“Bisogna innamorarsi del proprio lavoro. Si deve dedicare la propria vita a diventare maestri di ciò che si sa fare”, dice così Jiro Ono, il più famoso sushi chef di Tokyo.
Ottantacinque anni e nessuna voglia di andare in pensione, è lui il titolare di Sukiyabashi Jiro, un ristorante con appena dieci coperti e il bagno esterno -ma ben tre stelle Michelin– dove lavora assieme al figlio maggiore Yoshikazu che lui stesso ha duramente addestrato a diventare un vero shokunin, un maestro nell’arte del preparare il cibo simbolo del Giappone.
Il regista David Gelb ha deciso di raccontare la vita di Jiro nel suo primo lungometraggio Jiro e l’arte del sushi nelle sale italiane da mercoledì 27 novembre: si tratta di un documentario avvincente che dimostra come il sushi sia molto di più che mettere del pesce sul riso.
Per Jiro il sushi è una religione, una sinfonia, una battaglia per raggiungere la perfezione attraverso la ripetitività dei gesti e l’equilibrio dei sapori.
Nel ristorante di Jiro un apprendista ha il permesso di cuocere le uova dopo dieci anni, all’inizio può solamente strizzare le salviette bollenti che poi vengono offerte agli ospiti perché possano pulirsi le mani: si ustionerà, mentre impara la disciplina e la dedizione al lavoro; il vecchio chef, virtuoso dell’autodisciplina, continua a ripetere con la determinazione di un samurai che sono l’intransigenza e l’aspirazione a migliorare che rendono un uomo un leader.
Il film di Gelb è anche un tuffo nelle tradizioni familiari del Giappone: cuore dell’opera è l’influenza che l’ambizione di Jiro ha avuto sulle vite dei suoi figli. Yoshikazu non riesce a raggiungere il suo pieno potenziale, ciononostante è fiero di imparare da un autentico maestro del sushi; suo fratello di minore Takashi –che in quanto secondogenito non può aspirare alla gestione del ristorante paterno- ha aperto un’attività tutta sua, nella consapevolezza che vivrà sempre di luce riflessa.
Per Jiro la ricerca della perfezione è la ricerca stessa della felicità: e allora il pesce deve essere comprato solo dal miglior rivenditore, il polpo deve essere massaggiato per cinquanta minuti perché sia tenero, il riso deve essere a temperatura corporea, la marinatura diventa essenziale così come la sequenza dei piatti nel menù degustazione, venti portate che vanno dall’ o-toro (il tonno grasso dal sapore tondo e prevedibile) all’akami (il tonno magro che è l’essenza stessa del sapore)
“La storia del sushi è così antica che è impossibile creare qualcosa di nuovo”, dice il celebre critico culinario Yamamoto, eppure Jiro nella sua lunga carriera è riuscito a creare piatti straordinari, gli stessi che vedrete sfilare davanti ai vostri occhi per tutti gli 83 minuti della proiezione.
Il nostro consiglio? Prenotate in uno degli ottimi ristoranti di sushi a Milano: avrete una voglia incredibile di sushi dopo la visione di Jiro e l’arte del sushi!
Il nostro voto:7 e mezzo
Una frase: “Io creo il sushi mentre sogno”
Per chi: Per gli appassionati di sushi