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Lacrime e gioie di un’adolescente: la nostra recensione di Lady Bird

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Sulla scia delle cinque nomination ottenute agli Oscar – quelle per miglior film, attrice protagonista e non protagonista, sceneggiatura originale e regista, arriva in sala il 1 marzo il film Lady Bird, quasi debutto dietro la macchina da presa per Greta Gerwig, attrice simbolo della nuova commedia americana (quella di Noah Baumbach e Joe Swanberg).

Pur potendo vantare unaa grande esperienza da sceneggiatrice – si possono citare Frances Ha e Mistress America, tra gli altri – la regista ha scelto molto saggiamente di dare alla sua prima prova un taglio autobiografico, raccontando la maturazione di una ragazzina quasi 18enne nell’America dei primi anni 2000 del dopo 11 settembre, e più precisamente di Sacramento (il radicamento della storia in un luogo preciso è molto più che un vezzo personale).

Lady Bird: chi è la protagonista

A vestire i panni di Christine, che vuole farsi chiamare “Lady Bird”, c’è Saoirse Ronan, ex promessa e ormai piena conferma nel panorama attoriale hollywoodiano. È sulle sue spalle, molto più salde di quelle maggior parte delle attrici della sua età, che poggia l’intero film, dato che vi sono davvero poche scene che non prevedano la sua presenza.

Lady Bird: la trama

Ironica, sprezzante, viziata, decisa e fragile allo stesso tempo, creativa ma non poi così intelligente come ama credersi, d’animo gentile ma anche fortemente egocentrica, Christine è la più classica delle adolescenti che vive un rapporto conflittuale e ambivalente con la madre, che si impegola in litigi continui con il fratello, che confida alla migliore amica tutti i propri segreti e che adora il padre.

Lady Bird: la nostra recensione

Insomma, il film è il più classico dei coming of age americani, sulla falsa riga di molte pellicole uscite dal Sundance Festival e sulla scia di alcune produzioni come quelle del già citato Baumbach o di Woody Allen: personaggi ben caratterizzati, dai tratti molto forti che si muovono in un contesto ironico – stralunato piuttosto semplice da riconoscere.

Non è quindi l’originalità il punto di forza di un film che per tanti aspetti sa di già visto e che percorre i più classici step di crescita di una ragazza, dai primi fidanzati alle esperienze sessuali, passando per la ribellione adolescenziale contro l’autorità materna e scolastica. Dal canto suo la Gerwig ci mette invece uno sguardo amorevole e attento nei confronti dei suoi personaggi (“Non pensi che siano la stessa cosa, l’amore e l’attenzione?”, chiede una delle suore della scuola a Christine) e una certa intelligenza nello smarcarsi per quanto possibile dagli stereotipi di quello che è divenuto un genere a sé.

Si prenda per esempio il modo in cui mette in scena la scuola cattolica frequentata dalla ragazza: le suore e i preti che la gestiscono a volte sono sì ridicolizzati, ma con bonarietà, e in un racconto fitto di eventi l’autrice riesce a inserire anche tipizzazioni gustose e complesse. Più che sulle ansie e gli umori decisamente altalenanti dell’età, però, alla Gerwig sembra importare soprattutto del rapporto tra madre (Laurie Metcalf, candidata all’Oscar) e figlia, che dopo una parte centrale che gira un po’ a vuoto sul finale esplode in tutte le sue contraddizioni, tra sincero affetto e impossibilità di fare a meno l’una dell’altra e insieme la necessità di Christine trovare una propria dimensione.

Sicuramente non il più originale dei debutti, Lady Bird mostra in ogni caso una nuova regista che nonostante qualche ingenuità – la colonna sonora invadente, una fotografia pur piacevole ma debitrice di una “estetica Instagram” più che derivativa nella sua nostalgia di fondo – si fa notare per come rende vivi i personaggi principali senza scendere mai nel consolatorio, non risparmiando loro anche dispiaceri e piccole annotazioni satiriche, tanto che la protagonista, come accade nella realtà, per quanto cresca e maturi mantiene ugualmente alcune debolezze del suo carattere.

Il nostro voto

7

Una frase

“Tante cose possono essere tristi… non solo la guerra!”

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