Force Majeure (Forza Maggiore) è uno dei casi cinematografici dell’anno: dopo aver vinto il Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, è stato infatti candidato ai Golden Globe 2015 e agli European Film Award.
La storia raccontata dal regista svedese Ruben Östlund (Involuntary, Incident by a bank, Play) è di per sé semplice: Tomas (Johannes Bah Kuhnke), sua moglie Ebba (Lisa Loven Kongsli) e i loro due bambini sono in vacanza per una settimana di sci sulle Alpi francesi. Il sole splende, la vista è spettacolare, ma durante un pranzo sulla terrazza dell’albergo una valanga improvvisa sembra sul punto di travolgere i villeggianti. Mentre tutti fuggono terrorizzati e Ebba stringe a sé i bambini per proteggerli, Thomas reagisce in un modo che sconvolgerà il suo matrimonio e lo obbligherà a riflettere sul proprio ruolo di padre e marito.
Forza Maggiore, in uscita il prossimo 7 maggio nei cinema italiani, indaga, come in una sorta di esperimento sociologico, gli istinti primari dell’uomo davanti alla paura e al pericolo: durante i disastri vale davvero la regola “prima le donne e i bambini”? Da uno studio condotto nel 2012 da Mikael Elinder e Oscar Erixson della Università di Uppsala su oltre 18 disastri marittimi occorsi  nel corso degli ultimi tre secoli, sembrerebbe proprio di no: di fronte a situazioni improvvise e inaspettate come le catastrofi, gli esseri umani reagiscono abbandonandosi agli istinti più bassi pur di sopravvivere. Così, al grido di “Si salvi chi può”, sono proprio i deboli a soccombere, mentre gli uomini -che secondo i canoni della società in cui viviamo dovrebbero proteggere- spesso indietreggiano davanti al pericolo. Non a caso, buona parte delle coppie che sopravvivono alle catastrofi finiscono per divorziare.
Infantile, fragile, contraddittorio fino a diventare grottesco è proprio il modello maschile a essere analizzato e messo sotto accusa: tra suspance e ironia, il film di Östlund ci mostra all’inizio il ritratto quasi stucchevole di una famiglia perfetta per poi travolgerci con una valanga di neve e dubbi. I legami di fiducia e amore che abbiamo costruito nella nostra vita sono reali? Siamo davvero le brave persone che crediamo di essere?
Interni claustrofobici si alternano al bianco delle montagne, spesso usato teatralmente come fade-to-white; la fotografia, affidata a Fredik Wenzel, è nitida, simmetrica, lineare, a sottolineare l’eleganza della regia di Östlund.
Il nostro voto: 6+
Una frase: “Non condivido la tua interpretazione dei fatti”.
Per chi: ama indagare l’animo umanoÂ