Quando un padre diventa veramente tale? A questa domanda cerca di rispondere il regista giapponese Hirokazu Kore-eda con Father and son, film Gran Premio della Giuria a Cannes 2013 nelle sale da giovedì 3 aprile.
Dopo Nessuno lo sa, Aruitemo Aruitemo (Still walking) e Kiseki (I Wish), Kore-eda torna sul grande schermo per raccontare un’altra storia familiare, quella del freddo Ryota Nonomiya, un architetto di successo convinto che nessuno potrà impedirgli di avere la vita perfetta cui ha sempre aspirato. Un giorno però l’esistenza di Ryota e della remissiva moglie Midori viene sconvolta da una telefonata inattesa proveniente dall’ospedale dove la donna ha partorito: il loro bambino di sei anni, Keita, non è il loro figlio biologico. C’è stato uno scambio di neonati e, dopo il parto, il vero bambino dei Nonomiya è stato cresciuto in periferia da una coppia modesta ma felice, i Saiki, meccanico lui, impiegata in un fast food lei.
Ryota è quindi costretto a prendere una decisione fondamentale, scegliendo fra il figlio che è sangue del suo sangue e quello che allevato a essere un vincente senza mai accettarlo davvero. Colpito dall’attaccamento che Midori dimostra nei confronti di Keita, Ryota comincia a interrogarsi: “Ѐ mai stato un padre in tutti questi anni?”
In Father and son Kore-eda indaga con pudore, ma senza la capacità di liberarsi da alcuni cliché, l’animo di un uomo che si interroga sul suo essere padre solo quando la paura di perdere il proprio figlio lo costringe a farlo. Atmosfere rarefatte, gusto chirurgico per le inquadrature, simmetria nelle composizioni e movimenti lenti della camera: Father and son è un film elegante come solo i film giapponesi sanno essere, in cui il conflitto lacerante fra l’amore per due bambini viene esasperato dalle rigorose scelte formali del regista.
Il nostro voto: 7
Una frase: “Per gli uomini, come per i cavalli, è questione di sangue”
Per chi: ama il cinema d’autore made in Japan