“Tra noi c’è un incastro naturale e il filo conduttore sono il modo in cui componiamo i dischi e i momenti in sala prove”
L’intervista a Francesco Sarcina e Marco Castellani non poteva che sfociare in una riflessione sul rapporto tra genitori, figli e l’educazione al bello e all’arte.
Le Vibrazioni sono una di quelle band che, ancora oggi, riesce a far stare in prima fila diverse generazioni e rendere i live un momento di aggregazione, oltre che musicale.
Ne è stato un esempio il live al Forum di Assago dello scorso 26 marzo: solitamente, dopo cinque anni di pausa e un evidente ricambio generazionale (anche musicale), ci si aspetta di ritrovare un pubblico “storico”, ma non è stato il loro caso.
Quello de Le Vibrazioni è un pubblico “diverso”, dove anche i giovanissimi posano il cellulare per godersi il concerto e cantare non solo brani storici come Vieni da me, ma anche quelli nuovi come Pensami Così, Cambia, Amore Zen e l’ultima L’amore mi fa male.
Un’estate con questo nuovo singolo e un tour che tocca numerose città italiane, ma attenzione, presto ci saranno delle novità. Qualche anticipazione?
Le Vibrazioni: l’intervista
Qual è il filo conduttore che si ritrova in ogni album? Quali sono le caratteristiche che permettono di riconoscere e identificare un vostro disco?
Francesco Sarcina: Sicuramente, si capisce che è un nostro disco dal fatto che è vero cioè tendiamo sempre a far prevalere la veridicità musicale. Per esempio, le batterie sono suonate e registrate in un certo modo, così come le chitarre e nella parte melodica c’è del cantautorale.
All’interno della band si amalgama tutto e viene vestito con queste sonorità che sono uniche, proprie della band. Le Vibrazioni sono riconoscibili da un punto di vista sonoro, vocale e probabilmente anche per la scrittura: ci sono un insieme di caratteristiche definite.
Marco Castellani: Noi quattro siamo molto diversi, ma accomunati da una visione comune della musica che è quella di portarla sul palcoscenico senza avvalersi di tecnologie, basi, e cose varie.
Sono diversi anche gli ascolti fatti durante il periodo in cui non siamo stati insieme. Sono stati quattro percorsi completamente diversi: lui (Francesco Sarcina) si è concentrato sulla sua attività da solista, io sono stato a suonare all’estero, Stefano Verderi ha composto altri lavori, per esempio.
Inevitabilmente, ognuno di noi porta in quello che suoniamo “quel qualcosa” e questo si sente, per esempio, in una canzone con base cantautorale, a cui si aggiungono la visione ritmica di Alessandro Deidda, quella armonica, di contrappunto e arrangiamento di Verderi. Siamo “esattamente noi” sul nostro strumento e negli interventi musicali.
Sono tanti particolari e caratteristiche diverse che si incontrano quando suoniamo.
Francesco Sarcina: C’è un incastro naturale e il filo conduttore è proprio questo: il modo in cui componiamo i dischi e i momenti in sala prove
C’è un album che sintetizza perfettamente tutto questo discorso, che vi rappresenta come gruppo?
Francesco Sarcina: Sicuramente direi Officine Meccaniche. È stato il terzo l’album, ci abbiamo lavorato intensamente: sono state portate delle sonorità che volevamo inserire da tempo, più old school, ho usato il nastro analogico. Credo la pensino così anche gli altri due (Stefano Verderi e Alessandro Deidda).
Questo, però, non vuol dire che Officine Meccaniche sia più o meno famoso, perché non ha a che fare con il successo, ma con il metodo di lavoro. È stato proprio bello stare due mesi alle Officine Meccaniche, in mezzo a quell’odore di amplificatori vintage.
Marco Castellani: È un disco che è stato arrangiato già in studio, le idee per lavorarci c’erano da tantissimo tempo: ci sono canzoni come Dimmi che è proprio una delle “classiche” in stile Le Vibrazioni, penso poi a Drammaturgia in cui ci sono assolutamente degli esperimenti folli…
Francesco Sarcina: Oppure Sai, funky…
Marco Castellani: In quel disco ci sono tutte le nostre influenze, dal funky alla psichedelia dei Pink Floyd fino al pop italiano classico, proprio quello di una volta..
Per quanto riguarda il modo di lavorare e di presentarvi al live: c’è stato un cambio generazionale (per esempio, i ragazzi vengono lì con il cellulare e filmano gran parte del concerto). Com’è cambiato il vostro rapporto con il live e con il pubblico?
Francesco Sarcina: Devo dire che il nostro pubblico non è così, ma il concerto se lo gode ancora.
Non siamo un fenomeno televisivo; di solito vai a riprendere dei fenomeni che arrivano da altre entità (come i talent) che tu vuoi andare a vedere. C’è questa smania di andare a vedere il personaggio, capito?
Noi arriviamo da vent’anni di musica, quindi il giovanissimo si fa sì la ripresa ma della canzone storica come Vieni da Me e non sta tutto il tempo con il telefonino. Vedo la gente del pubblico che se lo gode il concerto.
Marco Castellani: Anzi, addirittura per delle canzoni devi esortare lui (Francesco Sarcina).
Francesco Sarcina: Si, a volte devo dire “tirate fuori il telefono”
Marco Castellani: “Tirate fuori il telefono che adesso facciamo un pezzo che siamo venuti a filmare, quindi tirate fuori il telefono”. Noi siamo molto orgogliosi di quello che facciamo sul palco: è il momento che curiamo in assoluto, è la cosa che amiamo di più fare…
Francesco Sarcina: Beh, facciamo questo mestiere per suonare dal vivo.
Marco Castellani: Partecipare al concerto ed essere lì: sappiamo tutti che è completamente un’altra cosa, anche perché raramente trovi delle riprese con l’audio di un certo tipo ed è anche difficile trovare una canzone intera.
Se cerchi il concerto di Bruno Mars, non trovi mai una roba decente a meno che non sia stato trasmesso in televisione
Francesco Sarcina: Più che altro poi ci cantano sopra stonati e pensano che sia io (ride)
Marco Castellani: Filmare non è l’alternativa ad andare ad un concerto e lo capiscono anche i giovanissimi, sono molto svegli e partecipano a molti live (anche se non si vendono più dischi)
Francesco Sarcina: La nuova generazione…è come se avesse ripreso dei valori che si sono persi.
Marco Castellani: E poi, a differenza dei tempi nostri, c’è meno ostilità verso chi fa musica diversa da quella che piace a se stessi (prima c’erano proprio le sassaiole, cioè il gruppo punk con le fazioni). Adesso i giovani sono un po’ più aperti: ascolti metal? Va bene.
Francesco Sarcina: Devo dire che, forse, oggi ci sono meno generi rispetto ad un tempo.
Marco Castellani: C’è anche un po’ meno cultura musicale, per colpa dei genitori…
Perché per colpa dei genitori?
Marco Castellani: Perché c’è meno educazione all’arte in generale e alla musica.
Francesco Sarcina: Non c’è un minimo di attenzione nel voler educare i figli all’arte, sensibilizzarli, perché non gliene frega un cavolo, hanno il telefonino…
Marco Castellani: Ad esempio, andando a suonare all’estero (Nord America, negli Stati Uniti, in Asia) ho capito che ci sono Paesi in cui la situazione è diversa, perché ti accorgi di quanto le orecchie delle persone siano più preparate ad apprendere la musica, il testo, la canzone, il suono, le sonorità…
Francesco Sarcina: Ascoltano di più
Marco Castellani: Purtroppo in Italia e in Europa abbiamo un po’ perso la voglia di insegnare ai figli il bello, gli strumenti per distinguere e capire cosa piace e cosa no.
Francesco Sarcina: L’ho notato anche io andando in Spagna, in Francia: c’è molta più attenzione e ci sono più spazi per suonare dal vivo. È un problema diventato quasi sociologico perché hanno limitato questi luoghi: hai pochi posti dove suonare e quindi la gente non è più abituata, si è persa l’abitudine…
Però ci sono tanti Festival.
Francesco Sarcina: Non c’è la via di mezzo tra il festival e il locale. Prima ce n’erano una marea: mi ricordo che negli anni ‘90 suonavamo ovunque.
Marco Castellani: In generale, eravamo più educati a guardarci intorno. È importante, per esempio, portare un bambino a vedere un tramonto e chiedere cosa gli è piaciuto, cosa ha visto, cosa ha sentito oppure fargli ascoltare una canzone dei The Beatles e farsi spiegare cosa ha provato. Poi sta ad ognuno di loro usare la propria fantasia
Avete pubblicato molti singoli che non fanno parte dell’album V: “Amore Zen”, “Pensami Così”, “Cambia” e l’ultimo “L’amore mi fa male”. Andranno tutti in un nuovo disco?
Francesco Sarcina e Marco Castellani: Non sappiamo, non si sa… (ridono)
Marco Castellani: Ci piacerebbe! Ci manca non avere il supporto fisico, poi veniamo da quella generazione…
Francesco Sarcina: In realtà ci sono già 5 singoli, che è già tanta roba..
Marco Castellani: Non ci siamo mai fermati…
Ma ci state pensando ad un nuovo album?
Francesco Sarcina: Stiamo pensando a parecchie cose: potremmo anche fare un doppio album, volendo.. (ridono)
Marco Castellani: Di canzoni ne abbiamo
Francesco Sarcina: Ma vale la pena farlo?
Marco Castellani: Quelle che vengono classificate come B-Side vengono mollati lì, ma nel nostro ultimo disco V ci sono delle canzoni che in realtà potevano essere singoli da pubblicare. Ma poi “diventa vecchio” e tanto vale tenercele le canzoni
Francesco Sarcina: In un attimo diventa “vecchio” ed è un peccato sprecarle.
Marco Castellani: Noi ci mettiamo veramente lo stesso sangue e umore in ogni accordo, anche nella canzone che non andrà mai in radio.
Francesco Sarcina: Avrebbe senso fare una raccolta di tutti i brani finali, anche se penso che, ormai, ognuno se la faccia da solo, si fa il suo disco. Stavamo ragionando su che cosa fare, su come farlo, ma non abbiamo ancora le idee chiare su questo.
Il concerto al Forum di Assago è andato davvero bene anche grazie alla voglia, da parte del pubblico, di ascoltare live i nuovi brani de Le Vibrazioni
Francesco Sarcina: Al Forum è stato strepitoso.
Marco Castellani: Eravamo sorpresi perché avevamo fatto di tutto affinché fosse così e alla fine abbiamo detto “Ammazza che bomba”. C’è stata tanta gente e giusta: era lì per cantare, per stare insieme, per un evento di aggregazione.
Francesco Sarcina: È bello sapere di essere amato. Come se ci fosse, come dici tu, anzi c’è ancora fame e voglia di Le Vibrazioni. Canzoni come “Pensami così”, nata da chitarra e voce su un letto e solo successivamente arrangiata, è l’esempio della “cosa migliore”.
Quando un pezzo nasce “pulito”, la sua bellezza e potenza si vedono dopo cioè quando l’ascolti e hai voglia di suonarla anche tu in spiaggia con un falò. È questa la chiave.
Marco Castellani: Quella canzone (Pensami Così) – sarà stato anche il momento storico particolare perché avevamo Sanremo – la gente l’apprezza, la ricanta, la risuona, ti sorprende. Ci ha dato veramente una potenza, una forza, è stato un refil di benzina potentissimo. Fa sentir bene questa cosa.
Francesco Sarcina: Sì, quando è inaspettato è ancora meglio.
C’è mai stato un momento in cui pensavate di cambiare totalmente vita e non occuparvi più di musica?
Francesco Sarcina: No, no, questo no. La musica, in un modo o nell’altro, magari anche occupandosene in un’altra veste, è sempre al centro. Non so fare altro.
Tipo?
Francesco Sarcina: Un po’ lo si sta facendo da indipendenti perché non fai solo l’artista, ma anche altro perché ti occupi della gestione, dell’organizzazione, della produzione.
È diverso, è già un’altra visione, devi proprio scindere a volte ed è pesante perché non è facile da fare questa cosa.
Ho avuto ogni tanto questa voglia di cambiare, ci penso: me ne andrei veramente a vivere da un’altra parte, però poi penso “e poi? dopo? Sto al mare, è una figata, tutto bellissimo…e chi suona? dopo? come si fa?”
A me piace tanto suonare e non saprei cosa altro fare e anche gli altri sono dediti alla musica, completamente.
Marco Castellani: Poi ognuno di noi sviluppa delle passioni artistiche, fa anche altro, però sempre in ambito artistico
Francesco Sarcina: Oddio, io potrei fare il falegname: sono bravo a lavorare il legno (ride).
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