Sicuri, ma disperati, ingenui e arroganti: sono i pirati somali che attaccano la Maersk Alabama, una nave container statunitense carica di aiuti umanitari e diretta a Mombasa attraverso il Corno d’Africa. Ai comandi del cargo c’è un uomo comune diventato eroe per caso; si tratta di Richard Phillips, il capitano cui un eccezionale Tom Hanks presta il volto, che tenta inutilmente di difendere il suo equipaggio, ma viene rapito.
È una storia vera quella raccontata da Captain Phillips – Attacco in mare aperto, film al cardiopalma diretto dal regista inglese Paul Greengrass (United 93, Green Zone) e basato sul libro di memorie “A captain’s duty: Somali pirates, Navy SEALs, and dangerous days at sea”, scritto dallo stesso Phillips con Stephan Talty.
In uscita nelle sale italiane il 31 ottobre, Captain Phillips conquista prima di tutto per il ritmo impeccabile: la tensione cresce e viene mantenuta alta per tutti i 135 minuti che -lo giuriamo- scorrono velocissimi, anche grazie all’ottimo script di Billy Ray (State of Play, Hunger games) e al susseguirsi di primi piani negli spazi angusti della nave.
Proprio le scelte di sceneggiatura e la regia di Greengrass, essenziale, mettono il film al riparo dal doppio rischio di una retorica che avrebbe potuto esaltare la muscolarità e l’efficienza U.S.A o, al contrario, demonizzare l’occidente dipingendolo come unico responsabile dei mali di un terzo Mondo in cui la violenza sembra una scelta necessitata. Invece il conflitto fra civiltà -tradotto nello scontro fra i due capitani, Phillips e il pirata Muse- rimane sullo sfondo, accennato nei dettagli come i piedi scalzi dei pirati, la loro incredibile magrezza, le loro minacce piene di disperazione.
Un film intenso che, mentre intrattiene, fa tanto, tanto pensare: da vedere.
Il nostro voto: 8+
Una frase: “Mi sono spinto troppo avanti, Irish, non posso tornare indietro”
Per chi: vuole l’azione, ma non solo