Tre adolescenti guatemaltechi, Juan (Brandon Lopez), Sara (Karen Martinez) e Samuel (Carlos Chajon), cercano di raggiungere la frontiera americana per inseguire il sogno di una vita migliore. Dopo il primo scontro con gli agenti, Samuel torna indietro e al gruppo si unisce Chauk (Rodolfo Dominguez), un piccolo indio del Chiapas che non parla lo spagnolo. Il percorso dei ragazzi sarà difficile, pieno di insidie, contro tutto e tutti.
Dopo aver vinto A certain talent prize nella sezione Un certain regard all’ultimo Festival di Cannes, La jaula de oro, opera prima del regista spagnolo Diego Quemada-Diez arriva nelle sale italiane giovedì 7 novembre, distribuito da Parthenos: un road movie che ha il suo punto di forza nella spontaneità dei giovani attori non professionisti rafforzata dalla scelta di girare in Super 16, che ha permesso all’assistente di Ken Loach di ottenere risultato a metà fra il documentario e la fiction.
Il regista si mette da parte, la luce naturale inonda il cielo mentre un treno porta i quattro quindicenni di una bidonville al di là degli orrori della frontiera: una storia banale e terribile insieme, una regia che insiste sul disperato bisogno di empatia verso chi fugge dalla disperazione.
La jaula de oro inizia in modo potente, ma, pur rimanendo un buon film, perde mordente a mano a mano che la storia si dipana nei 102’ di proiezione, incespicando fra luoghi comune e cliché.
Il nostro voto: 6
Una frase: “Mi sento come se avessi uno zoo nello stomaco.”
Per chi: vuole guardare il mondo con gli occhi della speranza.