Pubblicato in: Mostre

La Pinacoteca di Brera si rinnova: Mantegna e Bellini visti da Ermanno Olmi

Valentina Fumo 11 anni fa

Pietá_(1465)

Giovedì 12 dicembre 2013 dibattito pubblico sulla nuova collocazione dei capolavori di Mantegna e Bellini. Ermanno Olmi, la soprintendente Sandrina Bandera e Andrea Carandini (presidente FAI) incontrano il pubblico. Alle 17 nella Pinacoteca di Brera, Sala della Passione, con ingresso libero fino a esaurimento posti (aggiornato l’11 dicembre 2013)

Martedì 3 dicembre, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, il pubblico potrà accedere gratuitamente alla Pinacoteca di Brera dove saranno esposti nel nuovo allestimento curato dal grande regista Ermanno Olmi due capolavori assoluti della storia dell’arte: la Pietà di Giovanni Bellini e il Cristo morto di Andrea Mantegna. Emblemi della Pinacoteca stessa, le due opere saranno collocate nella Sala della Passione (piano terra) secondo la cifra stilistica di grande rigore e poesia di Olmi.

La Pietà (o Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni), in cui il corpo di Cristo morto è sorretto dalla Vergine e da san Giovanni a destra, con un’evidente facilità che tradisce una certa mancanza di peso, è un dipinto tempera su tavola databile al 1465-1460, anni in cui la produzione di Giovanni Bellini si affranca con decisione dall’influenza di Andrea Mantegna, a cui l’artista era legato da vincoli culturali di interessi comuni e di parentela. L’uso del colore e della luce è ben diverso da quello del cognato: i toni sono infatti ammorbiditi e cercano di restituire un effetto di illuminazione naturale, di una chiara giornata all’aperto, fredda e metallica quale un’alba di rinascita, che asseconda il senso angoscioso della scena, facendo in un certo senso da cassa di risonanza delle emozioni umane. La luce si impasta nei colori addolcendo la rappresentazione, grazie alla particolare stesura della tempera a tratti finissimi ravvicinati.

Il Cristo morto (noto anche come Lamento sul Cristo morto o Cristo morto e tre dolenti) è una tempera su tela celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di “seguire” lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso. Considerata uno dei vertici della produzione di Mantegna, l’opera ha una forza espressiva e al tempo stesso una compostezza severa che ne fanno uno dei simboli più noti del Rinascimento italiano.