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Massimo di Cataldo: “Attore? Sarei bravissimo in film come La banda della Magliana

Massimo di Cataldo
Foto da pagina ufficiale Facebook

Si intitola “Dal profondo” il nuovo album di Massimo di Cataldo, uscito il 24 maggio, composto da dieci brani, che prendono forma come un dialogo introspettivo alla ricerca della ragione stessa delle emozioni.

“Arriva un momento in cui un uomo, oltre che artista, ha bisogno di fare un punto della situazione e la musica da sempre mi permette di trasformare il magma dei miei pensieri in una forma condivisibile con tutti gli altri“.

Inoltre, dal 27 al 31 maggio Massimo di Cataldo farà un instore tour, in cui incontrerà il suo pubblico.

Ecco le date:

  • 27 maggio: MILANO- Marghera Mondandori c/o CC Nave De Vero ore 18.30
  • 28 maggio: FIRENZE- Galleria del Disco ore 17
  • 29 maggio: ROMA- Discoteca Laziale ore 17
  • 30 maggio: NAPOLI- Feltrinelli Piazza Repubblica ore 18
  • 31 maggio: SALERNO- Feltrinelli Corso Vittorio Emanuele ore 15

Dal Profondo, la tracklist: “Non ti accorgi”, “C’è qualcuno”, “Ci credi ancora all’amore”, “Ci penserò domani”, “Allora scusami”, “Con il nastro rosa”, “Perché l’amore”, Prendimi l’anima”, “Domani chissà”, “Continuerà”.

La nostra intervista a Massimo Di Cataldo

A distanza di qualche anno, è arrivato un nuovo album, dal titolo “Dal profondo”.

L’album è pronto da un po’ (ovviamente ci sono state le tempistiche della stampa e della distribuzione) ed è nato dall’esigenza di comunicare le mie emozioni.

È circa un mesetto che non lo riascolto: dopo molto tempo passato in studio, ho deciso di prendermi un periodo di totale pulizia mentale.

Così, quando lo riascolterò, sarà come se fosse quasi la prima volta.

C’è stato un brano in particolare che ha concretizzato il progetto?

Erano un paio di anni che pensavo a questo nuovo disco, seguendo il concetto di “album” degli anni 60/70, cioè quello di raccogliere i singoli usciti.

Quindi non è partito da un solo brano, infatti ci sono stati prima “Prendimi l’anima” e “Domani chissà”.

Più che altro c’è un filo conduttore, una storia che parte da quest’ultimo singolo “Non ti accorgi”: questa canzone è una sorta di domanda, quasi provocatoria in un certo senso.

Racconta di quanto siamo fragili ed esposti a milioni di input, da parte dei social, dalle televisioni, dalle radio, dai media che perdiamo di vista la realtà.

Dimentichiamo chi siamo perché ci costruiamo una sorta di simulacro, che diventa il vestito che indossiamo in pubblico.

I brani di questo album sono una sorta di catarsi dove quest’inverno (inteso emotivamente) finalmente si disgela e diventa una nuova primavera.

Questo album cosa ha di diverso dai precedenti?

Rispetto agli album precedenti è senz’altro più introspettivo: si parla in maniera più delicata delle emozioni, dei sentimenti, non è un disco così “diretto” come “Ma chi se ne frega” (assolutamente provocatorio).

È un album in cui racconto più me stesso e non quello che mi circonda.

Sei considerato tra gli autori più romantici, cosa pensi dei nuovi autori, dei nuovi romantici?

Prendendo come esempio i The Giornalisti, che hanno a loro modo una forma romantica di canzone, c’è un’influenza degli anni 80 (per il sound) e 90 (il modo di cantare, di comporre la melodia).

Mi ricorda il periodo del Sanremo 95 in cui emergevano Silvestri, Grignani, Bersani, Nek ed io stesso: un momento molto forte che ci ha influenzato per il modo di cantare, la forma canzone, invece che per gli arrangiamenti.

In questo momento non mi sembra che ci sia, se non per una questione generazionale, una discrepanza forte tra questo nuovo romanticismo e quello che degli anni 90.

Almeno per quanto riguarda il genere pop.

Comunque, questo album deve confrontarsi con una situazione musicale un po’ diversa.

In ogni caso la comunicazione si evolve, ma non cerco un’esposizione eclatante perché la mia musica è un’espressione che somiglia a ciò che sono; mi sentirei ridicolo se mi mettessi a fare la trap o a parlare in maniera gergale nelle canzoni.

Che differenza c’è tra i riferimenti musicali di artisti come te e i giovanissimi?

È una nuova forma di cultura che si distacca da quello che c’è stato prima, ma sostanzialmente nessuno si inventa nulla di nuovo, c’è sempre la necessità di rifarsi a qualcosa che già è esistita.

Per esempio, certe sonorità della trap riprendono il bretbit del rap degli anni 80 o ancora autotune  (una cosa desueta ormai) era stato utilizzato già da Cher in “Do you believe in life after love”.

Quindi, adesso c’è un uso semplice e personalizzato di questi strumenti.

In questo periodo, quale artista ti sta influenzando?

Mi piace ascoltare i grandi classici del rock e quello che arriva da oltremanica, Coldplay  e ImagineDragon e Duncan Laurence, conosciuto guardando l’Eurovision.

Laurence mi è piaciuto tantissimo  perché mi ha trasmesso qualcosa: una specie di connessione con quello che ci circonda.

Non sei solo un cantautore, ma anche un attore. Non hai mai pensato di dedicarti di più alla recitazione e presentare un progetto di quell’ambiente, invece che musicale?

La musica è la mia espressione,  viene dal profondo e mi sento più a mio agio con una chitarra, mentre vestire i panni dell’attore è un lavoro un po’ diverso, forse più superficiale.

Dietro c’è un grande impegno, dalle sveglie che suonano all’alba fino a far parte di quell’ambiente un po’circoscritto. Devo dire che non disdegnerei fare qualcosa di nuovo nel cinema.

Quale parte ti piacerebbe interpretare?

Sarei bravissimo a fare uno di questi personaggi anni 70, tipo “La banda della Magliana” o cose del genere.

Potrebbe essere una proposta, no?

Certamente sì, mi piace sperimentare, provare un po’ di tutto e ci sono momenti in cui penso che “qui me la potrei cavare bene”.

Quando mi diverto sono spensierato, dò il meglio di me, proprio come è successo in “Tale e Quale Show” : è stata un’esperienza straordinaria, mi sono divertito come un pazzo.

Quale personaggio ti è piaciuto interpretare particolarmente?

Jim Morrison assolutamente.

E’ stato più difficile degli altri?

No, mi sono divertito perché adoro la musica dei Doors, la vocalità e il modo di porsi sul palco di Jim Morrison un po’ sfacciato e decadente, ma allo stesso tempo molto attraente.

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