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De Gregori segreto per 200 spettatori a sera all’Out Off di Milano

Paolo Crespi 3 settimane fa
de gregori concerto neverending

Diventerà un documentario, per la gioia di chi c’era e di chi non è riuscito a trovare un posto libero, Nevergreen (perfette sconosciute), il live di Francesco De Gregori in scena per duecento spettatori a sera all’Out Off di Milano fino al 23 novembre. Un percorso – come suggerisce anche il titolo dato a questa serie di concerti intimi – da music club, che permette al principe dei nostri cantautori, classe 1951, di rovesciare la logica prevalente per cui gli artisti, grandi e meno grandi, si rassegnano, andando avanti con gli anni, a esibirsi continuamente nella replica (non sempre esaltante) di se stessi, ovvero nella colonna sonora della vita degli altri, fan e semplici ascoltatori, in cui li hanno imbrigliati alcune indimenticabili hit, macinate a lungo dalla discografia, dalla radio, dalla tv e oggi dalle implacabili playlist delle piattaforme digitali, dove a fare i “numeri da scaricare” sono quasi sempre le solite canzoni.

Un programma da “resident singer”, limitato a venti concerti, questo organizzato da Partners&Friends nella sala milanese, che rinnova il successo dei live Off The Record del 2019, realizzati al Teatro Garbatella di Roma poco prima del fermo biologico della pandemia. Ad accompagnare De Gregori in questa nuova prova di prossimità con il suo pubblico, ritroviamo sul palco dell’Out Off gli stessi ottimi musicisti (con qualche new entry) della sua affiatata band di allora: Guido Guglielminetti (basso e contrabasso), Carlo Gaudiello (piano e tastiere), Primiano Di Biase (hammond e fisarmonica), Paolo Giovenchi (chitarre), Alessandro Valle (pedal steel guitar e mandolino) e Simone Talone (batteria e percussioni), con il supporto della corista Francesca La Colla. Il sound che si sprigiona dagli strumenti utilizzati rigorosamente live, senza ricorsi a sequenze o altri espedienti, è molto ricco, vario e piacevole nel sottolineare testi di varie epoche e differenti stili compositivi, galvanizzato nell’ultima parte del concerto dal sax del musicista ospite Amadeo Bianchi.

Sempre misurato ma più ciarliero del solito, complice il corpo a corpo con gli spettatori, autorizzati persino a riprendere con i telefonini («fate come volete, ci sono abituato…»), De Gregori inanella una dopo l’altra molte delle “gemme nascoste”, anche se tutte edite, della sua vasta produzione, inframmezzate a qualche brano decisamente più noto, come Quattro cani, che apre la scaletta di venti (un numero che ritorna in un quadro suscettibile di variazioni per l’ingresso di ospiti a sorpresa, annunciati al momento), o come Cercando un altro Egitto, che la chiude, passando per il super classico Bufalo Bill.

Riscopriamo così, o incontriamo per la prima volta, rapiti da un flusso sonoro sempre sostenuto e convincente, tessere del mosaico come La ragazza e la miniera, dove “la vita è un lavoro a cottimo e il cuore un cespuglio di spine”, Caterina, omaggio alla folk singer Caterina Bueno (e attraverso di lei a Giovanna Marini), con cui il giovane cantautore fece le sue prime esperienze di palco come chitarrista, Caldo e scuro, sorta di viaggio on the road sulle tracce di un amore già alle spalle.

Il loro autore è perfettamente a suo agio sul palco, sia che canti, sia che scherzi con gli astanti e con il super ospite di turno: dopo Pacifico, Gianna Nannini e Malika Ayane, mercoledì è stata la volta di Elisa, che ha duettato con Francesco sulle note di Can’t Help Falling in Love, in una versione tradotta in italiano del canto popolare friulano Stelutis Alpinis e nel brano da lei composto ad hoc qualche anno fa Quelli che restano. E la voce del padrone di casa, non è banale dirlo, è eccezionalmente fresca e duttile, intonata come sempre, aderente come non mai a testi da antologia, i suoi, che fanno parte della storia della canzone italiana. I bis, molto applauditi come il resto, sono invariabilmente due («mi spiace, non si accettano richieste»): Pezzi di vetro e BuonanotteFiorellino, con i più coraggiosi invitati a farsi un bel giro di walzer dotto la pedana. Uno spettacolo nello spettacolo, che suggella un patto fra lo sciamano con il cappello a lobbia e gli occhiali e chi ha voglia di continuare a danzare nella vita.