensa e potente che mi sia mai accaduta.
Chi assiste in genere a un concerto di Musica nell’Aria è un pubblico particolare?
Il più delle volte, come dicevo, è un pubblico di non addetti ai lavori, ma molto curioso, disponibile a farsi coinvolgere. Lo specifico di Musica Nell’Aria è di non mantenere le distanze: siamo sempre vicini agli spettatori, io mi siedo in mezzo a loro, se vogliono possono farci domande. E c’è un coinvolgimento anche fisico, a volte balliamo o cantiamo durante le esibizioni. Il segreto è guardarsi intorno (io giro tantissimo in motorino o in bicicletta) per trovare sempre nuovi spunti e situazioni da inventare.
A Milano ti muovi generalmente in luoghi non convenzionali, con iniziative sorprendenti, a volte in orari antelucani. C’è qualcosa che la città potrebbe fare per favorire processi come quelli che hai innescato?
Milano mi ha aperto molto porte e di questo sono molto grata alla mia città. Quando ho iniziato, già otto anni fa, prima di strutturarmi, presso gli amici di Locanda alla Mano, ero una dei pochi a muovermi fuori dai circuiti ufficiali, mentre oggi sono tantissime le iniziative all’aperto. Ci sono ancora ostacoli di tipo burocratico che mi impediscono di attivarmi come vorrei, ma questo, più che di Milano, è un problema dell’Italia in generale…
Quali sono i prossimi appuntamenti, da qui a Natale, che vuoi segnalare a Milanoweekend?
Il 30 novembre ne ho uno grande, importante, perché la scrittrice Daria Bignardi ha accolto il mio invito di venire a Mare Culturale Urbano – che in questi anni è diventata un po’ la mia seconda casa – a parlare del suo ultimo libro, Ogni prigione è un’isola (Mondadori), accompagnata dalla nostra musica. Come me, anche Daria è volontaria a San Vittore e da qui è nata l’idea di questa presentazione insieme. Il giorno dopo, l’1 dicembre, ci sarà un concerto al buio all’Oxygen (Parco Nord), mentre il 15 animeremo lo Scirocco, in zona Santa Giulia, con il coro Zenzero. A seguire avremo un concerto natalizio di cornamuse al Parco Sempione durante la Fiera degli Oh bej! Oh bei! E a gennaio, per il Giorno della Memoria, un’altra sorpresa. Con un po’ di anticipo, sul sito, ne saprete di più…
Info: musicanell’aria.it