È morta questa mattina all’età di 84 anni Carla Fracci, icona della danza classica del Novecento. Si è spenta nella sua casa di Milano, città dove è nata e dove ha mosso i primi passi sulle punte da danza fino a diventare nel 1958 Etoile della Scala, la “stella” del corpo di ballo del teatro.
Il suo percorso nella danza è cominciato nel 1946 a 10 anni, un’età considerata quasi avanzata per il severo mondo del balletto. Nel 1955 il primo debutto alla Scala nella Cenerentola di Prokof’ev e la consacrazione a prima ballerina tre anni dopo.
Carla Fracci ballerina milanese nel mondo
La sua estrema bravura tecnica unita all’espressività del gesto fisico la portarono a calcare i palchi di tutto il mondo, condividendo spesso la scena con leggende del calibro di Rudolf Nureyev e Mikhail Baryshnikov, artisti rivoluzionari del balletto.
Negli anni lavorò e diresse alcune compagnie di ballo di importanza internazionale, come la London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Ballet (ora noto come Royal Ballet), lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. In Italia fu direttrice del corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli, di quello dell’Arena di Verona, e del Teatro dell’Opera di Roma. Continuerà a ballare fino al 2010, quando a ben 74 anni abbandonerà a malincuore le punte, pur continuando saltuariamente a ballare in eventi e occasioni straordinarie.
La sua dolcezza drammatica sul palco nei panni di Giselle, Giulietta, Odette, Medea e Francesca da Rimini la rendono una delle ballerine più amate e famose d’Italia, tanto che anche Eugenio Montale le dedicò una poesia, La danzatrice stanca, inserita nella raccolta Diario del ’71 e del ’72, uscita nel 1973.
Nonostante la sua attività instancabile per il mondo il suo cuore è sempre rimasto a Milano, città natale della sua famiglia e del padre Luigi che dopo la guerra da alpino trovò lavoro come bigliettaio della neonata ATM. Dopo il lavoro spesso l’uomo portava la piccola Carla al circolo tranvieri, dove si esibiva in balletti improvvisati per la famiglia e gli amici. Furono proprio i colleghi del padre a convincerlo a iscrivere Carla all’audizione per l’Accademia della Scala, notando nella bambina un talento che andava ben oltre le canzonette ballate al Dopolavoro.