In un’intervista a Jazz Italia del 2006, il musicista e compositore Pietro Leveratto affermò che un contrabbassista esegue “statisticamente un minuto d’assolo contro sei ore d’accompagnamento”. Un ruolo preciso, che impone “il godimento di portare il tempo” e di essere una “spina dorsale” meno visibile di altri strumenti.
Con alle spalle gli studi al Conservatorio, all’Accademia del Teatro alla Scala e varie esperienze anche all’estero, il giovane contrabbassista milanese Davide Tedesco ha intrapreso un percorso sperimentale che aggiunge alle potenzialità acustiche dello strumento, dell’archetto e della cassa di risonanza, quelle della loop station.
Tedesco presenterà il suo album d’esordio Unconventional Spaces – disponibile per l’ascolto su Spotify – domani sera venerdì 4 marzo dalle ore 21, al coworking Unità di Produzione di via Andrea Cesalpino 7 (zona Sarpi), con Chiara Castello (I’m not a blonde) alla voce ed Eloisa Manera al violino. Ingresso gratuito.
Davide, chi sono i tuoi riferimenti ideali? Sia per il tuo strumento che nel mondo musicale più ampio, oggi e ieri.
Per il mio strumento in versione acustica, grandi jazzisti come Dave Holland, Ron Carter, Scott LaFaro. Ce ne sono molti meno nell’ambito del contrabbasso elettrificato. In generale, però, sono molto influenzato dai chitarristi. Sono andato al di là dell’accompagnamento non per mancanza di voglia, ma per entrare completamente nella tessitura musicale, come fa il contrappunto nella musica classica: è un approccio condiviso con i musicisti con cui ho suonato. La formazione accademica ti imposta per diventare una sorta di solista, anche se poi non lo farai.
Restando al jazz: sei più a tuo agio nel duo, trio o in una big band?
Come musicofilo, tutte le esperienze finora sono state meravigliose: però a livello performativo il duo e il trio danno più possibilità.
Chi è il pubblico di questo album sperimentale?
C’è chi vuole trovare a tutti i costi una chiave di ascolto. Altri si lasciano andare liberamente. Per me, questo lavoro è dedicato alla semplicità: ho pensato a un pubblico che non sapesse nulla di musica.
C’è un album di riferimento in cui il contrabbasso è protagonista?
Sì, alcuni vecchi lavori di Holland, ma all’inizio lui suonava anche il violoncello. Poi Gary Peacock, Lavitus, molto diversi tra loro. Tra gli italiani, Paolino Dalla Porta (ex maestro, ndr) e Furio Di Castri.
Quali eventi e rassegne segui e consigli a Milano?
AH-UM Jazz Festival è un punto di riferimento per il free jazz, poi i concerti al Teatro Manzoni. Oggi Milano è riuscita ad alzare il livello della sua proposta culturale.
Quali collaborazioni per il futuro? E una location da sogno per un concerto?
Sto lavorando a un cortometraggio sulle sorprese della vita, dedicato a un percorso religioso della cultura ebraica e tratto da una storia vera, insieme un’esperienza tragica e di crescita: Thank you Rabbe. E poi spero che dal concerto di domani nasca qualcos’altro. Il mio sogno è un live tra le montagne, come nel festival Suoni dalle Dolomiti.