Sono appena tornato dal Qatar, per l’esattezza da Doha. Per essere ancora più preciso da Lusail, dove si è svolta la prima tappa della stagione del Motomondiale. Nella mia duplice veste di giornalista e di coach, vi accompagnerò su Milano Weekend alla scoperta delle emozioni e delle attitudini che questo stupendo mondo della velocità ci svela. Lo farò attraverso racconti di cronaca sportiva e alcuni retroscena che personalmente vivo dietro le quinte, nella rutilante vita da paddock.
In questa occasione voglio puntare l’attenzione sulla categoria di Moto3, perché è lì che si scoprono talenti e si forgiano i campioni. Dove la storia, in molti casi, è ancora da scrivere. Abbiamo a che fare con ragazzini spesso ancora minorenni, talvolta spregiudicati altre volte inconsapevoli, ma raramente spaventati (almeno all’apparenza).
Qui a Doha, su motociclette che in tutto pesano non più di 83 chili, si lanciano – incuranti del rischio – a quasi 250 chilometri orari sul rettilineo dei box, facendo curve che esasperano le leggi della fisica. Accidenti verrebbe da dire… con quelle ruote così piccole?
30 moto in un Rave Party
Già, ma non è finita qui: per rendere tutto più aggressivo i piloti ricercano la scia per guadagnare qualche chilometro all’ora in più e sopravanzare i diretti concorrenti. Il problema è che lo pensano tutti e nei primi giri ci sono quasi 30 ragazzi ribelli che si sfidano senza remore. In fondo a quel rettilineo, quello dei 250 all’ora, ci sono 30 moto in uno spazio ridicolo e bisogna pur frenare perché la curva 1 è tosta. E lì inizia il valzer: una danza fatta di moto di traverso, che saltellano, si sfiorano, talvolta si “sportellano” e via con il liscio (appunto). Anche se appare più un Rave Party.
Quando ho la possibilità vado in griglia di partenza, dove pochi istanti prima che si scateni l’inferno, mi piace osservare quei volti tesi, concentrati, che ripensano alle sensazioni vissute il venerdì e il sabato durante le varie sessioni di prove. Immaginano le ipotetiche manovre da mettere in atto per creare le condizioni migliori per sopravanzare gli avversari.
Nella maggior parte dei casi rimangono ipotesi, perché sono tante, spesso troppe, le variabili da calcolare e allora ecco l’istinto che ancora una volta viene chiamato in causa e la fortuna, aiutante dell’audace, che deve rispondere: presente! Si potrebbero citare diversi rider che incarnano perfettamente questo atteggiamento adrenalinico e cavalleresco (senza macchia e senza paura), ma in questa gara credo sia interessante analizzare le vicende di uno di loro in particolare: Andrea Migno.
Il pilota 23enne (ormai esperto!) appartenente all’academy di Valentino Rossi (VR46 Riders Academy) si è trovato nelle medesime condizioni di molti suoi colleghi ma, più specificatamente, arrivava da due ottimi giorni di prove che per lui identificavano il primo passo per coronare il percorso di rivincita posto in essere durante la preparazione invernale (voleva buttarsi alle spalle un’annata un po’ deludente).
Che la Fata della Fortuna non fosse particolarmente attenta lo si era visto nell’ultimo giro (meglio nell’ultima curva) delle prove ufficiali, quando un pilota che andava a rilento (poiché aveva già fatto il suo giro lanciato), gli ha tagliato la strada obbligandolo a modificare la sua traiettoria, facendolo passare per qualche cm sulla striscia verde che delimita il circuito.
Il regolamento prevede che il tempo sia da cancellare!
“Si va bene, ma era il quarto tempo! Partenza dalla seconda fila, non so se mi spiego, cosa avrei dovuto fare? Investire l’altro pilota?” “Ci dispiace” rispondono in direzione gara “Capiamo le tue ragioni, ma se vai sul verde il tempo è da annullare” Quindi vale il tempo precedente: diciassettesimo. “Ah! Allora entrerò in gara ancor più determinato”. Hai capito il Migno da Saludecio?! Bravo!
Anche la domenica però la fata di cui sopra è in ferie. Partito dalla lontanissima sesta fila, alla staccata si trova già a ridosso dei primi. Poi alla seconda curva, il buon Andrea decide di stare esterno e il parapiglia al suo interno lo obbliga ad allargare abbondantemente la traiettoria e viene sfilato dal gruppone. Risultato: penultimo.
Vi trasmetto questa fredda cronaca, che ha visto come protagonista il pilota della Bester Capital Dubai, perché nelle “corse delle moto” vi sono un’infinità di analogie, metafore e allegorie che richiamano la vita di tutti i giorni.
Rimettersi in sesto: una lezione di vita
Arriviamo da un’esperienza complicata, ci rimettiamo in sesto, ci rigiochiamo le nostre carte, e alla prima partita, quella importante, nulla va come è logico che debba andare. Anzi… quante volte vi è accaduto? Già proprio così. Anche io ho vissuto situazioni simili, certo non a cavallo di un bolide, ma l’esperienza era identica. Forse è per questo che l’ho vissuta così visceralmente.
Ritornando alla gara: è in questi momenti complicati che oltre al pilota si può misurare l’Uomo. E Andrea cosa fa? Per l’intera durata della gara non molla, recupera posizioni e si mette all’inseguimento del gruppo di testa. Come sempre accade, soprattutto in un circuito come quello del Qatar che ha un rettilineo lungo come la pista di atterraggio di voli intercontinentali, è difficile ricucire lo strappo e si finisce con lo scollarsi definitivamente dai primi, perché non puoi godere dello straordinario vantaggio della scia.
Che frustrazione! Ma Andrea è un professionista: fino all’ultima tornata lotta, gira con un ritmo da primo della classe, e rimane sempre a due secondi scarsi dal plotone che comanda la gara. Due secondi impossibili da colmare.
Questo vuol dire che da solo, gira con gli stessi tempi di quelli davanti.
Questo vuol dire che se la poteva giocare.
Questo vuol dire che il rider c’è ed è forte.
Questo vuol dire che se fosse partito quarto… e non fosse stato buttato fuori traiettoria …
Ecco, su questa mia ultima affermazione, mentre ci confrontiamo in un fine gara denso di delusione, Andrea mi ferma e con il suo sguardo sempre onesto (che sa di buono anche quando è furente) mi sussurra : “Tutto giusto quello che mi dici rispetto alla mia determinazione, ma ‘sul verde’ e ‘fuori traiettoria’ ci sono andato io. Probabilmente ho avuto la grande possibilità, anche grazie al mio team, di reagire al meglio ad un momento complicato della mia carriera, ma se voglio togliermi delle belle soddisfazioni, devo curare i dettagli e ‘verde e traiettoria’ quello sono: dettagli”.
Eccolo qui l’Uomo! Non so voi, ma io molte volte, in situazioni simili, non ho avuto la stessa lucidità di analisi, nemmeno l’umiltà dell’ammissione e ancor meno la forza della reazione determinata.
Bravo Andrea e grazie di cuore a te e ai tuoi colleghi. Se avessimo il coraggio di osservarvi sotto quel casco e quell’armatura che chiamate tuta, vedremmo mirabolanti traiettorie di vita che tanto assomigliano a ciò che ci regalate la domenica, ma sarebbero più profonde e genererebbero in noi stimoli incredibili. Ci si rivede in Argentina, perché siamo davvero curiosi di vedere cosa ti inventi e cosa ci regali. A presto e saluta tutti gli altri… quelli matti!
Stefano Pigolotti è mental coach del team “Bester Capital Dubai” nel circuito Motomondiale Moto3