Pubblicato in: Cinema

La misura del dubbio, Daniel Auteuil e la ricerca della verità

Luigi Maffei 5 giorni fa
la misura del dubbio

Un avvocato dal passato professionale oscuro, un imputato per omicidio volontario da difendere e la ricerca di una verità non semplice da trovare. Tre elementi che fanno da base a La misura del dubbio (Le fil), nuovo film interpretato e diretto da Daniel Auteuil. L’attore francese ritorna dietro la macchina da presa dopo sei anni, il tempo per necessario per innamorarsi di una storia vera scoperta su un blog.

Presentato alla 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, La misura del dubbio esce in Italia il 19 settembre distribuito da BiM.

La sinossi

Da quando ha fatto assolvere un assassino recidivo, l’avvocato Jean Monier (Daniel Auteuil) non accetta più casi di giustizia penale. L’incontro con Nicolas Milik (Grégory Gadebois), padre di famiglia accusato dell’omicidio della moglie, lo tocca profondamente e fa vacillare le sue certezze. Convinto dell’innocenza del suo cliente, è disposto a tutto pur di fargli vincere il processo in corte d’assise, ritrovando in questo modo il senso della sua vocazione.

Daniel Auteuil racconta una storia di cronaca giudiziaria apparentemente classica ma che tiene incollati dall’inizio alla fine. Versione dei fatti raccontanti da diversi punti di vista che portano lo spettatore a immaginare una propria realtà, un po’ come i giudici popolari assiepati sulla tribunetta dell’aula.

Il regista e attore francese segue le vicende dei protagonisti con taglio leggero ma senza interferire sui loro stati d’animo combattuti e indecifrabili.

La misura del dubbio è tratto da una storia vera, una vicenda che ha colpito molto il regista, alla sua terza prova dietro la macchina da presa.

“Non avrei diretto altri film se non mi fossi imbattuto in una storia affascinante – ha dichiarato Auteuil – . Mia figlia Nelly, che ha prodotto il film, mi ha fatto scoprire il blog che teneva un avvocato penalista oggi scomparso, Jean-Yves Moyart, sotto lo pseudonimo di Maître Mô. Sono rimasto subito colpito – ha proseuito l’attore transalpino – dalla potenza delle storie di vita e di giustizia che raccontava, ma anche dal suo modo di esprimere la solitudine dell’avvocato difensore, l’ultima persona che resta accanto a un imputato e insieme al quale dovrà affrontare tutti gli altri. Mi è dunque venuta voglia di fare un film per raccontare questa ricerca di verità”.