Matteo Macchioni ha dimostrato che partecipare ad un talent non è sinonimo di mediocrità e incompetenza (per chi ancora avesse dei pregiudizi al riguardo).
Non a caso, il tenore vestirà il ruolo di Ferrando nel “Così fan tutte” di Mozart, ufficializzando il suo debutto in questo ruolo al Royal Danish Theatre (Danimarca), con la prima prevista il 12 novembre, con repliche il 16, 20, 24 e 28 novembre.
Matteo Macchioni tornerà ad esibirsi al Theater Freiburg come guest all’interno del “Don Giovanni” di Mozart il 6 e 12 ottobre, il 3 novembre e il 29 dicembre, dopo aver da poco concluso l’impegno nel ruolo di Don Ottavio sempre nel “Don Giovanni” sul palco del celebre teatro tedesco.
“Per fare questo mestiere non basta il pezzo di carta, ma serve dimostrare il talento e impegnarsi tanto. Ho voluto dare una legittimazione accademica al mio percorso lavorativo per una mia soddisfazione personale”.
Diplomatosi in pianoforte nel 2009, Matteo Macchioni continua il suo percorso formativo prendendo lezioni private di canto da alcuni dei migliori insegnati, approfondendo con masterclass e presentandosi a numerose audizioni.
Insomma, non si è sottratto agli anni di gavetta e studio che richiede questo mestiere e lo racconta, nella nostra intervista, con spirito leggero e di chi ha appena legittimato questo percorso con un titolo accademico solo qualche giorno fa.
Matteo Macchioni è andato oltre i pregiudizi e le critiche distruttive, seguendo la propria strada con un solo dogma: sviluppare il proprio talento indossando una corazza, ma leggera.
La nostra intervista a Matteo Macchioni
Il 12 novembre sarai in Danimarca, al Royal Danish Theatre,con “Così fan tutte” nel ruolo di Ferrando.
Esatto. Inoltre, questo personaggio rappresenta un po’un debutto, in quanto non l’ho mai interpretato in teatro.
Non solo, è una dimostrazione di fiducia e il risultato dell’impegno di questi anni: mi hanno proposto questo ruolo dopo avermi visto nello spettacolo “Il Barbiere di Siviglia” al Teatro dell’Opera di Copenaghen (tra i più importanti d’Europa) nel 2018, gli sono piaciuto, ed ora eccomi qui.
Infatti, ad ottobre comincerò le prove con la mia pianista di fiducia a Modena così da arrivare pronto e preparato allo spettacolo.
Per quanto riguarda Ferrando, spero che non mi succeda la stessa cosa (la sua donna cede alle lusinghe del suo amico Guglielmo)!
Hai interpretato molti ruoli, come si prepara un artista a vivere la vita di un altro personaggio? C’è qualcuno che ancora non hai interpretato e ti piacerebbe interpretare (e per quale motivo)?
Sono un tenore lirico leggero, bel cantista: c’è un ambito specifico in cui posso “muovermi bene” e l’opera lirica è un universo che sarà impossibile esplorare per intero, anche per la tipologia della mia voce.
C’è una predilezione per i ruoli mozartiani o rossiniani e, fino ad adesso, mi sono concentrato in ruoli legati all’opera comica ottocentesca italiana: da Il Barbiere di Siviglia, a Cenerentola, fino a Ferrando in Così fan tutte.
Mi piacerebbe molto approcciarmi con Verdi nel ruolo di Fenton in Falstaff e con Puccini vestendo i panni di Gianni Schicchi.
Come interprete, ti devi un po’spogliare di quello che sei e mettere le emozioni, la vita al servizio dell’opera e del personaggio che ti viene chiesto di recitare.
È questa la capacità di quei cantanti che fanno teatro, dove tutto è finzione, ma c’è sempre un fondo di verità: puoi portare qualcosa di te stesso all’interno dei personaggi, il che è importante, però bisogna essere un po’camaleonti e capaci di cambiare le emozioni.
Hai ricevuto molte critiche positive. Qual è stata quella più costruttiva su cui hai lavorato?
Per mia indole, non mi esalto quando le critiche sono positive e non mi abbatto mai quando sono negative, ma cerco di mantenere una “zona intermedia” anche perché, spesso, non conosco chi fa le recensioni, quindi c’è una sorta di prudenza da parte mia.
Altrimenti sei alla mercé delle emozioni di chi scrive, al de gustibus: tu puoi piacere ad uno, ma puoi non piacere ad un altro.
Le critiche costruttive le cerco non da chi scrive di quello che faccio, ma dalle persone con cui collaboro per prepararmi, i miei punti di riferimento, come lo possono essere dei colleghi: è a loro che faccio sentire il mio lavoro, è quello il momento “critico” e costruttivo, oltre le prove in teatro.
La vivevi così anche all’inizio?
All’inizio, come credo tutti, si prendono sul personale le parole di chi ti giudica, ma dobbiamo pensare che queste persone possono basarsi anche anche solo sull’impressione che trasmetti quando metti piede sul palcoscenico.
Quindi, si rischia ad essere “con la pelle scoperta” perchè può portarti sia una ferita, data da un giudizio negativo, sia una carezza di un giudizio positivo, rendendoti poco padrone di te stesso.
Invece, quando sei “solido” non ti scomponi troppo ( né in un caso né in un altro) grazie anche alla corazza che indossi per andare avanti in maniera più consapevole, ma soprattutto più leggera.
Hai partecipato ad Amici. Cosa pensavi di portare a questo programma e cosa hai preso e fatto tuo?
Quando ho partecipato ad Amici ero uno studente e non sapevo cosa avrei fatto nella vita, considerando anche il fatto che avevo iniziato da poco lo studio del canto, ma con un diploma in pianoforte conseguito nel 2009.
Quindi ho preso quell’esperienza come un modo per ampliare i propri orizzonti e sopratutto senza preconcetti e l’idea di “devo andare lì perché poi devo fare questo, mi si aprono le porte per far carriera”.
Ma, in realtà, chi l’ha detto? Gli esperti di settore? Il pubblico?
I talent sono dei programmi televisivi, intrattenimento, una volta che hai finito è quasi sempre un “Ciao, grazie!”, poi ciascuno prende la propria strada ed è in quel momento, nel fatidico “dopo”, che devi sviluppare le idee e dimostrare il tuo talento.
L’esperienza deve essere vissuta con grande leggerezza, non mettendo delle ipoteche in testa, altrimenti ti rovini la vita, o no?
Dopo che ho finito la trasmissione, Daniel Oren mi invitò a debuttare ne “Elisir d’Amore”, ma io non avevo mai messo i piedi in un teatro d’opera, mai!
Ho iniziato le prove ed è stato amore a prima vista: ho fatto una gavetta di due/tre anni con corsi e audizioni, masterclass, ho studiato molto per perfezionarmi.
Hai detto che lo studio del canto è iniziato relativamente dopo perché sei nato come pianista, con tanto di diploma conseguito nel 2009.
Esatto, poi lo studio del canto è venuto dopo tanto è vero che il diploma in canto lirico l’ho presa qualche settimana fa: la legittimazione accademica di quello che faccio da 10 anni, l’ho presa adesso.
È stato un percorso alla rovescia: ho iniziato a lavorare senza il “pezzo di carta”, chiamiamolo così, ma facendo comunque tantissime lezioni con insegnanti importanti, svolto molti concorsi, però il titolo di studio è arrivato solo adesso.
Desideravo, semplicemente, dare una legittimazione accademica al mio percorso lavorativo, ci tenevo ecco: quando sarò vecchio potrò dire che ho preso due titoli di studio!
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