Gli enormi spazi dell’Hangar Bicocca di Milano ospiteranno dal 15 luglio 2021 al 20 febbraio 2022 la mostra Breath Ghosts Blind di Maurizio Cattelan e curata da Vicente Todolì. Si tratta della prima mostra personale dopo 11 anni di assenza da Milano dell’artista padovano. Tre sole opere catturano con forza la grande Navata e il Cubo: Breath, Ghosts e Blind, che danno il titolo alla mostra.
La mostra è un percorso nel ciclo della vita, dalla nascita alla morte. L’architettura dell’Hangar diventa così una componente del racconto, spazio insieme opprimente ed enorme che raccoglie e dialoga con le tre opere esposte, dal respiro sempre più monumentale sia nelle dimensioni che negli intenti.
Breath Ghosts Blind: il percorso della mostra
Il percorso espositivo parte con Breath, che cattura immediatamente lo spettatore, anche grazie all’emozionante gestione delle luci a cura di Pasquale Mari. Realizzata in marmo bianco di Carrara, la scultura rappresenta la figura di un uomo in posizione fetale e un cane, entrambi distesi a terra l’uno di fronte all’altro.
Il senso di fragilità e intimità della scena è acuito dalle dimensioni contenute dell’opera e dal vuoto della Piazza, che aumenta a dismisura le sensazioni emanate dalla composizione. Lo spettatore si avvicina con cautela, quasi con paura di disturbare la sacralità di un momento che tante volte vediamo nella nostra quotidianità: un senzatetto addormentato con il suo cane. La trasposizione delle figure in un materiale così pregiato, usato dai grandi scultori della storia dell’arte da Michelangelo a Canova, posizionate in un’ambiente che ricorda in tutto e per tutto una cattedrale dona alla scena quella forza espressiva che non avrebbe mai ottenuto nelle nostre strade se composta da elementi vivi, in carne e ossa.
La vastità delle Navate accoglie l’opera Ghosts, ampliamento di un intervento storico dell’artista. Presentata in occasione della 47esima. e della 54esima Biennale di Venezia, rispettivamente con il titolo Tourists (1997) e Others (2011), il lavoro include innumerevoli piccioni in tassidermia, che a dozzine si mimetizzano nell’architettura dell’ex edificio industriale. La loro presenza, che popola travi e anfratti del carroponte, si svela al visitatore man mano che questo attraversa lo spazio della navata, in un crescendo di inquietudine e straniamento.
L’esercito di piccioni, mai così minacciosi, ricorda da vicino la scena del film Gli Uccelli (1963), tra le opere più terrificanti di Alfred Hitchcock, in cui i volatili osservano le loro vittime in un momento di calma, appollaiati sui fili del telefono e sui cornicioni delle case, un secondo prima di attaccare.
Il terzo e ultimo atto della mostra prende vita nel Cubo e si rivela gradualmente al visitatore, che vi giunge attraverso le Navate. Blind si presenta come un memoriale dall’iconografia destabilizzante, così diretta da colpire con forza l’immaginario collettivo di quanti associano due elementi così distinti e distinguibili a un preciso dramma della storia recente.
L’immagine del monolite in resina nera e dell’aereo che lo attraversa sono un fermo immagine in cui i due elementi sembrano uniti in uno solo. Il tema della morte e della tragedia collettiva non sono nuovi nella produzione di Cattelan: il lavoro si inserisce all’interno di una riflessione pluriennale avviata con opere come Untitled (1994) e Now (2004), riferite al rapimento e all’esecuzione del politico Aldo Moro e all’assassinio di John F. Kennedy a Dallas, insieme a Lullaby (1994), realizzata direttamente con le macerie dell’esplosione che l’anno prima aveva distrutto parte della GAM e ucciso cinque persone nell’attentato di via Palestro a Milano.
Con Blind si mette in discussione il concetto di monumento, riprendendone le dimensioni mastodontiche ma destabilizzando lo spettatore con immagini cariche di forze contrastanti, a partire dal titolo; “Cieco”, un riferimento forse a quanti abbassano la testa e preferiscono non vedere le grandi e piccole tragedie umane.
Con la sua ricerca artistica Maurizio Cattelan enfatizza elementi della società che ci rendono vulnerabili, colpendo con immagini potenti il nostro inconscio e suscitando emozioni forti, come rabbia, commozione o inquietudine. La risonanza dei suoi progetti diventa parte dell’opera, che coinvolge così sia il pubblico sia i media in un dibattito che stimola un senso di partecipazione collettiva. Senza mai assumere una posizione ideologica o di natura morale, le opere dell’artista spesso mirano a “restituirci la tragica complessità del banale”