Domani, lunedì 27 gennaio, alle 18.30 il compositore e pianista classico Francesco Grillo incontrerà i fan alla Feltrinelli di Piazza Piemonte (metropolitana linea rossa M1, fermata Wagner) e suonerà alcuni brani dal suo terzo album Frame: un affascinante viaggio tra la classica e il jazz, che completa il percorso artistico avviato nel 2010 da Otto (con Enrico Rava e Nico Gori) e proseguito nel 2011 con HighBall (contenente i duetti assieme a Stefano Bollani).
“Non amo la musica come gara, preferisco chi crea spazi per esibirsi e stare insieme” racconta Francesco Grillo a Milano Weekend, con una frecciata al modello talent show. “Sicuramente il mio prossimo lavoro non sarà per piano solo, sto già lavorando a cose nuove, con altri strumenti, duetti e concerti per pianoforte e orchestra. Ma senza fretta”. Il suo rapporto con Milano (“ricca di case stupende, piazze e parchi e offre tanto alla cultura”) è ambivalente, gli piace “andar via e poi ritornare” .
Bill Evans e Bud Powell sono i suoi principali riferimenti nel mondo del jazz, i nomi – tra gli altri – che hanno permesso a Francesco Grillo di creare uno stile avvincente e versatile. Il sogno nel cassetto è portare la sua musica a più persone possibili. “Un’idea può arrivare in qualsiasi luogo, passeggiando o alla guida. La canzone perfetta non esiste, né faccio distinzione tra i generi. L’importante è che sia grande musica”.
Quale traccia di Frame ti rappresenta di più?
“Sono descrizioni in musica di tutto quello che mi circonda. Liszt amava descrivere paesaggi bucolici, come in ‘Giochi d’acqua a Villa d’Este’, Schumann le scene del bosco. L’importante è descrivere, raccontare. Amo soprattutto i brani lenti di questo disco: rispecchiano i momenti di intimità che stavo vivendo. Molte tracce sono state composte a Bee, un posto sul Lago Maggiore, meraviglioso per stare con se stessi, dove ho una casa, il mio rifugio”.
Possiamo definirlo l’album della consacrazione?
“Sono parole che appartengono a chi ascolta. Il compositore lo fa per esigenza interiore, ogni sua tappa è un momento differente. Lo ritengo speciale perché sono da solo e mi racconto liberamente”.
Quali altri ambiti dell’arte ti ispirano?
“Amo molto la pittura e seguo le mostre. Lotto, Michelangelo, Caravaggio, ma anche i moderni: Magritte, Pollock. La differenza è che la musica non è immanente: il suono arriva e poi svanisce, nel momento in cui non c’è non lo si percepisce. Riguarda il suono della vita. Dove colpisce la musica? Non si sa”.
Un ricordo di un’esibizione alla quale sei legato?
“Preferisco i teatri, anche molto piccoli ma con buona acustica. Una volta, in Messico, suonando i miei brani mi colpì vedere tanti giovani che erano lì con biciclette e motorini, appassionati come a una festa”.
Che rapporto hai con il pubblico?
“Quello che mi piace e che dovrebbe accadere sempre è il fatto che un concerto ti debba un po’ cambiare la vita, non devi essere lo stesso di quando sei entrato. In questo senso sono felice, perché sento molto il pubblico durante il concerto, lo scambio e la tensione. Porto quello che accade nella vita: si è sereni, disperati, anche all’interno della stessa giornata. La mia musica viene recepita in modo sereno, diretto, semplice. Tutti possono godere e apprezzare la bella musica”.
Come si comportano i fan oggi?
“Quello che segna veramente le generazioni è l’ascolto del pop, l’unico genere che cambia nel tempo. Non si può prescindere dalla tradizione, è importante ascoltare un po’ di tutto, soprattutto la classica”.
Biografia e tracklist su www.francescogrillo.eu