Protagonista di mille serate tra amici, appassiona da sempre adulti e bambini. E se non proprio da sempre, almeno dal 1935, anno in cui la Parker Brothers ha iniziato a produrlo. Il Monopoli da allora è diventato il gioco da tavolo protetto da copyright più giocato al mondo, ma chi avrebbe mai detto che nella versione italiana la sua toponomastica fosse basata sulla città di Milano? Persino il tanto agognato Parco della Vittoria prende il nome dai giardini Indro Montanelli…
Queste e tantissime altre curiosità sono svelate nel libro La Scienza dal giocattolaio di Davide Coero Borga, un volume bello da leggere, ma anche da sfogliare, che è un vero e proprio catalogo dei giocattoli più famosi della storia, le icone di intere generazione, a cui l’autore dedica una scheda per uno. Uno sguardo curioso nell’officina del giocattolaio: «perché la scienza è un gioco bellissimo» spiega l’autore.
«Dov’è finito il giocattolaio? Quell’uomo misterioso, perduto nelle nebbie della memoria bambina, che viveva in piccole botteghe fatte di banconi vetrina e millanta scaffali da cui facevano capolino i giocattoli desiderati da ogni fanciullo, i balocchi sognati e sperati come dono di compleanno o di Natale, quell’uomo dal nome fantasioso, difficile anche da compitare – il gio/cat/to/la/io – è stato fagocitato dai moderni “supermercati del giocattolo”? Oggi tocca a papà e mamme farsi giocattolai, per insegnare ai propri figli a giocare. È questa la scienza dal giocattolaio: l’arte di imparare a giocare insieme, in famiglia, a scuola, con gli altri bambini. Perché nel gioco sta uno degli innesti più importanti della creatività e della curiosità».
Per risolvere in quattro e quattro otto il cubo di Rubik può tornare utile memorizzare una serie di algoritmi matematici? Perché il frisbee vola? Come si deve calciare un pallone da calcio Super Tele per ottenere una punizione alla Pirlo? Perché alcune persone sono negate con l’hula hoop? Cosa rende stregata la Sabbia magica? Perché il Crystal ball non scoppia?
Sono proprio quesiti come questi vengono svelati ne La Scienza del Giocattolaio, dove i giocattoli diventano maestri. E si spiega anche come il Piccolo chimico, baker e provette da laboratorio sono stati sdoganati come strumenti ludici per bambini curiosi e intelligenti, viti, travi perforate e pulegge del Meccano sono finite fra le dita di apprendisti ingegneri o ancora come il telescopio, la bussola, il microscopio, i magneti, gli attrezzi e le stoviglie giocattolo dicono molto di una tendenza a trasformare alcuni strumenti scientifici e tecnici in edutoys.
Forse che i giocattoli che ci piacevano da bambini la dicono lunga sugli adulti che siamo?
«I miei giocattoli preferiti erano i mattoncini Lego! Ricordo che quando ero bambino ci impazzivo. Tenevo esposti i modellini della linea Technic sulle mensole, come macchinari di un’Esposizione Universale. La mattina di Natale scuotevo i pacchetti ai piedi del letto per riconoscerne il frusciare dei pezzi sotto la carta regalo, e perlustravo i pochi metri quadrati della camera per cercare altre eventuali sorprese insperate da costruire a tavola con i nonni, poco entusiasti all’idea di trovarsi qualche mattoncino nel piatto, zuppo del sugo degli agnolotti. Quelle confezioni di mattoncini erano uno strumento potente: avevano spartiti fitti e rigorosi (libretti colorati, da far invidia alle tristi istruzioni dei mobili Ikea – che forse siamo in grado di montare proprio grazie ai Lego!!), ti insegnavano a eseguire un pezzo, per poi lasciarti improvvisare con quello che avevi a disposizione. Giocattoli jazz, per gli inventori di domani!».
La Scienza dal Giocattolaio
Davide Coero Borga
Codice edizioni
224 pagine