Milano è una città che vanta una popolazione estremamente variegata, che nel tempo ha portato nella metropoli le tradizioni delle proprie zone d’origine, dalla Puglia alla Sicilia fino a una insospettabile regione del centro-sud italiano, tanto piccola da essere considerata “inesistente”, ma che a Milano conta su una comunità molto radicata. Parliamo del Molise.
Incastrata tra Campania, Puglia e Abruzzo, il Molise è una terra tutta da scoprire, a partire dalla bellezza del suo territorio, che dalle dolci colline coltivate a vigneti sfuma nell’Adriatico, dove si affacciano città dalla storia millenaria. Come ogni regione italiana che si rispetti, anche il Molise ha una forte vocazione enogastronomica, fatta di piatti derivati dalla tradizione contadina delle campagne, pescato dei trabucchi della costa, formaggi e insaccati conosciuti in tutto il mondo, oltre a vini e olii di altissimo livello. Ma andiamo con ordine.
Il Molise in quattro borghi
Visitare il Molise significa innanzitutto vivere una regione autentica, dove il turismo di massa non si è appropriato dell’intimità del territorio e dove il tempo scorre al ritmo della storia, in mezzo a stretti vicoli e imponenti chiese medioevali.
Proprio per preservare e valorizzare l’autenticità dei luoghi il POR FESR-FSE Molise 2014-2020 ha creato il progetto Autentici Percorsi, un vero e proprio network tra borghi, nato per unire le forze di quattro gioielli del Molise: Termoli, Campomarino, San Giacomo degli Schiavoni e Guglionesi. Si tratta di territori che rappresentano tutte le sfaccettature dell’animo molisano, diviso tra ambiente, enogastronomia, storia e tradizione popolare.
Termoli, la fortezza sul mare
A Termoli è fortissimo il rapporto con il mare, vera spina dorsale dell’economia del territorio e del suo sviluppo nei secoli. Si tratta dell’unico porto del Molise, attivo sin dall’Età del Bronzo come fiorente centro di commerci con il Mediterraneo. Il centro storico è cinto dalle alte mura medioevali e protetto dall’imponente Castello Svevo, che racconta il ruolo di importante centro urbano che Termoli vantava ai tempi di Federico II. La parte antica della città si snoda lungo un’altura, tra vicoli e casette bianche strette tra loro, quasi a proteggersi dai forti venti profumati di salsedine.
Qui si trovano le principali strutture ricettive della zona, create per integrarsi all’interno del centro storico e pensate come “alberghi diffusi”, le cui camere si celano tra le case del borgo, rendendo il proprio soggiorno un’esperienza il più possibile autentica senza rinunciare alla comodità di un hotel di fascia medio-alta.
Il modo migliore per visitare Termoli è perdersi tra le sue strade, sbucando una volta davanti al mare e un’altra al cospetto della maestosa Cattedrale, con la sua facciata in stile romanico pugliese, dove si possono ancora intuire le preziose decorazioni di santi, demoni e doccioni mostruosi, esempi dell’arte come “Bibbia degli analfabeti”.
La storia di un luogo però non si scolpisce solamente sulla pietra: per conoscere a fondo Termoli e gli altri borghi molisani bisogna tuffarsi nella storia popolare e soprattutto nella tradizione gastronomica: ecco che allora ci viene in soccorso una vera istituzione della zona: Nicolino, nume tutelare del “bredette”: più che un piatto, un rituale.
Sarà il padrone di casa in persona a guidarci nell’esperienza, portando in tavola la tipica pentola di coccio in cui ancora sobbolle il sugo a base di peperoni verdi in cui affiorano i pesci: triglie, scorfani, razze, sogliole, cannolicchi e scampi. Insieme alla “star” arriverà in tavola un piatto di spaghetti spezzati, del tutto sconditi. È qui che si compie la magia: il sugo viene filtrato da commensali e usato per condire la pasta, mentre il pesce riemerge dalla pentola, pronto per essere gustato.
Tra arbëreshë, macelleria e architettura religiosa
Una volta lasciata Termoli ci si inoltra nel Molise più agreste, fatto di lunghe strade che tagliano le colline e borghi arroccati, come Campomarino, dove si lotta per conservare l’antica tradizione dell’arbëreshë, la cultura nata dall’incontro tra le comunità albanesi e quelle molisane, iniziato tra il XV e il XVIII secolo. A tramandare la quotidianità e la storia della comunità arbëreshë i numerosissimi murales che decorano le viuzze della città vecchia e che gli sono valsi il soprannome di “borgo dipinto”.
A essere passata di generazione in generazione non è solo la storia locale, ma anche la tradizione enologica, che si è radicata nel corso degli anni tra le colline sottostanti la cittadina. Qui si coltivano rossi rotondi e armonici, tra cui spicca il Tintilia, un vino dalla storia tormentata, che rischiò di scomparire e che ottenne la DOC solamente nel 2011, grazie al lavoro instancabile delle aziende vinicole molisane.
Spostandosi più a nord troviamo il terzo comune di questo viaggio, a cavallo tra cultura e tradizione enogastronomica. San Giacomo degli Schiavoni è un paese dalla storia ricca e drammatica, travolto dai numerosi terremoti che caratterizzano il centro Italia. La popolazione cercò rifugio nei boschi e nelle grotte di tufo sottostanti il paese, ricostruendo una propria quotidianità e trovandovi più volte riparo nel corso dei secoli. Alla storia locale si affianca come sempre quella culinaria, sorretta da persone che rappresentano una vera memoria storica locale.
Non si può dire di essere passati da San Giacomo degli Schiavoni senza un pellegrinaggio alla macelleria Chiang, di proprietà della famiglia Berchicci da generazioni. Come riconoscerla? Dalla lunga coda di persone fuori dal locale, arrivate persino dai paesi vicini per gustare i salumi che solo qui si trovano. Ventricina, guanciale, fegatazzo e soprattutto il “cazzotto“, personale invenzione della famiglia e fiore all’occhiello della produzione, curata dall’allevamento alla macellazione fino alla lavorazione delle carni.
L’ultima tappa alla scoperta dei borghi del Molise passa da Guglionesi, un luogo di incantevole bellezza, dal quale si domina gran parte della regione, visibile a 360° dallo stupendo Belvedere. Il territorio venne scelto in epoca passata come ritiro sicuro per la nobiltà termolese, che qui si insediò con ville e palazzi, costruiti distanti dalla costa per evitare i saccheggi dei turchi. A dimostrazione della ricchezza passata, Guglionesi è un vero scrigno di tesori artistici e architettonici, come le chiese di Santa Maria Maggiore e Sant’Antonio.
Ancora una volta a parlare della storia di Guglionesi e della sua antica tradizione contadina ci pensa la tavola, più precisamente quella del ristorante Quinto Quarto, dove si può assaporare un piatto tipico del Natale molisano: la lasagna bianca, a base di gallina, Parmigiano e scamorza e servita in un delizioso brodo di cappone. Un comfort food per eccellenza, arrivato come la Manna dal Cielo dopo le lunghe camminate, gli spostamenti da un borgo all’altro e l’assorbimento di tanta storia, arte e cultura. Perché si sa, la bellezza mette sempre un certo appetito.