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The Congress, la sconfitta del genere umano nell’ultimo film di Ari Folman

Valentina Fumo 11 anni fa

the_congress_recensione-620x350Esce nelle sale italiane giovedì 5 giugno The Congress, l’ultimo film del regista e sceneggiatore israeliano Ari Folman (Made in Israel, Valzer con Bashir) con protagonisti Robin Wright, Harvey Keitel e Paul Giamatti, che ha aperto la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2013.

Attesissima distopia e feroce attacco all’industria di Hollywood, il film racconta di come l’attrice Robin Wright, che interpreta se stessa, decida di cedere tutti i diritti della propria immagine alla casa di produzione Miramount (un’evidente crasi fra Paramount e Miramax): la carriera della donna è ormai in declino e le condizioni di salute del figlio Aaron (Kodi Smit-McPhee) affetto da una sindrome rara che potrebbe renderlo cieco e sordo le impongono di accettare la proposta. La sua immagine verrà scannerizzata e usata dalla casa cinematografica a proprio piacimento per creare una attrice digitale; d’altronde-le viene spiegato- è già successo con altri attori come Keanu Reeves e Michelle Williams. Per sempre giovane nella propria versione cartoon, l’attrice dovrà però sparire dagli schermi e non recitare mai più. A questo punto la parte live action del film si interrompe e ne inizia una seconda, realizzata in animazione. Sono passati 20 anni dalla digitalizzazione di Robin Wright e la Miramount si è fusa con la Nagasaky, un colosso farmaceutico: nel Congresso di Abrahama City tutti i partecipanti vengono trasformati in cartoni animati. Ma non solo: è stata creata e commercializzata una formula chimica che permette di estrarre l’essenza di ogni attore, così che chiunque bevendola possa diventare un po’ come il suo idolo. Il pessimismo prende quindi il sopravvento: la dimensione digitale ha vinto sulla realtà, l’uomo è ridotto a ologramma di se stesso, l’identità di ciascuno è ridotta a una formula chimica: l’alienazione è totale.

Tratto dal libro Il Congresso del Futuro di Stanislaw, The Congress sicuramente non convincerà tutti, ma è un film coraggioso come raramente ormai se ne vedono: a tratti procede faticosamente per via della sceneggiatura non sempre fluida, ma il finale è veramente toccante, come anche la musica affidata a Max Richter; ottima la prova di Robin Wright la cui umanità commuove lo spettatore.

Il nostro voto: 6

Una frase: “Ti vogliamo scannerizzare: il tuo corpo, il tuo viso, le tue emozioni.”

Per chi: ama il cinema coraggioso e la sperimentazione.

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