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Milano non è sempre stata grattacieli e apericena. Nel corso dei secoli sulle sue strade si sono avvicendate storie macabre, fatti di sangue e misteri mai risolti. Ancora oggi, tra uno scintillante palazzo di uffici e uno showroom di moda, le vestigia di una Milano horror sono ancora visibili.
In tempo per il periodo di Halloween vi proponiamo un tour in 10 luoghi del capoluogo decisamente meno “pettinati”! Volete scoprirne altri? Ascoltate il nostro podcast Milano a portata di mano per altre storie da brividi legate alla città !
La colonna del Diavolo
La seconda chiesa più celebre di Milano è quella dedicata al suo santo patrono: Sant’Ambrogio. La struttura in stile romanico ospita alcuni tra i capolavori dell’arte medioevale più belli del Nord Italia, tra cui il magnifico altare d’oro, realizzato nel 835 d.C. dal maestro Vuolvinio. All’esterno della chiesa, fuori dal quadriportico che introduce alla basilica, troviamo una colonna in pietra piuttosto malandata, con due grossi fori.
Secondo la leggenda sant’Ambrogio incontrò il Diavolo proprio fuori dalla chiesa, dando vita a una lotta senza esclusione di colpi. Quando Lucifero si scagliò a testa bassa contro il santo per incornarlo Ambrogio si mise astutamente davanti alla colonna, per poi scostarsi al momento opportuno. Il Diavolo rimase così incastrato alla colonna, dentro la quale sparì, lasciando i due buchi. Si dice che avvicinandosi alla colonna si senta odore di zolfo e si odano i lamenti dei dannati dell’Inferno. Solo un’antica leggenda?
San Bartolomeo scorticato
Questa scultura è uno degli esempi più incredibili di arte “macabra”. San Bartolomeo venne martirizzato in modo particolarmente crudele: scorticato vivo. Le sue rappresentazioni lo vedono quindi con muscoli e vene ben in vista e abbigliato della propria pelle, usata come mantello. Nel 1562 l’artista lombardo Marco d’Agrate realizzò per il Duomo di Milano una scultura particolarmente riuscita del santo, posta all’interno della cattedrale proprio a causa della sua intensità .
Lo scultore era ben conscio di aver scolpito il suo capolavoro, e con un pizzico di presunzione si firmò alla base della statua con le parole “Non me Praxiteles, sed Marc’finxit Agrat” (Non mi fece Prassitele, bensì Marco d’Agrate), riferendosi al leggendario artista greco.
L’opera non analizza il lato religioso dell’immagine sacra, ma si pone come un vero e proprio studio anatomico. Muscoli, tendini e vene sono rappresentati in maniera attentissima, frutto delle prime analisi dell’anatomia umana portate avanti da Leonardo da Vinci nella stessa Milano. Nel Seicento l’opera fu posta in una posizione più adatta per essere ammirata e copiata da chiunque visitasse il Duomo, e da allora fa bella mostra tra le innumerevoli meraviglie della cattedrale.
La stretta Bagnera
Questa stradina, nascosta accanto alla centralissima via Torino, è considerata la più stretta di Milano. Citata in tutte le guide horror cittadine che si rispettino, la “stretta” Bagnera è stata teatro delle azioni del Jack lo Squartatore milanese, Antonio Boggia.
È il 1851 quando un uomo si presenta dai carabinieri, sostenendo di essere scampato al tentativo di omicidio da parte di Antonio Boggia, all’apparenza un distinto signore con casa in via Bagnera. Dopo alcuni mesi in manicomio l’uomo torna a uccidere, questa volta un’anziana vedova, che viene trovata fatta a pezzi e murata nell’appartamento in cui Boggia lavorava come muratore.
Le indagini per la scomparsa della donna portano a indagare sul Boggia, visti anche i precedenti per tentato omicidio. All’interno della cantina della casa lungo la Stretta Bagnera vengono rinvenuti i corpi di altre tre persone, scomparse anni prima. L’uomo attirava le sue vittime all’interno della cantina, per poi ucciderle e impadronirsi delle loro proprietà .
Durante il processo Boggia prova a fingersi pazzo per tentare di tornare in manicomio, ma questa volta il giudice non si lascia convincere, condannando il killer a morte nel 1862. Fu l’ultima esecuzione capitale avvenuta a Milano fino alla Seconda Guerra Mondiale.
San Bernardino alle Ossa
Questa chiesetta situata alle spalle del Duomo non attira particolarmente l’attenzione vista dall’esterno. Il suo vero tesoro infatti si trova all’interno, in una cappella laterale all’ingresso. Varcando la soglia ci si trova in un ambiente incredibile, uscito dalle pagine di un horror gotico: migliaia di ossa umane sono disposte lungo le pareti, a formare croci e motivi decorativi. I resti appartengono probabilmente ai lebbrosi dell’ospedale del Brolo e ai cimiteri cittadini soppressi. Sopra l’architrave d’ingresso si trovano invece i resti dei condannati a morte.
Secondo la leggenda ogni 2 novembre, giorno dei Morti, lo scheletro di una bambina sepolta dietro l’altare si anima per dare inizio a una danza macabra con gli altri “ospiti” dell’ossario.
Nel 1728 il re del Portogallo, Giovanni V visitò la cappella di San Bernardino alle Ossa e ne rimase talmente impressionato da volerla replicare nel suo regno. Sorse così a Evora, poco distante da Lisbona, la scenografica Capela dos Ossos, dove persino i candelabri sono realizzati con vertebre umane.
La Madonna con le corna
La chiesa di Sant’Eustorgio è un vero gioiello di Milano, dentro alla quale sono sepolti nientemeno che i Re Magi! Ma non è lo splendido edificio rinascimentale a interessare questa tappa, bensì la cappella adiacente, costruita dalla famiglia Portinari, ricca schiatta di bancheri fiorientini, di cui faceva parte anche Beatrice, la donna amata da Dante Alighieri.
La bellissima opera venne commissionata da Pigello Portinari nella seconda metà del Quattrocento come sepoltura per sé stesso e reliquiario per la testa di San Pietro Martire. A partire dal 1630 la cappella venne ridipinta e depredata, con i meravigliosi affreschi ricoperti da ben sette strati di intonaco. Fu solo negli anni Cinquanta del Novecento che l’antica bellezza del luogo venne ripristinata con un lungo e delicato restauro.
Tra gli affreschi tornati alla luce ce n’è uno molto particolare, raffiguante una Madonna con Bambino… con le corna! Si tratta di una scena tratta dai miracoli di San Pietro Martire, famigerato inquisitore lombardo. Durante una messa al santo apparì il Diavolo, mascherato come la Vergine. Bastò avvicinare l’ostia consacrata alla figura per smascherare il Demonio, riconoscibile dalle corna.
La casa della strega
Via Laghetto oggi è una zona molto viva di Milano, a due passi dall’Università Statale e animata dai locali frequentati dagli studenti. Un tempo però qui sorgeva un bacino artificiale (da cui il nome della via), dove arrivavano i carichi di marmo per il Duomo e di carbone per le case dei milanesi. Si trattava di una delle zone più povere e insalubri di Milano.
Nonostante ciò, il quartiere dei tencitt, come erano chiamati i carbonai, venne miracolosamente risparmiato dalle diverse ondate di peste che dilaniavano Milano. Questo fatto veniva spiegato dal popolo con semplicità : in via Laghetto abitavano le streghe, e al civico 2 stava Arima, la più potente fatucchiera milanese.
La verità era molto più prosaica: la polvere di marmo e di carbone che ricopriva il quartiere con tutta probabilità uccideva le pulci dei topi e impediva il contagio della peste. Proprio al numero 2 di via Laghetto si trova un’immagine della Madonna molto rovinata: si tratta della Madonna de’ tencitt, oggetto di devozione popolare da parte dei carbonai del quartiere.
Fino agli anni Ottanta questo ex voto giaceva dimenticato dietro le pesanti ante in legno che lo proteggevano dalle intemperie. Negli anni Novanta un avvocato che viveva in zona decise di restaturare l’immagine a sue spese, come ringraziamento per essere sopravvissuto a un incidente stradale.
La torre del Carrobbio
Il Carrobbio, accanto a Porta Ticinese, è sempre stata una delle zone più sinistre di Milano. Sin dai tempi dei romani in questi luoghi (se ne contavano diversi in città ) avveniva il mercato degli schiavi. Nel corso del tempo il Carrobbio di Porta Ticinese divenne prima luogo di riscatto dei dazi e poi sede dell’Inquisizione. In questa torre avvenivano le torture ai sospettati di eresia e stregoneria, che se condannati venivano impiccati o bruciati sul rogo nella vicina Piazza Vetra.
La torre, esistente da oltre duemila anni, è diventata così nel corso del tempo un ricettacolo di racconti del terrore. A rincarare la fama di luogo infestato, vicino al Carrobbio per un periodo è stato presente uno dei lebbrosari di Milano, che diede alla torre il soprannome di “malsana”. Secondo le leggende, durante la notte qui si possono udire i lamenti dei malati dell’ospedale, nonché dei torturati dell’Inquisizione. La zona è citata anche nei Promessi Sposi, come uno dei luoghi “più desolati di Milano”, sede di briganti, malfattori e prostitute. Insomma, a prescindere dalle storie di fantasmi, al tempo non un luogo piacevole!
L’antico cimitero del Fopponino
I cimiteri di Milano sono moltissimi, tanti dei quali spariti per sempre nel corso dei secoli. Tra questi c’è il cosiddetto Fopponino (“foppa” in dialetto significa “fossa”), situato dove ora c’è Piazzale Aquileia, all’ombra del carcere di San Vittore.
Il piccolo cimitero nacque per venire incontro alla tragica necessità di seppellire i moltissimi morti che la peste del 1576 stava facendo a Milano. Quello che resta oggi è un’inquietante grata sormontata da tre teschi sfigurati dal tempo e da un monito “Ciò che sarete voi noi siamo adesso, chi scorda noi scorda sé stesso”. Sbirciando oltre le inferriate si può vedere una piccolissima cappella, con una finestra in vetro sul pavimento da cui si possono vedere diversi teschi e ossa umane.
Quando la parrocchia di San Francesco d’Assisi è aperta è possibile entrare nel giardino, dove sono custodite alcune delle lapidi dell’antico cimitero, soppresso nel 1912. Tra queste quelle di milanesi illustri come Melchiorre Gioia, Barnaba Oriani e Alessandro Sanquirico. Tra le sepolture anche quella di Margherita Barezzi, prima moglie di Giuseppe Verdi, morta di encefalite a soli 36 anni.
Il palazzo del Diavolo
Il Diavolo sembra avere un apprezzamento particolare per Milano, dato che oltre a visitarla numerose volte decise di stabilirsi proprio in città ! In Corso di Porta Romana 3 si trova Palazzo Acerbi, considerata la residenza del Demonio in persona, stabilitosi qui nei panni del Marchese di Cisterna, Ludovico Acerbi. L’uomo giunse in città al servizio del governo spagnolo nel 1615, durante una delle tante epidemie di peste che colpì Milano in quel periodo. La malattia imperversava, senza distinzione tra nobili e poveri. Solo una persona sembrava immune al morbo, girando per la città in carrozza insieme al suo ricco seguito: il Marchese di Cisterna.
Del tutto incurante del contagio, Acerbi organizzava feste e balli all’interno del palazzo di Corso di Porta Romana, da lui completamente ristrutturato con i diabolici mascheroni visibili ancora oggi. Secondo le leggende nessuno dei suoi invitati si ammalò mai, forse ammantati dalla protezione che solo il Diavolo poteva dare loro.
Piazza Vetra: il patibolo di Milano
Piazza Vetra oggi è occupata da un bellissimo parco, dove passeggiano ignare famigliole e dolci coppiette. Un tempo questo spazio dietro la basilica di San Lorenzo Maggiore era il luogo deputato alle esecuzioni capitali.
La zona era abitata dai conciatori (detti “vetraschi” perché grattavano le pelli con strumenti di vetro) e attraversata da un omonimo canale oggi sotterrato. Lungo questo canale arrivavano alla piazza le barche che portavano i condannati al patibolo. Non solo criminali: in Piazza Vetra venivano eseguite anche le condanne al rogo per le donne accusate di stregoneria, proseguite fino alla fine del Seicento.
Qui vennero uccisi anche Gian Giacomo Mora e Gugliemo Piazza, colpevoli secondo il popolino di essere untori e avere diffuso la peste nel quartiere. La pena consisteva nella condanna della ruota: dopo aver rotto loro le ossa con delle sbarre di ferro i due vennero lasciati come monito alla popolazione per ore, per poi essere arsi vivi. La bottega di barbiere di Mora venne distrutta e al suo posto innalzata una colonna con una lapide che raccontava le sevizie subite dai due uomini.
La storia viene tramandata da Alessadro Manzoni nel suo Storia della colonna infame, pubblicato nel 1843, mentre la lapide originale è visibile nel cortile del Castello Sforzesco. Dal 2005 un monumento di Ruggero Menegon si trova sul luogo della casa di Gian Giacomo Mora, situata tra Corso di Porta Ticinese e la via che oggi porta il nome dello sfortunato barbiere.