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La grande arte di essere felici. Quella dei milanesi. Lo pensava appassionatamente Stendhal, che con Milano aveva un legame speciale, tanto da scriverlo nel 1817 anche in Roma, Napoli e Firenze, la prima opera in cui Marie-Henri Beyle, nato a Grenoble nel 1783, si firmò con lo pseudonimo con cui lo conosciamo.
Di Milano lui, arrivato dalla Francia, ammirava il saper vivere e la bellezza: quella architettonica, quella dell’arte e quella delle donne. Lo racconta molto bene una mostra in corso alla Biblioteca Sormani fino al 31 ottobre e che porta proprio il titolo La grande arte di essere felici: l’abbiamo visitata e ve la consigliamo. Non solo se siete appassionati dello scrittore de La Certosa di Parma: troverete prime edizioni, manoscritti, volumi fitti di annotazioni scritte di suo pugno. Ma anche per immergervi nella Milano di inizio ‘800 e per ammirare alcuni dei molti tesori custoditi dalla Biblioteca e dai musei cittadini, dai libretti d’opera della Scala ai dipinti d’epoca.
Il luogo non è casuale: la Biblioteca Sormani ospita il Centro Stendhaliano, con due importanti raccolte legate allo scrittore francese: il Fondo Stendhaliano Bucci e la Raccolta Stendhaliana Pincherle. Da qui è partito un meticoloso e appassionato lavoro di ricerca per raccontare il legame speciale che lo univa alla nostra città. Ma per raccontarvelo partiamo da Civitavecchia.
Il 6 febbraio 1831 il re Luigi Filippo nomina infatti Marie-Henri Beyle console di Francia a Civitavecchia, carica che mantenne fino alla morte, arrivata all’improvviso il 23 marzo 1842 durante una licenza a Parigi. I suoi averi lasciati in Italia andarono all’amico antiquario Donato Bucci. I libri, soprattutto, tantissimi e tutti personalizzati da Stendhal, che non perdeva occasione di annotare i suoi pensieri, spesso anche in maniera criptata. E’ anche grazie a queste postille che oggi possiamo conoscere il suo amore per Milano e ricostruire gli sprazzi di vita vissuta dello scrittore nel mondo meneghino di inizio 800.
Sono proprio le sue due librerie di legno piene zeppe di volumi ad accoglierci entrando a visitare la mostra, insieme al ritratto a olio a opera di Jean-Louis Ducis, al suo bastone da passeggio e oggetti di cancelleria.
Napoleone
Poi, si entra a Milano con le truppe napoleoniche. Stendhal infatti arrivò due volte in città. La prima al seguito dei francesi nel 1800, la seconda nel 1814, quando la elesse a sua residenza principale fino al 1821. Sono quelli gli anni delle passeggiate – amava i cortili e i selciati -, dell’amore per la Scala, delle amicizie con letterati e carbonari e degli amori.
Le passeggiate
Cambiava spesso residenza Stendhal. Incontrava amici e letterati. Scopriva Milano insieme alle sue muse-amanti. E scriveva e annotava e proprio grazie al lavoro di studio e ricerca della Biblioteca Sormani oggi possiamo fermarci qui, davanti a una mappa: illustra i luoghi della Milano di Stendhal, da Largo Corsia dei Servi a Piazza della Scala, da Palazzo Reale a via Festa del Perdono. Gli appassionati possono provare a ripercorrerli. Noi intanto li ammiriamo nei quadri appesi alle pareti. Perché la bellezza di questa mostra è anche quella di farci riscoprire Milano.
E’ stato un lavoro lungo e meticoloso quello del Centro Stendhaliano: dagli immensi archivi della biblioteca sono emersi frammenti di vita della Milano dell’800 insieme ai diari e ai racconti di Stendhal. E da musei e fondazioni cittadine sono arrivate vedute, ritratti, dipinti.
Le donne
Sono due le donne milanesi che rubarono il cuore a Stendhal e salendo lo scalone d’onore della Biblioteca Sormani le incontriamo, una di fronte all’altra. Angela Pietragua fu anche la persona che gli fece conoscere la pittura italiana. Mentre quella per Matilde Dembosky fu una passione non corrisposta che però porto l’ispirazione per L’Amour, il trattato sull’amore scritto nel 1822.
La musica
Stendhal ci lascia alla fine della visita con un’altra delle sue grandi passioni: il Teatro alla Scala. Non perdeva una rappresentazione, la mattina andava a teatro per comprare il libretto, immaginandosi le arie che avrebbe ascoltato poi la sera.
Lo scrittore lasciò Milano nel 1821. Ma l’amore per la città lo accompagnò per tutta la vita. Tanto che sulla sua lapide, a Parigi, c’è scritto così: Arrigo Beyle, milanese.
La grande arte di essere felici
Biblioteca Sormani
Scalone monumentale della Sala del Grechetto – Via Francesco Sforza 7
Fino al 30 ottobre
Per ulteriori informazioni: www.facebook.com/sormanimostre/