Dolcenera sarà in concerto a Milano il prossimo lunedì 18 novembre, in occasione del tour”Diversamente Pop”.
Ad ospitare la cantautrice e i musicisti che l’accompagnano, sarà il Teatro della Luna ( Via Giuseppe di Vittorio, 6), a partire dalle ore 21.
I biglietti per la data milanese sono disponibili su tutti i circuiti online e punti vendita autorizzati, a partire da un costo di 24,90 euro, comprensivo del diritto di prevendita.
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Cosa aspettarsi dal concerto al Teatro della Luna? Ce l’ha raccontato la stessa Dolcenera durante questa intervista, ma non solo.
Per esempio,sapete perché si definisce una provocatrice?
La nostra intervista a Dolcenera
Come stai? Come stai vivendo questo periodo?
Devo dire molto bene: è un bel periodo perché sto dando e ricevendo molta energia in questo tour.
Inoltre, vedo delle belle reazioni da parte del pubblico: le persone sono prese bene da subito, si vede che hanno la voglia di alzarsi dalle sedie e ballare, per esempio.
Sarà anche per il bel lavoro che abbiamo fatto, probabilmente: dalla scaletta all’energia che abbiamo sul palco fino al talento dei musicisti che sono giovani, ma così pieni di entusiasmo (il più piccolo ha 19 anni, il più grande 25)
Ecco, per il tour, hai scelto proprio il teatro, un ambiente con l’atmosfera ideale per accogliere la tua musica, il tuo metterti al pianoforte e cantare. Sia questo strumento che l’ambientazione suggeriscono un’esecuzione e un ascolto intimo ed empatico. Come è nata la scelta del teatro e che rapporto hai?
Il teatro ti permette l’intimità nella comunicazione e il mio pensiero fisso, a cui dò molto valore, è il fatto di essere quanto più veri possibile in un mestiere in cui la finzione è di casa perché si chiama appunto spettacolo (messa in scena a livello teatrale).
È una cosa importante, per me, non vivere questo mondo in una maniera patinata cercando di crearmi un personaggio.
Proprio per questa veridicità, per questa necessità di essere veri in quest’ambiente, che hai scelto il titolo “Diversamente Pop“? È per allontanarti, distaccarti dalla necessità che c’è di inquadrare l’artista in qualche genere?
Nella vita c’è un bisogno incredibile di schemi, di dividere e “selezionare” le persone, gli artisti.
Nel mio percorso artistico c’è un punto fisso che è la parte cantautoriale, mi riferisco alla scrittura dei testi, che significa anche avere lo sguardo sul mondo, sul sociale.
Non si tratta di scrivere solo canzoni d’amore o volte solo al personale, ma avere anche un’idea politica, una socialità e avere il coraggio di raccontare, di viverla.
Il mio punto fisso è mantenere salda questa tradizione, inoltre, il pubblico sa anche che,dal punto di vista musicale, sono un’esploratrice.
Infatti, c’è sempre stata una ricerca del suono, per esempio come nell’ultimo singolo “Amaremare“.
“Amaremare” racconta proprio la parte sociale ed è cantautorale perché mette in centro un’idea sociale, mentre il sound è una ricerca.
Continuo ad avere questa voglia di ricerca tanto da spingermi ad abbracciare le percussioni di tutto il mondo fino ai synth che sono electro, più “nordici”.
Nel live si mettono insieme grazie anche alla grande capacità della band, ai ragazzi che sono polistrumentisti.
In questo brano c’è una parte in cui canti “Un bimbo gioca in spiaggia innocente, mi dice che la fine è imminente, che è anche colpa mia è evidente“. Un’immagine molto forte. Com’è nato questo pezzo? C’è stato un episodio particolare che ti ha spinta a comporlo? Sei sempre un’artista che ci ha messo la faccia, la voce nelle tue idee, penso, per esempio, alla collaborazione con Green Peace.
Questo brano è nato proprio a Milano, l’ultimo venerdì di maggio: sono rimasta bloccata nella manifestazione del “Pride for future”, nel Global Straight, perdendo un appuntamento di lavoro.
Da qualcosa che potesse sembrare negativo (il fatto di essere bloccata e non poter andare all’appuntamento) si è trasformato in qualcosa di positivo.
Mi sono resa conto di essere alla manifestazione più importante degli ultimi vent’anni, a livello mondiale, perché i ragazzi non manifestavano in contemporanea per una causa comune dalla Guerra del Golfo: c’era un’energia che mi ha toccato particolarmente, mi ha fatto pensare a questa forte motivazione (salvaguardia del pianeta) che spingeva i ragazzi di tutto il mondo a manifestare.
La motivazione si eleva al pensiero “Basta con gli interessi economici prima di tutto” perché è questo per cui combattono.
Mi ha colpito tantissimo e mi ha fatto scaturire l’urgenza della scrittura, talmente tanto urgente che il pezzo l’ho scritto in 15 giorni. Non dimenticherò mai quel venerdì a Milano.
Quindi, credi molto al fatto che la musica possa avere un ruolo anche sociale?
Oltre all’entertainment, la musica ha sempre avuto questo ruolo, ma il problema è la percentuale di questi due aspetti: in tempi passati era un po’ più alta la parte sociale, mentre oggi, dove la parte economica sovrasta un po’ tutto (dall’ambiente alla musica), questo aspetto è un po’ più relegato, di nicchia.
Diciamocela tutta.
Questo ha penalizzato la produzione secondo te?
No, ha favorito la produzione di dischi più “leggeri”.
Penso che c’è sempre una tendenza e una controtendenza perché sono corsi e ricorsi storici: ad un certo punto si ritornerà ad aver voglia di dare un altro valore alla musica, magari ci si stancherà della leggerezza.
Questa leggerezza nella musica, parte da un’esigenza dettata dall’epoca che stiamo vivendo o dalle dinamiche del mercato musicale?
La leggerezza nella musica, la percentuale di leggerezza e di entertainment vengono fuori un po’ per la prevalenza dei motivi economici, ma anche perché è un momento in cui, a livello mondiale, si percepiscono delle cose irrisolte.
Penso alle situazioni di crisi, anche familiari, il ceto medio che diventa ceto povero e di conseguenza non si ha voglia di pensare a cose più “grandi” perché ci sono già tanti problemi nella vita quotidiana.
Abbiamo anche voglia di leggerezza e non deve essere presa in maniera negativa vedere la musica solo come mero intrattenimento, ma il problema è sempre l’equilibrio tra questa parte e il ruolo sociale.
La musica rispecchia sempre la società.
Il 18 novembre ti esibirai al Teatro della Luna di Milano. Hai pensato a qualcosa di particolare per questa occasione? Ad esempio, la scelta della scaletta. Inoltre, chi saranno i musicisti che ti accompagneranno?
La scelta della scaletta ha permesso di generare un’energia profonda e ancestrale, per esempio, nel momento in cui ci saranno le percussioni si comincerà a danzare in una maniera tribale, contrapponendosi a momenti più intimi con qualche pezzo che racconta di esperienze un po’ più toccanti.
Durante i miei concerti, vedo tante persone piangere non per la canzone d’amore in sé, ma perché l’esperienza che racconto.
Quindi, questo passaggio dalla danza al pianto, questi stati emotivi contrastanti ti portano a vivere tutte le emozioni: è questo che caratterizza la scaletta di questo tour
Tutto questo sarà possibile grazie ai musicisti: Davide Savarè, Stefano Rossi, Pietro Venza, Marcello Nesi e Giole Pizzuti.
Sul palco, sono difficili da gestire tutte queste emozioni? Sei una persona e artista molto empatica
Sono molto empatica e mi piace “sbattermi” in faccia l’emozioni, senza mezzi termini, chiamare le cose con il proprio nome e quindi mi “trascino” in maniera repentina e questo dà al concerto un’evoluzione emotiva inaspettata e intensa, totalizzante.
Poi, sono una provocatrice, nel senso che voglio abbattere gli schemi del rapporto tra pubblico e artista e coinvolgere tantissimo.
Provocatrice anche nella ricerca musicale, come ho fatto in questi ultimi anni: la scelta delle percussioni di tutto il mondo, del recuperare la verità, del recuperare i ritmi ancestrali.
Le persone devono spogliarsi quando vengono al concerto, spogliarsi di uno schema, di una struttura che il mondo e la vita ci impone: questo è l’obiettivo.
A quanto pare, ci riesco perché lo voglio fare per prima su di me.
Musica a Milano
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