Se n’è andato uno dei più grandi cantautori e compositori della musica italiana. Franco Battiato si è spento questa mattina all’età di 76 anni. Si era ritirato dalle scene nel 2019 a causa delle precarie condizioni di salute. La notizia è stata data dalla famiglia, che specifica che i funerali si terranno in forma privata.
La sua musica innovativa e i suoi testi così ricercati hanno fatto scuola, rivoluzionando la musica italiana degli anni Ottanta con sonorità sperimentali e nessuna paura di osare. Il successo è arrivato nel 1981 con l’album La voce del padrone, primo in Italia a vendere oltre il milione di copie, dove sono contenuti alcuni dei suoi brani più celebri: “Cucurucucu, Centro di gravità permanente e Bandiera Bianca.
Artista a tutto tondo
Franco Battiato era un vero artista a 360°, difficile da incasellare in un genere o in un periodo storico. I suoi numerosi dischi spaziano dal progressive rock alla musica etnica, dalla dance ai ritmi lenti delle ballate. I suoi testi ispirati alla letteratura di ogni epoca e alla poesia spiazzano e incantano l’ascoltatore, che non può fare a meno di interrompere quello che sta facendo per ascoltare con attenzione quelle parole sognanti, cantate a fil di voce, come fossero un segreto.
Negli anni Settanta la sua carriera decolla ed escono con la EMI i suoi album più importanti: L’era del cinghiale bianco (1979), Patriots (1980), La voce del padrone (1981) e L’arca di Noè (1982). All’attività di compositore e allo studio assiduo di riferimenti poetici e musicali ostici e lontanissimi alternava la scrittura di testi per altri artisti, come la celebre Per Elisa, portata da Alice alla vittoria nel Sanremo del 1980 e la ancora più famosa Un’estate al mare della cara amica Giuni Russo, con la quale aveva collaborato per gli album sperimentali Energie (1981) e Vox (1983).
Milano e Battiato: rapporto di amore e odio
Nato il 23 marzo 1945 a Ionia, nel catanese, Battiato si era trasferito a Milano con la madre dopo la perdita improvvisa del padre. Giovanissimo si era affacciato al mondo della musica tramite il Cab 64, sul cui palco sono passati tutti i grandi nomi della musica milanese: Paolo Poli, Enzo Jannacci, Renato Pozzetto, Bruno Lauzi e Giorgio Gaber, solo per citarne alcuni. Con Gaber in particolare Battiato strinse una solida amicizia; per lui scrisse E allora dai! che l’artista portò a Sanremo insieme a Caterina Caselli nel 1967.
Non furono anni facili quelli milanesi e chi lo conosceva, come il giornalista musicale Gino Castaldo, ricorda che non parlava di quegli anni con simpatia: “è l’unico passato che Franco rinnegava“, scrive nell’articolo su Repubblica dedicato alla scomparsa dell’artista. Per sopravvivere Battiato ha dovuto sottostare a chi gli chiedeva canzonette, un ruolo troppo stretto per chi aveva fame di sperimentazione.
Così nel 1971 arrivò il cambio drastico di rotta, con Pollution e Fetus, due lavori che ancora oggi sono pietre miliari del progressive rock europeo. Il secondo, che riporta in copertina un feto umano viene addirittura sequestrato dalle autorità. Già all’epoca la voglia di lasciare il segno era chiara e mai più affidata alle richieste del pubblico generalista o delle major. Franco Battiato, quell’uomo scarno e mite dalla voce sottile, nascondeva la forza e l’entusiasmo di mille generi musicali, apprezzabili in ogni nota dei moltissimi lavori che ci ha lasciato e che vale la pena ascoltare senza distrarsi.