Ci sono argomenti che ci appaiono, il più delle volte, distanti da noi; ma nel momento in cui vengono veicolati tramite il teatro, ci toccano profondamente, avvertendoli più vicini – ovviamente dipende anche dal come lo si fa. È accaduto così per Fine pena: ora al Piccolo Teatro Grassi. Ve ne avevamo parlato con molta curiosità dopo aver assistito alla conferenza stampa di presentazione ed effettivamente la visione non ha deluso le aspettative, anzi.
‘Fine pena: ora’: la scheda
Nel 1985, a Torino, si celebra un maxiprocesso alla mafia catanese. I lavori durano quasi due anni. Tra gli imputati figura Salvatore, poco più che un ragazzo, ma già un criminale che ha lasciato dietro di sé una scia di morti ammazzati e di azionicriminose: sarà condannato all’ergastolo. Tra lui e il presidente della Corte di Assise si è stabilito un rapporto di reciproco rispetto, quasi di fiducia. Il giorno dopo la sentenza, d’impulso, il giudice gli scrive e gli invia in carcere un libro.
Sarà l’inizio di una corrispondenza destinata a durare ventisei anni.
‘Fine pena: ora’: la recensione
Il bello di questo testo di Paolo Giordano, liberamente tratto dal libro omonimo di Elvio Fassone, è che ci si trova di fronte a una situazione specifica, avendo razionalmente e col cuore ben a mente che si sta parlando di uomini. Questo, però, non significa santificare chi ha spagliato né tantomeno il giudice. Quadro dopo quadro emergono le contraddizioni dell’essere umano al di là del ruolo, che è sì fondamentale in questa storia, ma al contempo è come se tutto venisse sublimato.
La regia cinematografica di Mauro Avogadro (esaltata dalle luci sempre molto studiate di Claudio De Pace) pone gli accenti giusti su una vicenda e una questione – quella dell’ergastolo – sui cui ciascuno di noi dovrebbe riflettere, non solo chi legifera. Gli interpreti, Sergio Leone (compito, determinato e a tratti volutamente sommesso nei panni del giudice) e Paolo Pierobon (straordinario per la verità con cui riesce a incarnare l’ergastolano), in questo spettacolo, forse, più che in altri, hanno in mano la temperatura emotiva dei personaggi e di riflesso del pubblico.
Non è affatto semplice anche solo intuire cosa voglia dire esser in carcere, Fine pena: ora lo fa provare sulla pelle di ogni spettatore, scoperchiando il meccanismo da gabbia che tutti noi possiamo vivere/crearci. Le scene di Marco Rossi si prestano ad essere dei fotogrammi che restano impressi nella memoria, rilanciando mille domande sulle pene date a chi ha sbagliato, su chi è dentro e chi è fuori – apparentemente salvo. Fine pena: ora è stato voluto dal Piccolo Teatro e ci si augura che, come spesso accade con le produzioni proprie, possa avere una vita duratura. Si presta a materia di dibattito tra gli studenti e, in generale, tra i cittadini – esseri umani, capaci di dimenticarsi dell’altro fino a chiudersi nella propria solitudine. Il teatro può servire a scuotere.
Riassumendo
Fine pena: ora, dal 21 novembre al 22 dicembre 2017
Piccolo Teatro Grassi
DURATA: 105′
ORARI: lunedì riposo; martedì, giovedì h 19,30; mercoledì e venerdì h 20,30
PREZZI: platea 33€; balconata 26€